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04 Giu 2019

Come prendiamo decisioni difficili?

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Sarà questa la persona giusta per me? Dovrei comprare casa? Sarà il caso di assumere questa medicina? Prendere decisioni difficili, scelte strategiche, coinvolge diversi fattori, alcuni dei quali entrano in gioco in tempi diversi. Spezzettiamo il problema in una serie di decisioni più piccole. Questo processo gerarchico è diretto quando la sequenza porta alla conclusione desiderata ma, quando ciò non accade, è molto difficile per noi capire cosa sia andato storto. Una nuova ricerca, pubblicata su Science, ha tentato di comprendere come il nostro cervello ragioni sulle possibili cause di fallimento dopo una decisione gerarchizzata.

Sarà questa la persona giusta per me? Dovrei comprare casa? Sarà il caso di assumere questa medicina? Prendere decisioni difficili, scelte strategiche, coinvolge diversi fattori, alcuni dei quali entrano in gioco in tempi diversi. Spezzettiamo il problema in una serie di decisioni più piccole. Questo processo gerarchico è diretto quando la sequenza porta alla conclusione desiderata ma, quando ciò non accade, è molto difficile per noi capire cosa sia andato storto. Una nuova ricerca, pubblicata su Science, ha tentato di comprendere come il nostro cervello ragioni sulle possibili cause di fallimento dopo una decisione gerarchizzata.

 

Ragionare e prendere decisioni: un percorso non così lineare

 

Il ragionamento è il processo cognitivo che, partendo da determinate premesse, porta a una conclusione, facendo uso di procedimenti logici. Come presentato nel lavoro pubblicato dai ricercatori del MIT, il ragionamento spesso implica prendere decisioni gerarchicamente organizzate. Immaginiamo di voler preparare un piatto che abbiamo gustato una volta al ristorante. Proviamo una ricetta trovata in rete ma il risultato non è all’altezza delle aspettative. A questo punto ci chiediamo: “È colpa mia o della ricetta?”. A seconda della nostra sicurezza riguardante le abilità in cucina, tenteremo di realizzare quella stessa ricetta un altro paio di volte ma, se il risultato continuerà a essere insoddisfacente, passeremo a un’altra ricetta. Gli studi sul comportamento hanno dimostrato che gli esseri umani ragionano sui propri insuccessi valutando la propria fiducia nelle proprie abilità dopo uno o più tentativi. Ma i calcoli neurali che sottendono questa strategia di ragionamento di livello alto non è ancora stata compresa. Gli scienziati hanno cercato di individuare l’effetto di questi calcoli nella corteccia frontale di primati non umani.

 

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Sono io che sbaglio o c’è qualcosa che non va? Le fasi dell’esperimento sui primati

 

Il gruppo del MIT ha ideato un compito comportamentale che permettesse loro di studiare come, nel momento in cui è necessario prendere una decisione, il cervello elabori le informazioni in tempistiche multiple. Gli animali dovevano effettuare un determinato movimento degli occhi a seconda che l’intervallo di tempo tra due flash luminosi fosse più corto o più lungo di 850 millisecondi (0,85 secondi). Lo spostamento richiedeva che gli animali risolvessero il compito attraverso un ragionamento gerarchico. La regola che determinava quale dei due movimenti oculari dovesse essere fatto cambiava di nascosto dopo un certo numero di tentativi, dai 10 ai 28. Quindi, per ricevere la ricompensa, gli animali dovevano scegliere la giusta regola (procedura), e quindi proseguire con il movimento oculare corretto legato alla regola e all’intervallo. Ad ogni modo, poiché gli animali non erano stati istruiti al cambiamento della procedura, non potevano determinare direttamente se fosse un errore dovuto alla scelta della procedura errata o perché calcolavano male l’intervallo. Gli scienziati hanno usato questo esperimento per sondare i principi computazionali e i meccanismi neurali del ragionamento gerarchico. La teoria e gli esperimenti sul comportamento umano suggeriscono che il ragionamento sulle potenziali cause di errore dipende in gran parte dall’abilità del cervello di misurare il proprio grado di sicurezza in ciascuna fase del processo.

 

Quell’interruttore che si aziona quando una parte della decisione non è quella giusta

 

I ricercatori sono stati in grado di studiare gli effetti della sicurezza modificando la difficoltà del compito. In alcune prove l’intervallo tra i due flash di luce è stato molto più breve o più lungo di 850 millisecondi. Queste prove sono state relativamente facili e hanno offerto un alto grado di sicurezza negli animali esaminati. In altri casi i primati hanno avuto meno fiducia nella propria valutazione perché gli intervalli erano molto vicini ai limiti del periodo di tempo stabilito e quindi difficili da discriminare.
Come ipotizzato, il comportamento dei soggetti valutati è stato influenzato dalla sicurezza nella propria prestazione. Quando l’intervallo è stato facile da individuare, gli animali sono stati molto più veloci nel cambiare la procedura quando hanno visto che stavano sbagliando. Invece, nel momento in cui il lasso di tempo diveniva più difficile da stabilire, erano meno sicuri nelle loro performance e applicavano la stessa regola un altro po’ di volte prima di modificarla.
Durante l’esperimento è stata registrata l’attività neurale nella corteccia frontale, dopo la conclusione di ciascun tentativo. I neuroscienziati hanno identificato due regioni chiave per il ragionamento gerarchico impiegato per prendere decisioni. Sia la regione chiamata corteccia cingolata anteriore, sia la corteccia frontale dorso mediale, divenivano attive dopo che gli animali venivano informati della risposta sbagliata: i neuroni di entrambe le aree segnalavano all’individuo il pensiero di un possibile cambiamento della regola. In particolare tale attività era più forte quando c’era stato un errore legato a una prova facile e dopo errori consecutivi. Le attività delle due aree hanno mostrato schemi simili ma quella della corteccia cingolata anteriore permetteva di prevedere quando l’animale avrebbe cambiato la procedura. Ciò suggerisce che questa parte del cervello rivesta un ruolo centrale nel cambiare decisioni strategiche, inoltre i ricercatori hanno compreso che la manipolazione diretta dell’attività neurale della corteccia cingolata anteriore è sufficiente a interferire sul comportamento razionale degli animali.
L’aggiornamento di credenze basate sulla propria sicurezza in ambienti incerti è una parte essenziale della cognizione umana e la scoperta dei principi computazionali e dei meccanismi neurali alla base di questo comportamento aiuterà a colmare la lacuna tra le scienze cognitive e le neuroscienze sistemiche, ossia quelle discipline che studiano le funzioni dei circuiti e dei sistemi neurali.

 

Abbiamo qui compreso quanto siano complessi i meccanismi che governano le nostre decisioni. A volte, però, abbiamo bisogno di un supporto esterno per evitare determinate azioni. Ci aiutano in questo “Le macchine anti-edonistiche” di cui parla Paolo Gallina nel numero di dicembre 2017 di Sapere.

 

Credits immagine: foto di bruce mars da Pexels

REDAZIONE
La Redazione del sito saperescienza.it è curata da Micaela Ranieri dal 2019, in precedenza hanno collaborato Stefano Pisani e Alessia Colaianni.
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