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01 Dic 2017

Curare i disturbi dell’umore con impianti cerebrali intelligenti

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In principio era il modulatore d’umore Penfield. Chi di voi ha letto “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?”, il romanzo di Philip K. Dick da cui è stata tratta la pellicola “Blade Runner”, sa di cosa stiamo parlando: uno strumento in grado di modificare gli stati d’animo di una persona in maniera piuttosto precisa e codificata. Ciò che era fantascienza ora potrebbe divenire realtà.

In principio era il modulatore d’umore Penfield. Chi di voi ha letto “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?”, il romanzo di Philip K. Dick da cui è stata tratta la pellicola “Blade Runner”, sa di cosa stiamo parlando: uno strumento in grado di modificare gli stati d’animo di una persona in maniera piuttosto precisa e codificata. Ciò che era fantascienza ora potrebbe divenire realtà.

 

 

La ricerca

 

 

Due gruppi di scienziati, uno appartenente all’Università della California, a San Francisco, e l’altro al Massachusetts General Hospital di Boston, entrambi finanziati dal Defense Advanced Research Project Agency (DARPA), l’agenzia dedicata alla ricerca dell’esercito degli Stati Uniti, stanno sperimentando impianti cerebrali “intelligenti” che rilascino impulsi elettrici a seconda delle sensazioni e del comportamento di una persona. Non sono i soliti impianti cerebrali: in precedenza erano stati sperimentati approcci in cui l’impulso generato era continuo e applicato solo ad alcune regioni del cervello, ad esempio nella cura della depressione, con risultati deludenti.

 

 

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Le possibilità

 

 

Questa volta, però, gli impianti sono stati progettati specificamente per la cura delle malattie mentali e affinché si attivino in maniera intelligente, solo quando vi è necessità. I primi risultati sono stati diffusi poche settimane fa durante il meeting della Society for Neuroscience, a Washington DC: il team di Los Angeles è riuscito a disegnare una prima mappa di come l’umore è codificato dal nostro cervello, lavorando con sei pazienti affetti da epilessia, nei quali erano stati già impiantati degli elettrodi che controllavano l’attività cerebrale. Mettendo insieme questi dati e gli stati d’animo corrispondenti è stato possibile creare un algoritmo, una traduzione dell’umore in segnali elettrici. Diverso il metodo adottato in Massachussets, dove i ricercatori hanno mappato l’attività del cervello associata a comportamenti comuni in persone affette da disturbi differenti, quali difficoltà di concentrazione ed empatia, con risultati significativi: la somministrazione di impulsi elettrici nei partecipanti che durante i test specifici si distraeva o aveva vuoti di memoria, ne modificava la risposta migliorandone la performance.

 

 

Questioni di etica

 

 

Non è difficile capire che questo tipo di ricerca ha delle ripercussioni etiche importanti. Il DARPA sostiene questi progetti per un fine virtuoso, curare i soldati e i veterani che sono affetti da depressione e disturbo post-traumatico da stress, ma è anche vero che i ricercatori stanno riuscendo a entrare nella sfera più intima di un essere umano, la porta di accesso ai suoi sentimenti. È per questo che i due team sono affiancati da esperti di neuroetica, per affrontare insieme queste complesse problematiche. L’obiettivo è riuscire a pianificare trattamenti personalizzati per i disturbi dell’umore e a sviluppare, in futuro, terapie non invasive per le malattie mentali.

REDAZIONE
La Redazione del sito saperescienza.it è curata da Micaela Ranieri dal 2019, in precedenza hanno collaborato Stefano Pisani e Alessia Colaianni.
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