Chi conosce Matrix, la pellicola di fantascienza del 1999, ricorda come i protagonisti vivessero e agissero in un mondo virtuale grazie a una neuro-simulazione e come la stessa tecnologia venisse adoperata per insegnare loro nuove nozioni per sopravvivere nella realtà costruita dalle macchine, oramai padrone assolute del Pianeta. Poter inviare delle informazioni direttamente in alcune zone del cervello potrebbe aiutare chi per un ictus, una malattia o un grave incidente, ha perso la funzionalità di alcune aree, scavalcandole e trasmettendo segnali solo verso parti ancora sane. Questo è ciò che stanno sperimentando i ricercatori dell’Università di Rochester.
Chi conosce Matrix, la pellicola di fantascienza del 1999, ricorda come i protagonisti vivessero e agissero in un mondo virtuale grazie a una neuro-simulazione e come la stessa tecnologia venisse adoperata per insegnare loro nuove nozioni per sopravvivere nella realtà costruita dalle macchine, oramai padrone assolute del Pianeta. Poter inviare delle informazioni direttamente in alcune zone del cervello potrebbe aiutare chi per un ictus, una malattia o un grave incidente, ha perso la funzionalità di alcune aree, scavalcandole e trasmettendo segnali solo verso parti ancora sane. Questo è ciò che stanno sperimentando i ricercatori dell’Università di Rochester.
La scimmia sente, la scimmia fa
L’esperimento, descritto nell’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Neuron, è stato svolto su due scimmie. Ai due soggetti è stato insegnato inizialmente a svolgere un determinato compito associato a delle istruzioni visive. Nella console posta davanti a loro c’erano quattro oggetti – delle manopole da spingere, tirare o girare – corredati da luci a LED. Ogni volta che uno degli oggetti veniva illuminato, gli animali dovevano manipolarlo nella maniera corretta. Successivamente, proseguendo con lo stimolo luminoso, le scimmie hanno ricevuto piccoli stimoli elettrici tramite degli elettrodi posti nella corteccia premotoria, parte della corteccia motoria la cui funzione è legata alla pianificazione, controllo ed esecuzione di movimenti. Le quattro luci e gesti erano associati a differenti punti di stimolazione.
Imparare con gli stimoli elettrici
In un secondo momento le luci che indicavano i movimenti da compiere sono state gradualmente affievolite fino a essere spente del tutto ma le scimmie, per mezzo dell’elettrostimolazione, hanno continuato a compiere i movimenti corretti: avevano imparato ad associare l’esperienza della microstimolazione in una determinata area della corteccia premotoria con un particolare movimento. E se gli stimoli avessero provocato lo spostamento diretto degli arti? Per fugare questo sospetto gli scienziati hanno modificato le associazioni tra stimoli e movimenti, ottenendo nuovamente risultati corretti nell’assolvimento del compito da parte degli animali coinvolti.
Obiettivi futuri
Questa ricerca dimostra, quindi, che è possibile aggirare alcune aree del cervello e stimolare direttamente altre per ottenere determinate risposte da parte del corpo del paziente. Di fatto le scimmie hanno portato avanti il compito assegnato senza più ricevere lo stimolo visivo quindi evitando buona parte di quello che è il normale meccanismo che porta allo svolgimento dell’esercizio descritto. Le implicazioni di questo studio sono importanti soprattutto per le persone che hanno perso l’uso di alcune aree del loro cervello che, in questo modo, possono essere by-passate per poter inviare l’informazione direttamente alle zone ancora sane. Il prossimo passo sarà testare questo tipo di microstimolazione sugli esseri umani per comprendere meglio cosa succede al corpo in termini di percezione sensoriale.
Il funzionamento del nostro cervello è affascinante e sorprendente. Per scoprire i risultati di un’altra interessante ricerca, acquistate il numero di ottobre di Sapere e leggete la news “La plasticità del cervello adulto quando impara a leggere”.