L’espressione ambigua del volto della Gioconda di Leonardo è stata ritenuta a lungo una delle principali ragioni del suo grande fascino: è felice o triste? Un nuovo studio dimostra che quasi sempre percepiamo Monna Lisa come “contenta”.
E’ forse il dipinto più famoso del mondo: l’espressione ambigua del volto della Gioconda di Leonardo è stata ritenuta a lungo una delle principali ragioni del suo grande fascino: è felice o triste? Un gruppo di scienziati dell’Università di Friburgo, ha ora pubblicato uno studio sui processi percettivi che dimostra che quasi sempre vediamo Monna Lisa come “contenta”. Inoltre, hanno stabilito che la valutazione emozionale dell’immagine dipende anche dalle caratteristiche delle versioni alternative del dipinto che vengono eventualmente mostrate insieme all’originale.
I ricercatori, come si legge su Scientific Reports, hanno presentato a un gruppo di volontari il quadro originale e otto versioni alternative in cui gli angoli della bocca della Gioconda erano leggermente più alti o bassi, in modo da creare un’espressione del viso triste o felice. “Siamo stati molto sorpresi di scoprire che la Gioconda ‘originale’ era quasi sempre vista come felice” ha spiegato Jürgen Kornmeier, tra gli autori dello studio.
Il test: triste o felice?
Le otto versioni alternative della Gioconda differivano solo per graduali modifiche alla curvatura della bocca. I ricercatori hanno mostrato ai partecipanti coinvolti nello studio l’immagine originale, quattro versioni con una faccia triste, e quattro con un volto più felice, in ordine casuale. Il test richiedeva di indicare per ogni versione se fosse percepita come felice o triste premendo un pulsante (e poi di fornire una valutazione quantitativa della risposta). Tutti i feedback sono stati acquisiti e poi elaborati fino a formare una scala dall’immagine percepita come più triste fino a quella più felice.
L’originale e tutte le versioni più positive sono state percepite come felici in quasi il 100 per cento dei casi. I partecipanti hanno inoltre identificato i volti felici in modo più rapido e con un più alto grado di certezza, rispetto a quelli tristi. “Sembra come se il nostro cervello sia polarizzato verso le espressioni facciali positive” ha spiegato l’italiana Emanuela Liaci, collaboratrice di Kornmeiers e primo autore della ricerca.
La tristezza è… relativa
In un secondo esperimento, i ricercatori hanno mantenuto l’immagine con il minimo di curvatura della bocca come la versione più triste e hanno poi realizzato sette versioni (tre delle quali provenienti dall’esperimento precedente) con grado di tristezza intermedio tra quest’ultima e l’originale Gioconda (considerata come la più felice).
Gli scienziati hanno scoperto che, stavolta, i partecipanti tendevano a percepire le tre versioni dell’immagine come più tristi, rispetto alla valutazione precedente.
Questo accadeva perché la gamma di immagini che erano presentate avevano, nel complesso, espressioni facciali più tristi. “I dati mostrano che la nostra percezione del fatto che qualcosa sia triste o felice non è assoluta, ma si adatta all’ambiente circostante, con una velocità sorprendente” ha commentato Kornmeier.