Molti dei frutti che si trovano nelle nostre cucine erano già coltivati in Asia centrale più di mille anni fa. Lo dimostra lo studio svolto da Robert Spengler del Max Planck Institute for the Science of Human History: le sue analisi archeobotaniche hanno permesso di capire cosa venisse coltivato nel cuore della Via della Seta durante il periodo di maggior frequentazione. Erano mele, pesche, albicocche e meloni che noi, oggi, conosciamo molto bene proprio grazie al grande fermento commerciale presente in quella regione nel medioevo.
Molti dei frutti che si trovano nelle nostre cucine erano già coltivati in Asia centrale più di mille anni fa. Lo dimostra lo studio svolto da Robert Spengler del Max Planck Institute for the Science of Human History: le sue analisi archeobotaniche hanno permesso di capire cosa venisse coltivato nel cuore della Via della Seta durante il periodo di maggior frequentazione. Erano mele, pesche, albicocche e meloni che noi, oggi, conosciamo molto bene proprio grazie al grande fermento commerciale presente in quella regione nel medioevo.
Fruttuosi scambi lungo la Via della Seta
La Via della Seta è stata uno dei più estesi vettori di diffusione della cultura del passato: comprendeva rotte di scambio e dispersione nella zona euroasiatica e connetteva l’Asia centrale al resto del mondo. Una delle questioni storiche più discusse riguardanti l’antica Via della Seta si è da sempre stata la presenza di beni dell’Asia orientale nel Mediterraneo e viceversa. La ricerca di Spengler, pubblicata su PLoS ONE, ha come oggetto di indagine un sito archeologico centrale per i commerci in epoca medioevale, il periodo in cui gli scambi culturali in quei luoghi erano all’apice. Fino a ora gli studi si erano concentrati sul commercio della seta, di metalli, vetro e prodotti rurali ma le fonti storiche – e ora anche quelle archeologiche – dimostrano che anche l’agricoltura rivestiva un ruolo rilevante: frutti e semi che hanno viaggiato e contribuito – e ancora oggi contribuiscono – a rendere apprezzate le cucine europee, asiatiche e nord africane.
Gli studi archeobotanici
I dati archeobotanici raccolti nel sito di Tashbulak, in Uzbekistan, risalente al periodo compreso tra l’800 e il 1100 d.C., hanno iniziato a far luce sulle coltivazioni sviluppate nella regione asiatica più interna nel medioevo. I campioni ritrovati e analizzati contenevano cereali e legumi ma anche una grande varietà di frutta e semi che probabilmente erano coltivati ad altitudini più basse e trasportate in quel luogo. Inoltre, un certo numero di frutti arborei potrebbero essere stati raccolti in natura o potrebbero rappresentare versioni coltivate di specie selvatiche cresciute nel periodo preistorico lungo le colline della fascia meridionale dell’Asia centrale.
Questo studio dimostra la presenza di una economia ricca e diversificata che includeva una grande gamma di cereali, legumi, frutta e semi coltivati. I documenti antichi attestano l’importanza di questa merce nei bazaar orientali e che le rotte commerciali hanno facilitato la diffusione di molte delle coltivazioni a noi più familiari nel mondo antico. Come ha sottolineato Spengler nel comunicato ufficiale: “Le ecologicamente ricche valli dell’Asia centrale hanno promosso l’espansione di molte piante coltivate nei passati 5000 anni e, facendo questo, hanno plasmato gli ingredienti delle cucine d’Europa e Asia”.
Dall’Asia fino alle nostre cucine
Spengler ha anche segnalato che molte delle coltivazioni di frutta, economicamente rilevanti, hanno avuto origine nell’est dell’Asia centrale. Per esempio, alcuni dati a disposizione dei scienziati suggeriscono che molto del materiale genetico delle attuali mele provenga dalle mele selvatiche Tien Shan, nel Kazakistan sud-orientale, e che i pistacchi abbiano avuto origine nel sud dell’Asia centrale. Nonostante l’importanza di queste colture nella nostra economia globale, fino a ora erano scarse le informazioni relative a origini e diffusione di questi prodotti. I dati ottenuti dal sito archeologico di Tashbulak costituiscono un contributo fondamentale e l’articolo mostra l’importanza della ricerca archeologica in Asia, sottolineando il suo ruolo nello sviluppo delle antiche culture.
Il mondo vegetale è ricco di sorprese. Ne troverete alcuni esempi nell’articolo di Franca Tommasi e Nunzio Dipierro, “Il biomonitoraggio: come le piante ‘leggono’ l’ambiente”, che potrete acquistare e leggere singolarmente o con il numero di Sapere di aprile 2018.