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16 Mar 2018

Innovazione e comportamenti complessi precedono Homo sapiens

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Gli antropologi dello Smithsonian’s National Museum of Natural History, in collaborazione con studiosi provenienti da tutto il mondo, hanno scoperto che i primi uomini che hanno occupato l’Africa orientale a partire da circa 320.000 anni fa iniziarono ad avviare commerci con altri gruppi, a usare pigmenti e a costruire strumenti più sofisticati rispetto a quelli della prima Età della pietra. Questi comportamenti, che si pensava si fossero sviluppati più tardi nell’evoluzione dell’Homo sapiens, vengono, quindi, retrodatati da questi ultimi lavori.

Gli antropologi dello Smithsonian’s National Museum of Natural History, in collaborazione con studiosi provenienti da tutto il mondo, hanno scoperto che i primi uomini che hanno occupato l’Africa orientale a partire da circa 320.000 anni fa iniziarono ad avviare commerci con altri gruppi, a usare pigmenti e a costruire strumenti più sofisticati rispetto a quelli della prima Età della pietra. Questi comportamenti, che si pensava si fossero sviluppati più tardi nell’evoluzione dell’Homo sapiens, vengono, quindi, retrodatati da questi ultimi lavori.

 

I tre studi

 

Il primo dei tre studi pubblicati su Science descrive le sfide che i primi uomini hanno dovuto affrontare a causa dei cambiamenti climatici in atto, il secondo si focalizza su indizi di scambi e sull’uso di pigmenti, il terzo fornisce dettagli sulle datazioni dei reperti appartenenti alla Middle Stone Age africana. Nello specifico, tutti i dati utilizzati in queste ricerche riguardano i ritrovamenti del bacino di Olorgesailie, nel Kenya meridionale, sito che possiede un record archeologico che si estende in un intervallo di tempo di circa un milione di anni (i primi resti risalgono a 1,2 milioni di anni fa).

 

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Evoluzione di comportamenti e abilità

 

In principio i primi uomini che vivevano in quei luoghi avevano utilizzato strumenti in pietra chiamati bifacciali ma, tra i reperti scoperti dal gruppo di ricerca, nel 2002, sono stati ritrovati dei manufatti più piccoli, lavorati con più minuzia ed evidentemente forgiati per scopi precisi, che – con gran sorpresa – sono stati datati in un periodo compreso tra 320.000 e 305.000 anni fa. Inoltre, questi attrezzi così sofisticati non erano in pietra locale ma ossidiana, un materiale non presente in quella zona: ciò suggerisce che esistessero già all’epoca delle reti di scambio. Infine gli studiosi hanno ritrovato pigmenti neri e rossi – manganese e ocre – utilizzati come colori, impiego che spesso viene interpretato come indicatore di una capacità di comunicazione simbolica complessa.

 

Il ruolo dei cambiamenti climatici

 

Cosa aveva spinto quelle comunità umane a tali cambiamenti? I dati geologici, geochimici, paleobotanici e zoologici raccolti indicano che in quella finestra temporale ci fosse un periodo di grande instabilità climatica in quella regione, iniziata circa 360.000 anni fa, accompagnato da una serie di terremoti. Una prima interpretazione voleva che l’evoluzione di questi primi uomini fosse una risposta a un clima arido ma queste nuove scoperte cambiano le carte in tavola. In uno scenario di paesaggi rimodellati dalle scosse sismiche e dal clima fluttuante tra condizioni umide e aride, l’innovazione tecnologica, le reti sociali di scambio e una prima comunicazione simbolica potrebbero aver aiutato gli esseri umani a sopravvivere e ottenere le risorse necessarie in una situazione così difficile e imprevedibile.

 

Una bella lezione di resilienza da cui potremmo trarre insegnamento per il nostro futuro incerto, legato proprio ai cambiamenti climatici che stanno interessando il nostro pianeta.

 

Bifacciali (sinistra) e strumenti più sofisticati (destra) provenienti dal bacino di Olorgesailie, in Africa orientale. Credits: Human Origins Program, Smithsonian

REDAZIONE
La Redazione del sito saperescienza.it è curata da Micaela Ranieri dal 2019, in precedenza hanno collaborato Stefano Pisani e Alessia Colaianni.
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