Nel corso della storia gli esseri umani hanno domesticato molte specie animali, tra cui i conigli. Sembra, però, che le origini di questa particolare domesticazione non siano chiari. Un articolo pubblicato su Trends in Ecology and Evolution ha affrontato la questiona da tre differenti punti di vista, per poter dissipare i dubbi a riguardo.
Nel corso della storia gli esseri umani hanno domesticato molte specie animali, tra cui i conigli. Sembra, però, che le origini di questa particolare domesticazione non siano chiari. Un articolo pubblicato su Trends in Ecology and Evolution ha affrontato la questiona da tre differenti punti di vista, per poter dissipare i dubbi a riguardo.
I dati storici e archeologici
Gli archeologi dell’Università di Oxford, Evan Irving-Pease e Greger Larson, hanno adoperato dati storici, archeologici e genetici per capire quando sia avvenuta la domesticazione dei conigli.
Storicamente abbiamo le prime testimonianze del contatto con questo animale negli scritti romani: nel De Re Rustica, Varrone (I sec. a.C) dà istruzioni su come sua moglie debba tenere i conigli insieme alle lepri nel suo leporarium, e Plinio il Vecchio (I sec. d.C) nomina per la prima volta i laurices, conigli appena nati o feti, ritenuti cibo prelibato, nella Naturalis Historia. Sono proprio i laurices i protagonisti dell’episodio storico ritenuto l’inizio della domesticazione dei conigli. Sembra che, nel 600 d.C., un editto di papa Gregorio I avesse permesso ai cristiani di consumare laurices nel periodo della Quaresima, in quanto non ritenuti propriamente carne. Questa credenza è, in realtà, frutto di una scorretta interpretazione delle fonti.
Gli archivi archeologici, invece, ci portano in tempi molto più lontani rispetto a quelli di Gregorio Magno: i reperti dimostrano uno sfruttamento dei conigli durante l’Epipaleolitico, il Mesolitico e il primo Neolitico nella Penisola Iberica e nella Francia sud-occidentale. Oltre ad alcuni casi isolati di presenza di conigli nelle isole del Mediterraneo, risalenti a 2500 anni fa, questi animali vennero intenzionalmente trasportati in Europa solo nel Medioevo, quando erano considerati bocconi pregiati. È da sottolineare che, in quel periodo storico, questi piccoli mammiferi erano indistinguibili dai loro fratelli selvatici: cambiamenti nello scheletro dei conigli domestici avvennero molto più tardi, nel XVIII secolo, quando iniziarono a divenire animali da compagnia.
L’orologio molecolare
La genetica ha raccontato altro ai ricercatori impegnati in questo studio. Il metodo utilizzato è stato quello dell’orologio molecolare: è una tecnica adoperata per calcolare il tempo trascorso dalla separazione tra due specie, osservando le differenze presenti in sequenze di amminoacidi appartenenti ad alcune proteine. Si stima il tempo trascorso dal momento in cui si è verificata la divergenza di una specie dal comune antenato assumendo che le mutazioni casuali, attraverso le quali i geni si evolvono, avvengano con frequenza costante. La misura, quindi, si basa sulla valutazione del numero delle differenze presenti in sequenze di DNA correlate a questi geni o nelle proteine corrispondenti. Per quanto riguarda i conigli, l’orologio molecolare ha indicato una data all’interno dell’ultima glaciazione, un risultato ancora diverso rispetto a quelli precedenti, ricavati da documenti e fossili.
La domesticazione come processo continuo
Nessuno dei tre approcci – storico, archeologico e genetico – ha identificato in maniera soddisfacente le origini temporali della domesticazione del coniglio ma possiamo ricavare un’utile riflessione su questo tipo di processi. Siamo abituati a pensare a una domesticazione che avviene in un momento specifico, dovuta a una serie concreta di eventi ma, come spiegano gli autori dell’articolo, soprattutto in questo caso la domesticazione è dovuta maggiormente all’effetto cumulativo della caccia dei conigli nel Paleolitico, della convivenza con i Romani, dei recinti medievali e della loro selezione come animali da compagnia nel Settecento. Greger Larson ha affermato a tal proposito: “ Per la maggior parte dell’esistenza umana nessuno ha detto ‘Ho intenzione di acchiappare questo organismo selvatico e porlo in cattività e, voilà, ne farò una specie addomesticata’. Se vogliamo dividere un processo continuo in una dicotomia tra selvaggio e domestico, possiamo farlo, ma dobbiamo sapere che necessariamente sarà una separazione arbitraria”.
Parliamo di mucche e di un loro strano comportamento nell’articolo “Un mistero…bovino” di Monica Marelli, che potrete leggere acquistando il numero di ottobre 2017 di Sapere.