Parliamo di archeologia letteralmente sommersa: testimonianze di civiltà passate conservate nelle profondità marine, tesori difficili da scoprire e conoscere ma che, grazie alle nuove tecnologie, diventano sempre più accessibili agli esperti. Proprio nelle ultime settimane il mondo subacqueo ci ha restituito due importanti siti.
Parliamo di archeologia letteralmente sommersa: testimonianze di civiltà passate conservate nelle profondità marine, tesori difficili da scoprire e conoscere ma che, grazie alle nuove tecnologie, diventano sempre più accessibili agli esperti. Proprio nelle ultime settimane il mondo subacqueo ci ha restituito due importanti siti.
Tesori italiani
Nei primi giorni di novembre, durante una tavola rotonda tenutasi nell’ambito dell’Archeo Camp 2017, è stata svelata la scoperta di due nuovi mosaici all’interno del Parco archeologico sommerso di Baia, nell’area metropolitana di Napoli. Secondo le prime osservazioni degli studiosi il primo mosaico, bicromo in bianco e nero, raffigurante quelle che potrebbero sembrare delle gambe di atleta o guerriero, potrebbe essere databile in un intervallo di tempo compreso tra il II e il IV secolo d.C. Il secondo, policromo, è probabilmente della stessa età della vicina villa dei Pisoni (I secolo a.C.). Siamo ancora nelle fasi preliminari di analisi e otterremo risposte più esaurienti nei prossimi mesi.
Uno sguardo a Oriente
Il Ministero delle Antichità egiziano, il 21 novembre scorso, ha dato notizia sulla sua pagina ufficiale di Facebook, del ritrovamento di tre relitti navali sul fondale della costa settentrionale, ad Alessandria. I resti dovrebbero appartenere all’epoca romana, ipotesi scaturita dalla presenza di monete d’oro con impressa l’effigie di Ottaviano Augusto, il primo imperatore di Roma, vissuto tra il 63 a.C. e il 14 d.C. A confermare in parte la datazione è anche la testa di una statua di cristallo raffigurante Marco Antonio (82 a.C. – 30 a.C.), comandante e politico romano, in conflitto con Ottaviano e celebre per la sua storia d’amore con Cleopatra.
Non è finita qui: il capo del Dipartimento centrale delle antichità sottomarine, Osama al-Nahas, ha sottolineato che questa scoperta dovrebbe portare all’individuazione di una quarta imbarcazione. Indizi di questo ulteriore passo in avanti nelle indagini potrebbero essere le grandi assi di legno e i contenitori in terracotta che giacciono nel sito.
Un mondo ancora tutto da esplorare
I beni nascosti nei 7000 km di costa italiana sono stati in parte censiti grazie al progetto Archeomar, avviato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali nel 2004, in linea con la Convenzione UNESCO di Parigi che ha stabilito norme e regole per la tutela e valorizzazione del patrimonio culturale sommerso. Sono state adoperate tecnologie prese in prestito dall’oceanografia ed equipaggiamenti e tecniche di immersione all’avanguardia per la catalogazione e la conoscenza dei beni sommersi di Calabria, Puglia, Basilicata, Campania, Lazio e Toscana. Il lavoro da svolgere è ancora ingente e speriamo che la sensibilità verso queste opere e questi reperti, difficili da raggiungere ma incredibilmente preziosi e ricchi di storie da raccontare, continui a persistere nelle istituzioni che si occupano della gestione dei beni culturali.
Se volete conoscere in maniera approfondita l’archeologia subacquea con le sue metodologie e i suoi risultati, acquistate e leggete l’articolo “Vestigia sommerse” pubblicato nel numero di agosto 2017 di Sapere.