Riuscire a datare le migrazioni dei nostri antenati riveste una grande importanza per la comprensione del percorso evolutivo che ci ha portati sino qui. Quando l’Homo sapiens ha deciso di lasciare l’Africa? In che modo quelle popolazioni hanno raggiunto il Medio Oriente per poi, nel corso dei secoli, conquistare tutte le terre emerse? Una recente scoperta sembra anticipare i tempi in cui i nostri progenitori si avventurarono al di là dei confini del continente africano.
Riuscire a datare le migrazioni dei nostri antenati riveste una grande importanza per la comprensione del percorso evolutivo che ci ha portati sino qui. Quando l’Homo sapiens ha deciso di lasciare l’Africa? In che modo quelle popolazioni hanno raggiunto il Medio Oriente per poi, nel corso dei secoli, conquistare tutte le terre emerse? Una recente scoperta sembra anticipare i tempi in cui i nostri progenitori si avventurarono al di là dei confini del continente africano.
Viaggiando verso Oriente
Fino a ora i più antichi fossili di uomo moderno ritrovati al di fuori del territorio africano risalivano a un intervallo di tempo compreso tra i 90.000 e i 120.000 anni fa e provenivano dai siti di Qafzeh e Es Skhul, in Israele. Secondo numerosi studi, la prima grande ondata migratoria dall’Africa ebbe luogo tra i 50.000 e i 60.000 anni fa, preceduta da un fenomeno migratorio di più modeste dimensioni risalente a 120.000 anni fa. Una nuova scoperta, pubblicata sulla rivista Science, cambierebbe le carte in tavola, retrodatando i primi spostamenti e rafforzando nuove letture dell’evoluzione umana, supportate a loro volta da altri reperti.
Spostamenti precedenti
Una mascella provvista di denti, raccolta nel sito archeologico di Misliya, sempre in Israele, è stata datata con ben quattro metodi diversi – serie dell’Uranio, da sola e combinata con la Risonanza di Spin Elettronico, il metodo Uranio/Torio e la termoluminescenza – a un periodo compreso tra 177.000 e 194.000 anni fa, testimoniando una migrazione avvenuta prima di quanto si fosse pensato. Lo scenario, quindi, sta subendo modifiche che porterebbero a ridisegnare anche i rapporti intercorsi tra le specie umane arcaiche, tra cui i Neanderthal, e l’Homo sapiens. Se, nella lettura precedente, questi ultimi si sarebbero dispersi rimpiazzando i primi ominidi, ora si fa sempre più spazio la teoria secondo la quale le differenti sottospecie si siano incrociate.
Gli indizi aumentano
Già nel giugno del 2017, fossili raccolti presso Jebel Irhoud, in Marocco, datavano l’origine dell’Homo sapiens a circa 320.000 anni fa. Le due ricerche si integrano e supportano le nuove interpretazioni riguardanti le migrazioni degli uomini moderni e sono legate anche a recenti studi genetici che hanno ipotizzato la possibilità di una prima dispersione intorno a 220.000 anni fa. Inoltre, il fossile di Misliya è associato a reperti archeologici lavorati secondo la tecnica Levallois, un metodo di lavorazione della pietra, per scheggiatura, molto sofisticato. Anche l’emergere di questa nuova tecnologia si collegherebbe all’arrivo dell’Homo sapiens nella regione israeliana, proprio come documenta la sua comparsa in Africa.
I dati ricavati dall’esame della mascella, insieme a nuovi studi, potrebbe dare un grande contributo nella risoluzione dei quesiti sulle migrazioni degli esseri umani moderni in Eurasia.
Sul numero di Sapere di aprile i nostri autori, Pasquale Pellegrini e Günther Kaufmann, hanno raccontato la storia di un nostro antenato preistorico molto famoso: l’Uomo di Similaun. Se siete curiosi, acquistate e leggete l’articolo “Ötzi, l’Uomo venuto dal ghiaccio”.
Calco dell’American Museum of Natural History modellato sul cranio ritrovato a Qafzeh, in Israele. Image credits: Wapondaponda (Own work) [CC BY-SA 3.0 or GFDL], via Wikimedia Commons