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30 Lug 2014

Il rivelatore che non teme il campo magnetico

Antonella Del Rosso

Antonella Del Rosso
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Fino a oggi, gli strumenti di radioprotezione per misurare le radiazioni gamma (fotoni) o beta (elettroni e positroni) perdevano le loro funzionalità in presenza di campo magnetico. La soluzione, ovvero uno strumento capace di misurare la quantità (dose) di radiazioni anche in presenza di campi magnetici, è stata trovata da un gruppo di ricercatori del Politecnico di Milano e del CERN.

Fino a oggi, gli strumenti di radioprotezione per misurare le radiazioni gamma (fotoni) o beta (elettroni e positroni) perdevano le loro funzionalità in presenza di campo magnetico. Questo era un problema non solo per i laboratori di fisica come il CERN di Ginevra ma anche per gli ospedali dove si producono immagini mediche utilizzando la combinazione della PET (Tomografia a Emissione di Positroni) e della RMN (Risonanza Magnetica Nucleare) e dove si usano acceleratori di particelle per il trattamento di tumori. La soluzione, ovvero uno strumento capace di misurare la quantità (dose) di radiazioni anche in presenza di campi magnetici, è stata trovata da un gruppo di ricercatori del Politecnico di Milano e del CERN.

 

Semplice ma efficace

Il nuovo strumento (in foto) è costituito da un’unità centrale e una sonda. All’interno della sonda c’è uno scintillatore in cui l’energia della particella intercettata è convertita in fotoni, un fotomoltiplicatore al silicio che produce un segnale elettrico proporzionale alla quantità di fotoni ricevuta e una parte elettronica che prepara e invia il segnale al processore contenuto nell’unità centrale. Oltre al circuito elettronico, l’unità centrale ha al suo interno dei display, una batteria e delle interfacce USB. Tutti i componenti contenuti nella sonda e nell’unità centrale sono a prova di campo magnetico. I test hanno dimostrato che il nuovo strumento funziona in campi fino a 1 Tesla e per dosi di radiazione da frazioni di microSievert all’ora fino a qualche milliSievert all’ora (quattro ordini di grandezza).

 

Progettato per essere versatile

Nato per misurare la radioattività residua senza spegnere i potenti magneti degli esperimenti di alta energia all’LHC, il nuovo strumento è stato progettato per adattarsi a nuove situazioni. L’unità centrale può in effetti diventare ancora più portatile e gli esperti del CERN e del Politecnico stanno pensando di sviluppare sonde diverse e una nuova elettronica che possa fornire informazioni non solo sulla quantità di radiazione ma anche sull’energia delle particelle che la compongono.
I possibili campi di applicazione del nuovo strumento vanno dall’impiego negli ospedali a quello in vari processi industriali. Un esempio sono i processi di separazione dei metalli (rifiuti o altro) in cui si deve monitorare la possibile radioattività residua in presenza di materiali ferromagnetici. Ma, naturalmente, l’applicazione più interessante è proprio il potenziale impiego negli ospedali. Quando la produzione di accurate immagini mediche viene fatta con l’uso combinato di PET e RMN, la radiazione dei preparati radioattivi utilizzati nella PET deve essere infatti misurata in presenza del campo prodotto dalla RMN.

Molto dipenderà dall’industria che, come si spera, deciderà di acquisire il brevetto.

Antonella Del Rosso
Antonella Del Rosso
Laureata in Fisica con specializzazione in Fisica delle Particelle e, in seguito, Fisica Nucleare, si occupa di comunicazione scientifica da circa 20 anni. In seno al gruppo Comunicazione del CERN di Ginevra è responsabile della Comunicazione Interna, Editor del CERN Bulletin e responsabile del progetto CERNland.
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