Fino a oggi, gli strumenti di radioprotezione per misurare le radiazioni gamma (fotoni) o beta (elettroni e positroni) perdevano le loro funzionalità in presenza di campo magnetico. La soluzione, ovvero uno strumento capace di misurare la quantità (dose) di radiazioni anche in presenza di campi magnetici, è stata trovata da un gruppo di ricercatori del Politecnico di Milano e del CERN.
Fino a oggi, gli strumenti di radioprotezione per misurare le radiazioni gamma (fotoni) o beta (elettroni e positroni) perdevano le loro funzionalità in presenza di campo magnetico. Questo era un problema non solo per i laboratori di fisica come il CERN di Ginevra ma anche per gli ospedali dove si producono immagini mediche utilizzando la combinazione della PET (Tomografia a Emissione di Positroni) e della RMN (Risonanza Magnetica Nucleare) e dove si usano acceleratori di particelle per il trattamento di tumori. La soluzione, ovvero uno strumento capace di misurare la quantità (dose) di radiazioni anche in presenza di campi magnetici, è stata trovata da un gruppo di ricercatori del Politecnico di Milano e del CERN.
Semplice ma efficace
Il nuovo strumento (in foto) è costituito da un’unità centrale e una sonda. All’interno della sonda c’è uno scintillatore in cui l’energia della particella intercettata è convertita in fotoni, un fotomoltiplicatore al silicio che produce un segnale elettrico proporzionale alla quantità di fotoni ricevuta e una parte elettronica che prepara e invia il segnale al processore contenuto nell’unità centrale. Oltre al circuito elettronico, l’unità centrale ha al suo interno dei display, una batteria e delle interfacce USB. Tutti i componenti contenuti nella sonda e nell’unità centrale sono a prova di campo magnetico. I test hanno dimostrato che il nuovo strumento funziona in campi fino a 1 Tesla e per dosi di radiazione da frazioni di microSievert all’ora fino a qualche milliSievert all’ora (quattro ordini di grandezza).
Progettato per essere versatile
Nato per misurare la radioattività residua senza spegnere i potenti magneti degli esperimenti di alta energia all’LHC, il nuovo strumento è stato progettato per adattarsi a nuove situazioni. L’unità centrale può in effetti diventare ancora più portatile e gli esperti del CERN e del Politecnico stanno pensando di sviluppare sonde diverse e una nuova elettronica che possa fornire informazioni non solo sulla quantità di radiazione ma anche sull’energia delle particelle che la compongono.
I possibili campi di applicazione del nuovo strumento vanno dall’impiego negli ospedali a quello in vari processi industriali. Un esempio sono i processi di separazione dei metalli (rifiuti o altro) in cui si deve monitorare la possibile radioattività residua in presenza di materiali ferromagnetici. Ma, naturalmente, l’applicazione più interessante è proprio il potenziale impiego negli ospedali. Quando la produzione di accurate immagini mediche viene fatta con l’uso combinato di PET e RMN, la radiazione dei preparati radioattivi utilizzati nella PET deve essere infatti misurata in presenza del campo prodotto dalla RMN.
Molto dipenderà dall’industria che, come si spera, deciderà di acquisire il brevetto.
