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25 Ago 2020

Cos’è il Green Deal: capire la neutralità climatica con l’ausilio della vasca da bagno

Ilaria Perissi

Ilaria Perissi
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All’inizio del 2020, la Comunità Europea ha varato una serie di importanti iniziative politiche che vanno sotto il nome di Green Deal (traducibile in Patto Verde) necessarie a raggiungere la neutralità climatica dell’Europa entro il 2050. Lo scopo è portare le emissioni di gas serra, dovute principalmente all’uso di combustibili fossili, a zero in circa 3 decenni, promuovendo l’uso efficiente di risorse rinnovabili, passando a un’economia pulita e circolare, tutelando la biodiversità e riducendo l’inquinamento.
Si potrebbe pensare che il raggiungimento di questi obiettivi ci porti, nel 2050, al ripristino delle condizioni atmosferiche antecedenti l’uso dei combustibili fossili, ovvero quelle condizioni neutrali che non provochino più le alterazioni dell’ecosistema (scioglimento repentino dei ghiacci, temperature anomale di aria e acque, ecc.) che osserviamo adesso. Ebbene, non è così, il Green Deal è una manovra di mitigazione del cambiamento climatico: cerca di arginare la velocità con cui i cambiamenti stanno avvenendo, ma non li può evitare.

 

Da cosa è fatta la nostra atmosfera?

Per capire perché non è possibile fare di meglio, è necessario partire dall’analisi della composizione chimica media della nostra atmosfera: 78% azoto, 21% ossigeno, 0,9% argon e il restante 0,1% è composto, adesso, da circa 0,041% di biossido di carbonio (CO2) e anche da tracce di elio, idrogeno e metano. Fra tutti questi gas, solo CO2 e metano sono gas serra: sembra impossibile che una frazione così piccola di gas sia determinante per attivare un importante cambiamento climatico, ma è proprio così. In qualche vecchia enciclopedia o libro, anche solo degli anni ’70-’80 potrete trovare che la composizione dell’atmosfera riportava un valore medio di questi gas intorno allo 0,025%.
Si noti che una quantità opportuna di CO2 è stata necessaria affinché le temperature sul pianeta diventassero miti abbastanza per dar luogo alle prime forme di vita: infatti, le molecole di CO2 hanno la caratteristica di caricarsi di energia assorbendo le radiazioni infrarosse riemesse dal suolo, energia che poi viene dissipata in moti rotatori e oscillatori che provocano, per sfregamento, il riscaldamento delle molecole di tutti i gas circostanti. Quindi più molecole di CO2 ci sono nell’atmosfera, più l’atmosfera acquisisce potenziale di riscaldamento.

 

Il ciclo del carbonio spiegato con una vasca da bagno

Ora, la quantità media di CO2 in atmosfera è regolata dal cosiddetto ciclo del carbonio. In maniera un po’ semplificata possiamo dire che il carbonio sul nostro pianeta si trova principalmente stoccato in 4 grandi riserve: prevalentemente sotto forma di CO2 nell’atmosfera, in molecole costituenti forme di vita animali e vegetali sulla terra e in mare, come carbonati e combustibili fossili nella crosta terrestre e disciolto come bicarbonato nelle acque marine e dolci.
Per capire bene come funziona questo ciclo, immaginiamo che l’atmosfera sia una grossa vasca da bagno in cui versiamo CO2 invece che acqua: il livello nella vasca viene regolato tramite un rubinetto di ingresso e l’apertura di uno scarico. Ci risulta intuitivo capire che, se il flusso di ingresso è maggiore di quello di scarico, il livello sale, o cala nella situazione inversa; oppure se i due flussi sono simili, il livello rimane all’incirca lo stesso.
Prima dell’uso dei combustibili fossili, la quantità di CO2 che saliva in atmosfera derivava principalmente dalla combustione di legnami, incendi, eruzione dei vulcani e certo dalla respirazione degli esseri viventi: inspiriamo ossigeno ed espiriamo CO2. Grazie invece alla fotosintesi clorofilliana, la CO2 veniva, e tutt’ora viene, rimossa dall’atmosfera per creare il nutrimento di piante terrestri e marine, che a loro volta nutrono erbivori e carnivori. Alla morte di piante e animali, il carbonio si sedimenta e torna nel serbatoio della crosta terrestre. Altri fenomeni sottraggono CO2 dell’atmosfera, ad esempio il carbonio sciolto nelle acque può essere fissato dalle rocce sotto forma di carbonati e richiamare il passaggio di CO2 dall’atmosfera all’acqua, ma si tratta di un processo assai più lento.
Finché non si sono cominciati a utilizzare i combustibili fossili, i tempi di ingresso e di uscita della CO2 dall’atmosfera dovuti ai fenomeni precedenti erano tali da riuscire ad autoregolare il livello nella “vasca atmosferica” intorno a un valore neutrale ai fini del riscaldamento globale.

 

In cosa consiste la neutralità climatica

Con la combustione delle risorse fossili, come carbone e petrolio (dei veri concentrati di molecole contenenti carbonio), il flusso di CO2  nella nostra vasca atmosferica è aumentato vertiginosamente in pochi decenni, mentre lo scarico della nostra vasca, basato principalmente sull’effetto svuotante della fotosintesi, continua ad avere la stessa velocità di smaltimento. Quindi, il livello della CO2 nell’atmosfera si è alzato e continuerà ad alzarsi anche se gradatamente cercheremo di ridurre l’uso dei combustibili fossili, perché, così facendo, staremo riducendo la velocità con cui alimentiamo la vasca, ma certo non la svuoteremo. Infatti, anche se proprio ora, di colpo, non usassimo più i combustibili fossili, passerebbe del tempo prima che lo scarico della nostra vasca riporti la CO2 a un livello tale da ristabilire un ciclo del carbonio neutrale ai fini del riscaldamento globale; nel frattempo, però, il clima è cambiato.

 

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Cosa prevede il Green Deal

Ed è qui che sta il nocciolo fondamentale del Green Deal: la necessità di tagliar fuori i combustibili fossili, abbattere il loro flusso il più presto possibile, per rallentare l’inesorabile innalzamento del livello di gas serra nella nostra atmosfera ed evitare di ritrovarcela, nel 2050, surriscaldata ben oltre il livello attuale!

Ilaria Perissi
Ilaria Perissi
Chimico Fisico di formazione e PhD in Scienza dei Materiali, Ilaria Perissi è impegnata nella ricerca sulla mitigazione del cambiamento climatico presso l’Università di Firenze. È membro del Consiglio della Federazione Europea “Transport&Environment” ed è autrice di vari articoli sull’uso di modelli di Dinamica dei Sistemi nello studio dello sfruttamento delle risorse.
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