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12 Mar 2021

Etna: cosa sta accadendo?

Alessandro Bonforte
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L’Etna sta facendo sentire prepotentemente la sua voce nelle ultime settimane. È un vulcano attivo e lo ribadisce di frequente. Fortunatamente, queste sue ultime manifestazioni interessano la parte sommitale, ben oltre i 3000 metri di altitudine, al cratere di Sud-Est, il più attivo e più giovane dei quattro crateri sommitali dell’Etna negli ultimi decenni.

 

Un fenomeno già accaduto in passato

Questo cratere non è nuovo a fenomeni simili, nemmeno in tale sequenza. Ha già prodotto decine di fontane di lava durante la sua ancora breve esistenza, ben 66 nel solo anno 2000. Formatosi nel 1971 come una sorta di sprofondamento, ha iniziato ad essere irrequieto e a crescere negli anni ’80. Con la sua attività esplosiva è cresciuto di 300 metri in pochi anni e oggi ambisce al primato della vetta del vulcano, detenuto dal cratere di Nord-Est.

 

La sequenza di fenomeni di questi giorni

L’ultima spettacolare sequenza di parossismi ha avuto inizio nel tardo pomeriggio del 16 febbraio 2021, con diversi fenomeni vulcanici, alcuni dei quali molto spettacolari. Fontane di lava, colate di lava, una colonna eruttiva di diversi chilometri e anche un flusso piroclastico. Infatti, l’attività esplosiva degli ultimi giorni aveva accumulato scorie intorno a una nuova bocca, costruendo un nuovo conetto di scorie che stava per raggiungere l’altezza del punto più alto del cratere di Sud-Est, a circa 3300 m. Questo conetto, cresciuto sul ripido fianco orientale del cono, ha cominciato a scivolare, producendo piccole frane, all’inizio. Ma il pomeriggio del 16 febbraio la parte alta del cono è franata, generando un flusso piroclastico, che in pochi secondi ha percorso circa 1,5 km sulla parete occidentale della Valle del Bove.
Questo primo fenomeno ha dato il via a quella che sarebbe stato, anzi è tuttora mentre scrivo, il primo di una sequenza di fenomeni parossistici. Subito dopo la frana è cominciata l’emissione di una colata di lava, mentre l’attività esplosiva aumentava rapidamente, culminando in fontane di lava. Si è formata la prima colonna eruttiva alta alcuni chilometri che, spinta dal vento, ha causato la ricaduta di cenere e lapilli sui centri abitati sul fianco Sud del vulcano, compresa la città di Catania e persino nel siracusano.
Nei giorni successivi, a intervalli di 30-40 ore, l’Etna ha replicato lo show con intensità persino crescenti di volta in volta; ad oggi, la sequenza è di 12 parossismi. Il copione dello spettacolo prevede, più o meno, la stessa evoluzione dei fenomeni, a volte molto rapidamente (come nel caso del 28 febbraio), altre volte più lentamente (come il 4 marzo): attività stromboliana sempre più intensa, colate di lava, esplosioni sempre più forti e frequenti fino a un getto continuo alto anche 1000 metri sopra il cratere, spesso anche flussi piroclastici lungo i fianchi del cono. Quindi, rapida fine dei fenomeni quando la pressione non è più in grado di tenere aperto il sistema, che si richiude su sé stesso.

 

Centri abitati in pericolo?

Questo tipo di attività, con tutto lo spettro di fenomeni descritto, interessa i settori più alti del vulcano, intorno a 3000 metri di quota. Le colate più lunghe, non si spingono al di sotto dei 1800 metri, scendendo lungo la ripida parete occidentale della Valle del Bove. Ma il fenomeno della ricaduta di lapilli e cenere si spinge ben più lontano e, vista la rapida e ininterrotta sequenza, genera seri problemi per l’accumulo di prodotti. I centri abitati pedemontani, a turno su tutti i versanti ma specialmente quelli a Est sotto la direzione dei venti dominanti, vengono letteralmente investiti da una copiosa ricaduta di scorie di dimensioni a volte centimetriche, con ripercussioni sull’agricoltura, sulla circolazione dei mezzi (che inoltre frantumano le scorie trasformandole in polvere molto fine) e il cui smaltimento non è semplice. Sui paesi a quota più alta sono ricaduti dagli 800 grammi a diversi chili per metro quadrato a ogni parossismo, a seconda della direzione e intensità del vento.
Il vulcano era in ricarica e tutti i crateri sommitali erano attivi già da diversi mesi; per di più, nuovo magma ha fatto ingresso nel sistema di alimentazione a fine 2020. Questo magma ha percorso rapidamente tutto il sistema fino alla superficie, senza stazionare e quindi cristallizzare anche solo parzialmente; per questo viene definito “primitivo”, perché la sua composizione non è variata quasi per nulla dalla sua genesi a decine di chilometri di profondità.
Altra conseguenza della primitività del magma è la ricchezza di gas, che non hanno avuto, nemmeno loro, molto tempo per liberarsi gradualmente dal magma originario e oggi costituiscono il propellente di questi fenomeni così violenti.
Attualmente, e fortunatamente, non ci sono segnali che lascino pensare a un’evoluzione verso una eruzione laterale, ben più pericolosa per i centri abitati. La situazione, in questi giorni, sembra avere un suo equilibrio con questa ripetizione ciclica dei fenomeni che scaricano la pressione dei gas accumulata nelle ore precedenti.
Non è possibile prevedere con giorni di anticipo se qualcosa perturberà questo equilibrio, lo si capirà dai segnali che ci lancerà il vulcano, se il magma cercherà di farsi strada verso i fianchi. Intanto, teniamo gli occhi puntati sul vulcano.

 

Immagine di copertina: Official U.S. Navy Page- Wikimedia

Alessandro Bonforte
Laureato in Scienze Geologiche e PhD, si occupa dello studio delle deformazioni del suolo in aree sismiche e vulcaniche. Ha partecipato a tutte le emergenze e crisi negli ultimi vent’anni, anche estere; membro del gruppo comunicazione, coordinatore delle pagine Twitter e Instagram di INGVVulcani, co-chair della Joint IAG/IAVCEI Volcano Geodesy Commission. Responsabile del Settore “Geodesia terrestre e spaziale (reti periodiche)” e della rete mobile GNSS. Premio alla Carriera da ConfCulture e Telethon nel 2014.
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