La Pianura Padana, l’area più popolosa e industrializzata del settentrione italiano, ha una storia geologica molto recente, in buona parte modificata dall’attività dell’Uomo.
La Pianura Padana, l’area più popolosa e industrializzata del settentrione italiano, ha una storia geologica molto recente, in buona parte modificata dall’attività dell’Uomo. Si tratta di una piana alluvionale formatasi grazie al progressivo riempimento di una profonda depressione topografica al fronte della catena Alpina a nord e Appenninica a sud. Il peso delle catene montuose in avanzamento provoca subsidenza e sprofondamento al loro fronte, e la formazione di una fossa allungata in direzione est-ovest che raccoglie quantità enormi di sedimenti, inizialmente marini e poi, via via, più continentali. L’evoluzione attuale, è controllata dall’equilibrio tra due processi contrastanti, i movimenti verticali dovuti a subsidenza e/o sollevamento tettonico, e il riempimento di sedimenti erosi dalle montagne circostanti.
La subsidenza è creata sia dal carico tettonico, cioè dal peso delle catene montuose che si affacciano sulla depressione, sia dalla compattazione dei sedimenti che si depositano a strati; il sollevamento, invece, è prodotto dall’avanzamento delle coltri tettoniche verso il centro della pianura, che spingono lateralmente e verso l’alto, accavallandosi. Quando viaggiamo tra Ravenna e Milano, percorriamo un territorio piuttosto piatto e monotono, ma se guardassimo le “radiografie” del sottosuolo in profondità, le cosiddette immagini sismiche, ci accorgeremmo di quanto la topografia sepolta sia complessa, caratterizzata da una serie di avvallamenti e creste. La deposizione degli strati sedimentari ha l’effetto di livellare le irregolarità, perché i fiumi, se lasciati liberi, distribuiscono uniformemente i loro depositi nella pianura attraverso la migrazione dei meandri, le diversioni e le alluvioni. Le creste delle pieghe, che continuano a sollevarsi, sono state sfruttate nei millenni per fondare i maggiori centri abitati, come Ferrara e Ravenna, al riparo dalle alluvioni fluviali.
Prima degli interventi antropici, quindi, la Pianura Padana è stata per molti millenni, dopo l’ultima grande glaciazione, una zona umida, caratterizzata da alternanze di “isole” (i culmini delle pieghe sepolte) e terreni paludosi. In questo contesto, si sono sviluppati i primi insediamenti detti delle Terramare, il nome già molto evocativo dato a una civiltà dell’Età del Bronzo che ha lasciato tracce profonde nelle generazioni successive. Con lo sviluppo dell’agricoltura, in epoca etrusca e romana, la vocazione del territorio è cambiata: le foreste sono state sostituite dai campi, i terreni paludosi bonificati, i fiumi arginati e regimentati.
In questo modo, però, gli apporti sedimentari che compensavano la subsidenza sono venuti a mancare, essendo incanalati verso il centro della pianura nell’alveo del fiume Po, che ha sviluppato un grande delta dovuto completamente all’azione dell’Uomo.
Abbiamo creato in questo modo un ambiente artificiale, dove i fiumi corrono sospesi sulla pianura che si trova a una quota inferiore, con il rischio continuo di alluvioni. Se, come nel caso della pianura bolognese in questi giorni, un argine cede nel corso di una piena, vaste porzioni di territorio si trovano sott’acqua, con enormi problemi pratici ed economici. È per questo che dobbiamo farci carico della manutenzione di un territorio che è vivo e si modifica continuamente, a volte in modo a noi favorevole, altre no.
Immagine di copertina: le paludi e le isole formate dalle alluvioni del Po secondo una carta del 1570 (foto di JP.Neri, Biblioteca Universitaria di Bologna)
