Amatrice, Accumoli e Pescara del Tronto sono state praticamente rase al suolo dalle scosse di mercoledì 24 agosto, la principale di magnitudo 6, alle 3.36, seguita da una sequenza che ormai conta parecchie centinaia di eventi e che durerà probabilmente molte settimane. Basta guardare i dati della sismicità storica per capire che purtroppo questi terremoti sono la normalità lungo la fascia appenninica.
Amatrice, Accumoli e Pescara del Tronto sono state praticamente rase al suolo dalle scosse di mercoledì 24 agosto, la principale di magnitudo 6, alle 3.36, seguita da una sequenza che ormai conta parecchie centinaia di eventi e che durerà probabilmente molte settimane. Basta guardare i dati della sismicità storica per capire che purtroppo questi terremoti sono la normalità lungo la fascia appenninica. La stessa regione è stata colpita da terremoti simili nel 1639 (magnitudo 6.26), nel 1703 (magnitudo 6.81), nel 1706 (magnitudo 6.60) e poi ancora nel 1730, 1883, 1916, 1963, 1997, senza contare il terremoto dell’Aquila del 2009 poco distante dall’attuale epicentro. La normalità dunque. Ma non si può accettare come normale quello che questo terremoto ha provocato.
C’è una dicotomia perversa in quello che sta accadendo. Da un lato le conoscenze geologiche e sismologiche sono progredite moltissimo in questi decenni, consentendo di ottenere informazioni molto dettagliate sulle faglie, sulla loro attività storica e preistorica, sui tassi di deformazione e sul potenziale sismogenetico associato a ogni singola struttura; dall’altro, però, non si è avuta quella progressione di interventi che dovevano scaturire da questa maggiore consapevolezza, come la messa in sicurezza del patrimonio edilizio storico e la costruzione a norma dei nuovi fabbricati, che avrebbero permesso di salvare molte vite umane.
La terra trema
Partiamo da ciò che è noto. La terra trema, ha sempre tremato e sempre tremerà. La bellezza del nostro territorio dipende anche da questo. Un territorio geologicamente così giovane è per forza di cose dinamico, perché i processi alla base della formazione degli Appennini e delle Alpi sono ancora attivi. E’ da questa attività tettonica che deriva il fascino di molte nostre regioni, caratterizzate da paesaggi così vari e suggestivi. Ma in questo risiede anche la loro fragilità. Si conoscono le strutture tettoniche principali lungo le quali avvengono i movimenti tra i blocchi crostali; si sono studiati i meccanismi che provocano l’accumulo di energia elastica nel sottosuolo; si conoscono le modalità di rilascio di questa energia che in certe zone può avvenire in modo tranquillo e asismico, e in altre è associata a eventi catastrofici.
Questa sequenza di terremoti si sta generando al retro della dorsale appenninica, dove faglie estensionali provocano il progressivo collasso della catena. I movimenti relativi tra Africa ed Europa sono associati a deformazioni crostali che possono essere immaginate come un’onda: al fronte i terreni si raccorciano grazie ai processi di convergenza tra le placche; al retro i blocchi collassano. E’ proprio qui che si localizzano i terremoti distruttivi simili a quello del 24 agosto, che ha liberato una quantità non enorme di energia, ma molto vicino alla superficie, generando fortissimi scuotimenti. Di queste faglie si sa già molto, anche se le conoscenze progrediranno ancora grazie alle reti di monitoraggio e agli studi in corso nel nostro Paese, che spesso sono considerati all’avanguardia nel mondo. Si sa come e dove la crosta si potrà rompere generando un terremoto; non si sa ancora quando, ma questa è una informazione che probabilmente non avremo mai con la precisione necessaria a diffondere avvertimenti affidabili alla popolazione.
Una successione di tragedie
Quello che invece non è chiaro, è come mai continuiamo a rincorrere una successione di tragedie, dal Friuli nel 1976, in epoca precedente alla creazione della Protezione Civile, a questa ultima terribile e assurda strage, se siamo consapevoli che gran parte dell’edilizia italiana non è compatibile con la situazione geologica del territorio. Dobbiamo tutti sapere che, conti alla mano, e anche dimenticandoci cinicamente di considerare la cosa più preziosa, cioè la vita delle persone, potremmo risparmiare un sacco di risorse facendo prevenzione. Cosa manca per coprire questo scollamento tra conoscenza e azione? Forse, anche in questo caso vale per il nostro Paese l’immagine malinconica del film di Sorrentino, quella di una Grande Bellezza gestita in modo irresponsabile e ignorante da noi che non la meritiamo.