Le teorie sull’evoluzione della Terra hanno sempre oscillato tra l’attualismo, che vede nel lento trascorrere del tempo la chiave per capire la potenza dei processi geologici, e il catastrofismo, che riconosce al succedersi di eventi eccezionali (inondazioni, cataclismi, impatti extraterrestri) un ruolo fondamentale a dispetto della loro minore frequenza.
Le teorie sull’evoluzione della Terra hanno sempre oscillato tra l’attualismo, che vede nel lento trascorrere del tempo la chiave per capire la potenza dei processi geologici, e il catastrofismo, che riconosce al succedersi di eventi eccezionali (inondazioni, cataclismi, impatti extraterrestri) un ruolo fondamentale a dispetto della loro minore frequenza. Il paesaggio è modellato quindi da un’alternanza di eventi naturali di medie dimensioni, che agiscono in modo continuo, ed eventi eccezionali più intensi ma meno frequenti, che definiamo catastrofici. Il termine catastrofe si riferisce proprio alla capacità di modificare la Natura in modo pervasivo e con effetti duraturi, e non deve essere confuso con il disastro, che invece riguarda gli effetti immediati sulla vita dell’uomo.
L’uomo “catastrofico”
I processi fisici hanno modellato la superficie terrestre per 4,5 miliardi di anni. Vento, acqua, ghiaccio, il calore interno della Terra che muove le placche crostali, sono meccanismi che alla scala della nostra vita appaiono perpetui. Tutto ciò ha rafforzato l’idea che l’impatto antropico sul paesaggio sia trascurabile ed effimero, e che la Natura possa sempre prevalere. Da qualche tempo però si comincia ad avere consapevolezza che gli effetti antropici sul territorio sono a volte più importanti di quelli naturali. In un recente lavoro pubblicato sulla rivista Nature l’uomo è stato definito catastrofico proprio perché le sue azioni possono modificare il paesaggio in modo profondo e duraturo.
Piramidi, Grande Muraglia e altre costruzioni permanenti
L’idea è che l’avvento di società stabili abbia richiesto maggiori sforzi per ottenere un vantaggio collettivo a favore di una popolazione sempre crescente utilizzando tecnologie a rapido sviluppo e materiali che persistono nel paesaggio per tempi lunghissimi. Le piramidi egiziane sono ancora in piedi 4.600 anni dopo la loro costruzione così come le rovine delle città Maya; la Grande Muraglia cinese e le strade romane modificano il paesaggio in modo più persistente di qualsiasi alluvione, tempesta di sabbia, terremoto o erosione. Per non parlare della costruzione di dighe o sbarramenti fluviali, che producono effetti a scala regionale sottraendo sedimenti al ciclo naturale di erosione-deposizione lungo le coste.
Questi prodotti antropici dominano il paesaggio esattamente come fa per esempio la faglia di San Andreas in California. Con una differenza: mentre i processi naturali funzionano in modo stocastico e individuale, gli esseri umani modificano il paesaggio in modo consapevole e collettivo, con effetti destinati ad aumentare nel tempo con l’aumento della popolazione. Se in natura esiste una forma di calmiere statistico, per cui piccoli eventi si succedono spesso e grossi eventi sono invece più rari, la natura catastrofica degli esseri umani è invece in aumento, sia nella frequenza che nell’ampiezza degli eventi, per cui le catastrofi saranno la regola, piuttosto che l’eccezione, e diventerà sempre più difficile farvi fronte.