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20 Lug 2015

La sfida tra isole e oceano

Alina Polonia

Alina Polonia
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Le isole coralline sono cordoni sabbiosi che si formano sugli atolli grazie alla deposizione di sedimenti da parte delle correnti. Molto vulnerabili perché piccole e poco elevate sul livello del mare, la loro esistenza è legata all’ equilibrio tra variazioni di quest’ultimo, accumulo di materiale e crescita della barriera corallina.

Le isole coralline sono cordoni sabbiosi che si formano sugli atolli grazie alla deposizione di sedimenti da parte delle correnti. Quasi sempre la superficie emersa è costituita da residui di origine biogenica, cioè da scheletri di animali o resti vegetali (coralli, molluschi, micro organismi e alghe marine), con grande prevalenza di carbonato di calcio, il cui biancore enfatizza i caratteristici colori per le quali sono così famose. Queste isole da sogno sono molto vulnerabili perché piccole e poco elevate sul livello del mare, e la loro esistenza è legata all’ equilibrio tra variazioni del livello del mare, accumulo di materiale e crescita della barriera corallina.

 

Fattori di rischio

Tra tutti i fattori che mettono a rischio l’esistenza di questi gioielli naturali, l’innalzamento del livello del mare costituisce la minaccia principale, perché piccole variazioni possono innescare grandi cambiamenti di superficie a causa dei bassissimi gradienti topografici. Non a caso, quando si parla degli effetti dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale, si fa riferimento alla possibile scomparsa di queste isole, sulle quali sorgono intere nazioni i cui abitanti diventerebbero i primi profughi ambientali di una possibile catastrofe ecologica.

 

L’atollo che resiste

I modelli teorici usati per definire il potenziale di preservazione delle isole coralline non tengono però conto di tutti i meccanismi naturali che caratterizzano questi ambienti complessi. Un’eccezione è costituita da un recente studio pubblicato da un gruppo di scienziati neozelandesi e australiani che ha analizzato l’evoluzione a scala secolare dell’atollo di Funafuti nell’oceano Pacifico.

Il tasso medio di risalita relativa del mare nell’atollo durante l’ultimo secolo è stato di circa 1,7 millimetri all’anno, con impennate di 5 mm/anno negli ultimi decenni. Sorprendentemente, a questa notevole velocità di risalita relativa del livello marino non corrisponde una perdita di superficie delle isole. L’analisi di mappe geologiche, foto aeree e immagini satellitari di una trentina di isole dell’atollo, mostrano come alcune di queste abbiano addirittura incrementato le proprie dimensioni.

 

Il ruolo (positivo) dei cicloni

Il quadro complessivo che ne deriva è una notevole dinamica ambientale, controllata da normali processi a bassa energia, come la crescita della barriera corallina e la mobilizzazione di sedimenti da parte di onde e correnti, e da eventi catastrofici come i cicloni. L’effetto di questi ultimi però, diversamente da quanto si potrebbe pensare, è favorire l’aumento di superficie grazie all’apporto di materiali grossolani (sabbia e ciottoli) che, essendo più resistenti, preservano le isole dall’erosione. Dato che anche la frequenza dei cicloni è in aumento a causa dell’incremento di temperatura in atmosfera, il risultato netto è il mantenimento dell’equilibrio e la sopravvivenza delle isole. Se da un lato questo risultato rassicura e rivela un livello di interconnessione complesso dei processi naturali, non sappiamo ancora se questi meccanismi potranno far fronte all’innalzamento del livello marino di oltre un metro previsto per i prossimi cento anni.

Alina Polonia
Alina Polonia
Geologa e ricercatrice presso l'Istituto di Scienze Marine (ISMAR-CNR) di Bologna dove si occupa di geologia marina. I suoi interessi principali sono lo studio dei margini continentali e la geologia dei terremoti sottomarini.
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