Nel 2019 in Italia la proposta dell’introduzione di una nuova ecotassa sulla plastica (plastic tax) ha scatenato un vivace dibattito finché, dopo lunghe trattative, il 23 dicembre 2019 è stata approvata la Legge di Bilancio 2020 che ha fissato il valore dell’imposta a 0,45 €/kg per qualsiasi imballaggio di plastica, compreso il tetrapak. Sono stati esclusi i contenitori di medicinali e i dispositivi medici, la plastica da riciclo e quella biodegradabile.
Chi paga la plastic tax?
L’imposta sarà a carico dei produttori sul territorio nazionale, degli importatori da Paesi terzi e degli intermediari di vendita.
L’Italia non è l’unico Paese europeo che ha adottato misure analoghe per rinforzare la direttiva europea sulla plastica monouso e ridurne l’impatto ambientale sull’ambiente marino e terrestre (si veda in proposito il libro L’isola che non c’è).
La legge ha diviso l’opinione pubblica e gli operatori del settore: le associazioni ambientaliste si sono schierate a favore, mentre sono ovviamente contrarie le aziende del settore, perché la manovra penalizza una filiera produttiva che in Italia conta 11 000 imprese, 110 000 dipendenti, per circa 30 miliardi di fatturato. Anche i sindacati e le associazioni dei consumatori hanno visto soprattutto una nuova tassa che finirà per ricadere sui cittadini, che già pagano un contributo di 0,23 €/kg ai consorzi di recupero della plastica.
Quando entra in vigore la legge sulla plastica?
L’emergenza Covid-19 ha fatto slittare al 1° gennaio 2021 l’entrata in vigore della legge. Ma in quella data potrebbe esserci un’altra novità poco piacevole: nel pacchetto di tasse necessarie a reperire le risorse con cui coprire prestiti e sussidi a fondo perduto del Recovery Fund, sarà introdotta una plastic tax europea – che potrà arrivare fino a 0,80 €/kg – calcolata in base al peso dei rifiuti di imballaggi di plastica non riciclati, indipendentemente dal tipo di materiale (di riciclo, nuovo, vecchio, biodegradabile o convenzionale). Non sono ancora state fissate le modalità di applicazione, ma secondo le stime della Commissione questa tassa potrebbe portare ogni anno entrate per circa 6,6 miliardi di euro. Al momento, la proposta è sul tavolo del Consiglio europeo, il cui presidente di turno è la Finlandia.
È difficile prevedere quale impatto potrà avere questa nuova tassa sulle tasche degli italiani perché, anche se la percentuale di riciclo delle plastiche tradizionali nel nostro Paese è superiore alla media europea, non si può dire lo stesso per i nuovi materiali biodegradabili. Inoltre, le associazioni dei consumatori temono che anche in questo caso una parte degli oneri possa finire per ricadere sui consumatori.
L’esclusione della carta: a vantaggio dei Paesi “frugali”?
È singolare il fatto che le nuove imposizioni fiscali europee abbiano escluso il settore della carta – di cui i Paesi nordici sono grandi produttori (soprattutto Svezia e Finlandia) – che incide non poco sulla sostenibilità ambientale. Eppure secondo il Global Forest Change, dal 2016 al 2018 la deforestazione in Europa è aumentata del 50% soprattutto per far fronte all’aumento della produzione di cellulosa per la carta.
Ma nessuno in Europa per ora ha sentito l’urgenza di fare qualcosa al riguardo.