Studiare il vulcanismo è fondamentale. La composizione delle rocce vulcaniche svela infatti profondità e dinamiche terrestri, riferendoci informazioni su genesi, risalita, ristagno ed espulsione dei magmi, ma non solo. Le implicazioni sono tante: dalla geodinamica ai cambiamenti climatici, evoluzione della Terra e dei corpi planetari, georisorse, archeologia e molto altro.
La composizione chimica delle rocce consta del contenuto degli elementi in esse presenti come silicio, calcio, potassio, stronzio, piombo, zolfo, arsenico, uranio, bario e via di seguito, e dei loro isotopi. Inoltre, c’è la composizione mineralogica: tipo e abbondanza dei minerali. Questo set chimico-mineralogico può essere quasi costante o variare sia all’interno del singolo deposito vulcanico sia nel corso dei diversi eventi eruttivi, in risposta alla specifica dinamica magmatica.
Identikit del vulcanismo napoletano
Nell’area napoletana, oggetto preferito delle nostre ricerche, ogni eruzione ha prodotto depositi con una propria composizione chimica e mineralogica, cosicché da essa si può dedurre l’eruzione e le caratteristiche del serbatoio magmatico di alimentazione; è come risalire all’identità di un individuo dalle sue caratteristiche somatiche e dal set di parametri ematochimici.
Date le piccole e grandi diversità esistenti e i numerosi parametri che descrivono tali diversità, l’individuazione delle rocce è un’operazione lunga e complessa. Il database è molto grande. Per i vulcani napoletani abbiamo contato 9800 campioni relativi a 384 eventi eruttivi e 54 elementi chimici di cui il contenuto è quasi uniformemente conosciuto.
Machine learning per studiare geofisica
L’intelligenza artificiale (AI) è uno strumento comune in ambito scientifico nella gestione ed elaborazione di enormi dataset. Può imparare dall’esperienza (ossia dai dati) ed elaborare come farebbe un umano, ma scevra da assunzioni ed errori derivanti da calcoli sbagliati, preconcetti o fattori emotivi. Abbiamo voluto valutare le potenzialità dell’AI nel caso del vulcanismo napoletano contribuendo ai tentativi di applicazione esistenti in campo petrologico.
Abbiamo usato diverse tecniche di machine learning e, per ciascuna, valutato la capacità della usuale classificazione del campione. La capacità è stata circa al 98% per l’attribuzione di una roccia di origine ignota – ma comunque del contesto napoletano – a uno dei vulcani, circa il 90% al periodo eruttivo e almeno il 70% alla formazione eruttiva.
La nostra applicazione dell’intelligenza artificiale al caso napoletano è un presupposto per analisi veloci e affidabili sui dati esistenti e su quelli di futura acquisizione e in particolare per la realizzazione di sistemi di controllo automatico su grandi dataset pertinenti l’intero vulcanismo italiano (se non globale).
La creazione di un singolo portale di raccolta dati sui prodotti delle eruzioni vulcaniche, validati e sistematizzati secondo criteri condivisi a scala globale, e in continuo aggiornamento, è l’ambizione che speriamo possa essere condivisa per future e innovative elaborazioni e interpretazioni via AI.
L’area napoletana con i suoi tre vulcani, Campi Flegrei, Ischia, Procida e Somma-Vesuvio e la distribuzione areale delle principali eruzioni esplosive (a) di cui l’Ignimbrite Campana eruttata 40.000 anni fa quella con più grande distribuzione (b) e diagrammi classificativi delle composizioni delle rocce vulcaniche napoletane: è evidente la differente leggibilità tra quella basata su una selezione di dati (c) e quella derivante dall’intero dataset (d).
Immagine di copertina: copyright Porfirio – Flickr

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