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20 Giu 2017

Sentinelle sottomarine per studiare le faglie nello Ionio

Alina Polonia

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Lo Stretto di Messina è un’area cruciale dal punto di vista geologico, perché qui, nel centro del Mare Mediterraneo, diversi sistemi di faglie provocano terremoti, frane sottomarine e vulcanesimo. E’ una zona di svincolo, una sorta di “perno” che assorbe i movimenti relativi delle due grandi placche litosferiche Africana e Eurasiatica, ormai arrivate a collisione dopo essere state a lungo separate dall’antico oceano della Tetide, quasi completamente scomparso sotto le dorsali montuose degli Appennini e delle Alpi.

Lo Stretto di Messina è un’area cruciale dal punto di vista geologico, perché qui, nel centro del Mare Mediterraneo, diversi sistemi di faglie provocano terremoti, frane sottomarine e vulcanesimo. E’ una zona di svincolo, una sorta di “perno” che assorbe i movimenti relativi delle due grandi placche litosferiche Africana e Eurasiatica, ormai arrivate a collisione dopo essere state a lungo separate dall’antico oceano della Tetide, quasi completamente scomparso sotto le dorsali montuose degli Appennini e delle Alpi.

 Sulla sponda tirrenica, la litosfera africana si immerge in profondità e, arretrando verso sud-est, trascina con sé parte della Calabria e della Sicilia Nord-Orientale. Sull’altro versante, nello Ionio, la convergenza, molto obliqua rispetto al moto relativo tra le placche, è accomodata da un sistema di faglie ortogonali alle linee di costa, che causano lo sprofondamento dello Ionio occidentale proprio di fronte allo stretto di Messina. Queste ultime, sono strutture scoperte recentemente, che hanno suscitato un grande interesse dei geologi perché profonde, estese decine di chilometri e molto attive, come dimostrato da una intensa risalita di fluidi profondi e vulcanesimo. Non a caso, l’Etna, il più grande e attivo vulcano europeo, si è formato proprio su una di queste strutture.

 

Studiare le faglie sismogenetiche

E’ questa la regione di terremoti e maremoti più devastanti del nostro Paese, registrati come grandi catastrofi nei cataloghi storici, come il terremoto di Messina e Reggio Calabria (1908), la sequenze del 1905 e del 1783 in Calabria meridionale, Il terremoto del 1693 in Val di Noto, forse il sisma a magnitudo maggiore registrato in Italia, l’evento del 1169 in Sicilia orientale e quello  del 362, tra Sicilia orientale e Calabria meridionale. Solo nel 1908, le vittime furono più di 80.000. Di questi terremoti non conosciamo le strutture generatrici e il loro livello di pericolosità, dato che non sappiamo molto sulla frequenza di forti terremoti in epoca preistorica. Dal maggio del 2017, il nuovo progetto scientifico SEISMOFAULTS, nato da una collaborazione tra Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR di Roma e Bologna), Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV di Roma, Palermo e Gibilmanna) e Università Sapienza di Roma, si propone di monitorare ed esplorare da vicino le faglie sismogenetiche del Mar Ionio e dello Stretto di Messina.

 

Sensori sottomarini 

Il primo passo è stato una campagna oceanografica a bordo della N/R Minerva-Uno del CNR, nel corso della quale sono stati installati sui fondali del Mar Ionio, a profondità fino a circa 2700 m, otto sismometri e due moduli con sensori geochimici. Gli strumenti sono molto vicini ai potenziali epicentri dei terremoti, e registreranno per circa un anno i movimenti del suolo e le eventuali emissioni gassose del fondale possibilmente correlate alla sismicità. Dopo questo periodo, gli strumenti verranno sganciati dalla zavorra con un comando acustico inviato da una nave e saliranno in superficie, dove saranno recuperati per procedere all’analisi delle registrazioni. Con i nuovi dati raccolti ci si aspetta di individuare e definire meglio la posizione e la geometria delle faglie attive, potenzialmente causa di terremoti e tsunami, ma anche raccogliere informazioni su possibili fenomeni precursori dei terremoti, come ad esempio anomalie nelle modalità del degassamento dai fondali e/o sciami sismici lungo le strutture.

Alina Polonia
Alina Polonia
Geologa e ricercatrice presso l'Istituto di Scienze Marine (ISMAR-CNR) di Bologna dove si occupa di geologia marina. I suoi interessi principali sono lo studio dei margini continentali e la geologia dei terremoti sottomarini.
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