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29 Dic 2020

Terremoti: a volte ritornano

Massimo Giuseppe Romanello

Massimo Giuseppe Romanello
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Ultimamente capita spesso di sentir parlare di terremoti o addirittura provare la sensazione di sentir tremare la terra sotto i piedi. Ma i terremoti stanno davvero diventando più frequenti?

 

Qual è la probabilità di un terremoto?

Credo che a tutti sia capitato di forare una gomma dell’auto almeno una volta nella vita: se per lavoro guidate per 3 o 4 ore al giorno vi sarà capitato più di una volta, se poi il tragitto che fate abitualmente è lo stesso che percorre il camioncino che consegna i chiodi alla ferramenta – quello con l’autista distratto che non impacchetta mai bene le scatole disperdendo i chiodi per strada – allora sono certo che siete i migliori amici del vostro gommista. Cosa c’entra questo con i terremoti, vi starete chiedendo. Adesso ve lo spiego.
In realtà il legame è molto più forte di quanto potete immaginare: la cosa che hanno in comune si chiama probabilità di accadimento di un evento (terremoto o foratura della ruota che sia).
È abbastanza intuitivo che il poveretto che condivide il percorso con l’autista del camioncino che trasporta chiodi ha molte più probabilità di forare una gomma rispetto a qualcuno che usa la macchina per meno di mezzora al giorno in un tragitto diverso.
Per i terremoti si può seguire un ragionamento molto simile. Il terremoto del ragusano di questi giorni sembra essere dovuto a uno scorrimento della faglia ibleo-maltese (in realtà questo spetta ai geologi appurarlo, ma ai fini di quello che sto per raccontarvi non fa differenza), la stessa responsabile di molti terremoti del passato, quale quello di Santa Lucia del 1990, e quello del val di Noto del 1693. Sappiamo anche dove sono queste faglie e quindi abbiamo coscienza del fatto che, avendo costruito le nostre case nei dintorni, dobbiamo convivere con i terremoti. Per seguire il paragone della ruota forata potremmo dire che i ragusani guidano dietro il camioncino che trasporta i chiodi. Lo sfortunato ma saggio guidatore allora che fa? Se non può cambiare strada si attrezza per farsi trovare preparato quando il chiodo si conficcherà nella sua ruota.

 

I terremoti si possono prevedere?

Voi mi direte che lo sanno tutti che i terremoti non si possono prevedere. E io invece vi rispondo che è falso e che oggi siamo in grado di sapere, con buona approssimazione, non solo qual è l’intensità dei terremoti che ci colpiranno in futuro, ma anche ogni quanto si manifesteranno in termini temporali.
Gli eventi sismici infatti seguono una certa periodicità che nella teoria delle probabilità viene definita periodo di ritorno. Il terremoto del ragusano ha registrato un’accelerazione al suolo pari a circa il 2,5-3% dell’accelerazione di gravità. La nostra normativa antisismica è in grado di dirci che c’è una probabilità dell’81% che un terremoto del genere si manifesti in un intervallo di tempo di 50 anni. Questo, in termini di periodo di ritorno, significa che dobbiamo aspettarci un terremoto di simile intensità ogni 30 anni. Per fortuna, più è forte il terremoto e minore è la probabilità che si presenti in un periodo breve.
Il terremoto che devastò la Sicilia orientale nel 1693, provocando 60 000 morti e colpendo 45 località, era un terremoto di magnitudo 7.3: per quanto ne sappiamo è ad oggi il terremoto più forte che ha colpito la Sicilia. Il più recente terremoto nel ragusano era di magnitudo 4.4. Per avere un’idea quantitativa della differenza tra i due eventi bisogna sapere che la scala di misurazione dell’intensità dei terremoti è di tipo logaritmico, questo significa che la differenza tra la quantità di energia liberata passando da un grado a un altro della scala cresce molto velocemente. In altri termini, un terremoto di grado 7 libera un’energia che è 32 volte maggiore di uno di grado 6, 1000 volte maggiore uno di grado 5 e 1 milione di volte maggiore di uno di grado 4.  
A un terremoto di intensità pari a quello del 1693 è associata una probabilità di accadimento del 10% in 50 anni, che si traduce in un periodo di ritorno di 475 anni. Considerando che ne sono già passati quasi 350 direi che è il caso di cominciare a prepararci a un evento di tale entità.

 

Prevenire è meglio che curare

Il vero problema è che gran parte del patrimonio edilizio e infrastrutturale italiano è molto vecchio e realizzato senza criteri antisismici. Inoltre una buona parte è frutto della speculazione edilizia degli anni ’60-’80 durante i quali si sono costruite strutture di scarsissima qualità dal punto di vista della resistenza sismica.
Se lo sfortunato autista che segue il camion dei chiodi può installare delle speciali ruote antiforatura, farsi trovare preparati al terremoto vuol dire costruire edifici antisismici e soprattutto adeguare il patrimonio edilizio esistente. Le conoscenze scientifiche odierne e le tecnologie applicative disponibili sono oggi sufficienti ad affrontare il problema, anzi si può affermare con certezza che nell’ultimo ventennio l’Italia ha fatto passi da gigante adottando una normativa antisismica tra le migliori al mondo.
Adesso vi chiederete cosa stiamo aspettando per intervenire, ma questo io proprio non lo so.

Massimo Giuseppe Romanello
Massimo Giuseppe Romanello
Massimo Giuseppe Romanello è ingegnere edile e aerospaziale. Effettua in maniera indipendente ricerca scientifica nel campo dell'ingegneria pubblicando per diverse riviste scientifiche internazionali. Divulgatore scientifico per passione ha pubblicato per Sapere La farfalla e il proiettile: breve storia dello Space Shuttle e La danza dei giganti (articolo finalista al premio nazionale di divulgazione scientifica 2020 ). Attualmente vive a Toronto dove si occupa della progettazione e realizzazione di strutture in acciaio per high rise buildings.

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