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06 Feb 2017

Antenati dalle sabbie del tempo

Marco Signore

Marco Signore
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Gli ultimi mesi hanno visto un incremento delle scoperte paleontologiche relative a organismi prima sconosciuti o addirittura impensabili; questo grazie al progredire delle tecniche di ricerca e di raccolta, oltre che di analisi dei campioni. Ultima, ma solo in senso temporale, tra queste scoperte è forse anche una delle più importanti, almeno per chi si occupa di ricostruire una sorta di “albero genealogico” dei vertebrati, e del superphylum di cui noi facciamo parte, cioè i deuterostomi.

Gli ultimi mesi hanno visto un incremento delle scoperte paleontologiche relative a organismi prima sconosciuti o addirittura impensabili; questo grazie al progredire delle tecniche di ricerca e di raccolta, oltre che di analisi dei campioni. Ultima, ma solo in senso temporale, tra queste scoperte è forse anche una delle più importanti, almeno per chi si occupa di ricostruire una sorta di “albero genealogico” dei vertebrati, e del superphylum di cui noi facciamo parte, cioè i deuterostomi.

 

I parenti più prossimi dei vertebrati sono infatti organismi come i ricci di mare o le ascidie, ed ampliando il punto di vista sul cladogramma, cioè sullo schema che disegna le affinità tra gli organismi, scopriremmo parenti ancora più inaspettati, tutti scomparsi da milioni di anni, e tutti di difficilissima interpretazione paleoecologica, data la scarsità di reperti; questo, almeno, fino agli ultimi anni della paleontologia.

 

[Immagine: credit Wikimedia commons]

Un piccolo grande mistero

In genere, è difficile che organismi a corpo molle si possano fossilizzare; ancora più difficile è la fossilizzazione quando gli organismi in questione sono anche di dimensioni estremamente ridotte. Tuttavia esistono giacimenti molto particolari, il cui più noto esempio è forse quello delle Burgess Shales in Canada, che da più di un secolo restituiscono agli studiosi i fossili di animali assolutamente incredibili. Il miglioramento delle tecniche di ricerca ha dimostrato che tali giacimenti sono più diffusi di quel che si pensasse, e da uno di questi, in Cina, è uscito il più improbabile dei nostri antichi parenti: una sorta di microscopica patata con un’enorme bocca, che gli studiosi hanno chiamato Saccorhytus coronarius. Si pensa che questo organismo, lungo pochi millimetri al massimo, fosse un esponente della meiofauna, cioè di quegli animali che vivono tra i granelli di sabbia.

 

Il “sacco grinzoso con la corona”

Saccorhytus è provvisto di una grande “bocca”, di una serie di pori ed aperture, alcune delle quali a forma di cono, e di un corpo semiellittico protetto da una cuticola resistente ma flessibile, che gli permetteva di spostarsi tra i granelli di sabbia senza subire danni. L’enorme “bocca” era estensibile, e probabilmente questo animale inghiottiva grandi quantità d’acqua che poi faceva uscire dalle altre aperture. In questo e molti altri aspetti, il nostro incredibile nuovo antenato somiglia a tutta una serie di animali letteralmente da fantascienza che popolavano i mari centinaia di milioni di anni fa, e che solo negli ultimi anni vengono studiati in maniera più specifica, gettando luce sull’evoluzione dei deuterostomi e, in ultima analisi, sui vertebrati. Le sabbie del tempo dunque iniziano a mostrare i loro più piccoli tesori.

 

 

Marco Signore
Marco Signore
Laureato a Napoli in Scienze Naturali, PhD all'Università di Bristol in paleobiologia con specializzazioni in morfologia e tafonomia, è nella divulgazione scientifica da quasi 20 anni, e lavora presso la Stazione Zoologica di Napoli "Anton Dohrn". Nel tempo libero si occupa anche di archeologia, oplologia, musica, e cultura e divulgazione ludica.
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