Gli artropodi sono probabilmente il gruppo animale che comprende più specie viventi in assoluto; si tratta di organismi in genere corazzati e dotati di appendici articolate (da cui appunto il loro nome, che vuol dire “zampe articolate”); tra questi troviamo i granchi, i gamberi, i ragni e naturalmente gli insetti. Proprio questi ultimi sono i nostri inseparabili compagni in città come in campagna; l’unico ambiente che gli insetti non abbiano colonizzato è il mare aperto, per quanto esistano specie di cimici capaci di “pattinare” proprio sulla superficie del mare.
Noi siamo abituati a percepire gli insetti come fastidiosi, o addirittura spaventosi, per la loro forma davvero aliena, ma non possiamo fare a meno di subirne il fascino: a loro guardiamo fin dai tempi antichi per esemplificare una società “perfetta”, come quella delle api, o delle formiche; e proprio le formiche sono ancora una volta protagoniste di questa rubrica. In particolare, le formiche tagliafoglie.
Sappiamo che questi laboriosi insetti sono capaci di ritagliare pezzi di foglie, e usarli per coltivare i funghi di cui poi si nutrono: praticano agricoltura biologica da ben 60 milioni di anni! I loro formicai sono anche oggetto di trasmissioni via webcam (è famosa quella del Museo di Storia Naturale di Londra) e di allevamenti casalinghi.
Come se non bastasse, queste formiche hanno una simbiosi con degli speciali batteri che producono antibiotici per proteggere i funghi delle coltivazioni, e spesso hanno mandibole letteralmente zincate, molto più potenti di quelle di altre formiche. Di recente, però, le tagliafoglie della specie Acromyrmex echinatior hanno rivelato una loro caratteristica ancora più fantascientifica.
Armature cristalline
Abbiamo visto che tutti gli artropodi sono generalmente ben corazzati, ma la loro armatura è in genere composta da una proteina, la chitina, simile a quella che forma le nostre unghie. Periodicamente, gli artropodi devono abbandonare la corazza precedente, perché diventata troppo stretta, e fabbricarne una nuova. Ma le Acromyrmex sono andate oltre: la loro armatura contiene cristalli di calcite con alto contenuto di magnesio, che rinforzano la struttura. Questi cristalli si espandono man mano che l’individuo invecchia, rendendo l’armatura più forte e resistente negli individui maturi (che spesso si allontanano per foraggiare attorno al formicaio).
Evidenze sperimentali hanno dimostrato che l’armatura in calcite non solo aiuta le formiche operaie a resistere alle infezioni e ai danni normali, ma le rende anche meno suscettibili alle ferite inferte dalle mandibole zincate dei soldati di altre formiche, come quelle del genere Atta (altre tagliafoglie), che attaccano i loro formicai per razziarli (in un altro incredibile parallelo tra storia degli uomini e storia delle formiche).
Nuove armature all’orizzonte?
Che le formiche tagliafoglie abbiano un’armatura così particolare, scoperta solo nel XXI secolo nonostante siano tra le formiche più studiate al mondo, fa ben sperare per la ricerca: è infatti strano che la calcite magnesiaca sia così poco diffusa nel mondo animale moderno, considerata la sua efficacia come strumento difensivo. Fino a oggi la si conosceva solo dalle piastre dentali dei ricci di mare, mentre sappiamo che questa sostanza è stata usata in passato, nell’Ediacarano, da alcune specie ora estinte. È quindi un tipico caso di evidenza nascosta in bella vista; e magari in un futuro prossimo si scoprirà che le armature mineralizzate, così diffuse nei crostacei, sono presenti anche in molte linee di insetti. Come si suol dire, le scoperte avvengono solo cercando.
Immagine di copertina: Li et al., “Biomineral armor in leaf-cutter ants”, Nature communications, https://www.nature.com/articles/s41467-020-19566-3