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16 Lug 2018

La forfora più antica

Marco Signore

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Il ricambio delle cellule epiteliali, cioè della pelle, è un fenomeno normale nei vertebrati: le cellule muoiono e vengono sostituite, dato che la pelle è un organo estremamente importante. Tuttavia può succedere per varie cause che la desquamazione venga accelerata e le squame di pelle secca diventino abbondanti. La forfora non è di per sé un grave problema a livello di salute, ma nella società moderna può diventare un handicap psicologico, portando in alcuni casi addirittura a un crollo dell’autostima e a problemi di socializzazione.

Il ricambio delle cellule epiteliali, cioè della pelle, è un fenomeno normale nei vertebrati: le cellule muoiono e vengono sostituite, dato che la pelle è un organo estremamente importante. Tuttavia può succedere per varie cause che la desquamazione venga accelerata e le squame di pelle secca diventino abbondanti. La forfora non è di per sé un grave problema a livello di salute, ma nella società moderna può diventare un handicap psicologico, portando in alcuni casi addirittura a un crollo dell’autostima e a problemi di socializzazione.
La pensavano così anche i dinosauri? Già, perché il più antico caso di forfora è stato descritto in un esemplare di Microraptor, un piccolo dinosauro del Cretaceo della Cina. O almeno, questo è stato il titolo dei principali media. Come vedremo, in realtà la scoperta è molto più interessante dal punto di vista scientifico per quanto riguarda l’evoluzione dei dinosauri (e quindi degli uccelli), ma forse la prima cosa che gli studiosi hanno pensato è stata di aver trovato il primo caso di forfora della storia.

 

Ricambio necessario

 

Eliminare le cellule epiteliali morte è un processo naturale, perché la pelle assolve a compiti importantissimi: è indispensabile per l’omeostasi, cioè per il raggiungimento dell’equilibrio chimico e fisico tra organismo e ambiente; funziona da “armatura” contro gli stress meccanici; infine, costituisce una barriera all’attacco dei patogeni come batteri o funghi. Rinnovare le cellule di questa barriera è quindi vitale e la pelle morta viene rilasciata sotto forma di piccolissime squame. Il processo di rinnovamento è stato naturalmente già ipotizzato per i dinosauri, ma per la prima volta ne sono state trovate tracce. Infatti, analizzando l’epidermide fossilizzata nei minimi dettagli di alcuni esemplari provenienti dal biota di Jehol, in Cina, i ricercatori hanno potuto per la prima volta osservare piccolissime scaglie, proprio come fosse forfora di 125 milioni di anni fa. Il risultato è di per sé incredibile, perché abbiamo la prima testimonianza diretta di un tale processo, però lo studio ha anche altre implicazioni che ci permettono di avere un quadro ancora più dettagliato del metabolismo e del modo di vivere dei dinosauri.

 

Temperatura e metabolismo

 

Grazie a questo spettacolare ritrovamento, descritto su Nature Communications, ora sappiamo che i dinosauri cambiavano la pelle in piccoli frammenti, come gli uccelli e i mammiferi attuali, e non invece come fanno i rettili, il che implicherebbe una crescita corporea continua. Inoltre la struttura di queste cellule sembra anche indicare che i muscoli dermici, deputati al controllo delle penne, si siano evoluti molto prima di quanto si pensasse e la loro disposizione fa ipotizzare che i dinosauri teropodi e i primi uccelli avessero temperature corporee inferiori a quelle degli uccelli attuali. L’unione quindi del livello di dettaglio dei fossili provenienti da giacimenti eccezionali, come quelli del biota di Jehol, con le nuove tecnologie ci permette di avere immagini sempre più precise e dettagliate del mondo perduto dei dinosauri, un mondo che doveva essere davvero unico e incredibilmente affascinante.

 

Immagine di copertina: ricostruzione artistica di due Microraptor. Credits: Durbed on Deviant art (Licenza CC BY-SA 3.0)

Marco Signore
Marco Signore
Laureato a Napoli in Scienze Naturali, PhD all'Università di Bristol in paleobiologia con specializzazioni in morfologia e tafonomia, è nella divulgazione scientifica da quasi 20 anni, e lavora presso la Stazione Zoologica di Napoli "Anton Dohrn". Nel tempo libero si occupa anche di archeologia, oplologia, musica, e cultura e divulgazione ludica.
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