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25 Giu 2021

La luce alla fine del… serpente

Marco Signore

Marco Signore
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In un lavoro pubblicato di recente su Herpetological Review, gli erpetologi Lawrence Paul e Robert Mendyk hanno dimostrato che le code dei serpenti a sonagli (o crotali) sono biofluorescenti, e hanno avanzato un’interessante ipotesi sulla biologia di questi rettili.

 

La biofluorescenza nei serpenti a sonagli

La biofluorescenza è un fenomeno per cui, quando un organismo viene colpito da una luce ad alta frequenza, come la luce ultravioletta, emette di rimando una luce a più bassa frequenza, quindi visibile anche ai nostri occhi; questo fenomeno nei vertebrati terrestri si sta rivelando molto più diffuso di quanto si immaginasse, e sembra connesso a molte forme di comportamento prima nemmeno ipotizzabili.
Ormai si sa che la biofluorescenza, emessa in un vero e proprio arcobaleno di colori, viene usata per mimetizzarsi, o per riconoscersi, e persino come esca per le prede. Per esempio, proprio tra i serpenti, alcune specie usano la somiglianza della loro coda con un bruco fluorescente per attirare le lucertole o le rane di cui si nutrono.
Nell’ambito del riconoscimento, le tinte biofluorescenti vengono usate non solo dagli uccelli, ma anche dai mammiferi per riconoscersi tra di loro, ma alcuni schemi di biofluorescenza vengono sfruttati invece per confondersi o mimetizzarsi contro i predatori. L’uso della biofluorescenza, di fatto, rivela nuove e continue sorprese, e la scoperta di Paul e Mendyk sui crotali apre un nuovissimo capitolo sull’interazione predatore-preda nel buio della notte nelle praterie.

 

Coevoluzione

I crotali sono tra i tanti predatori che vanno incontro a un cambio di dieta con la crescita: da giovani tendono a nutrirsi di anfibi e rettili, ma da adulti si specializzano nel cacciare prede a sangue caldo. D’altronde, la storia evolutiva di questi serpenti va di pari passo con quella delle piante erbacee e dei roditori che se ne nutrono, e ci sono prove che sembrano supportare il ruolo chiave della diffusione delle praterie nell’evoluzione dei crotali e del loro peculiare sonaglio caudale. Questa struttura, lungamente considerata difensiva dagli studiosi, somiglia moltissimo alle spighe di diverse specie di piante erbacee, e infatti molte di queste hanno nomi comuni che richiamano appunto i crotali. Ma quando gli studiosi hanno esaminato sotto la luce ultravioletta i crotali nei loro terrari ricchi di tali piante, hanno visto che molte di queste spighe si illuminavano allo stesso modo e con frequenze simili rispetto alle code dei crotali.

 

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Un’esca per i roditori

Pare che molte specie di roditori, attivi di notte, utilizzino l’impronta fluorescente delle spighe per identificare le piante di cui nutrirsi. D’altro canto, gli studi hanno ampiamente dimostrato che i crotali in attesa delle prede posizionano il sonaglio molto vicino alla testa. Alla luce… della luce fluorescente, si ipotizza che il sonaglio dei crotali adulti funzioni come esca per i roditori: fingendo di essere una spiga, attirano le prede verso il micidiale morso velenoso del serpente. È quindi possibile che il sonaglio non si sia evoluto per difesa, ma come esca per le prede.
Naturalmente occorreranno altri studi per avvalorare questa ipotesi, ma la biofluorescenza ha aperto un nuovo mondo per gli etologi e gli zoologi di campo e per comprendere comportamenti ed evoluzione dei rapporti tra predatori e prede.

 

Immagine di copertina: copyright Rohit Naniwadekar – Wikimedia

Marco Signore
Marco Signore
Laureato a Napoli in Scienze Naturali, PhD all'Università di Bristol in paleobiologia con specializzazioni in morfologia e tafonomia, è nella divulgazione scientifica da quasi 20 anni, e lavora presso la Stazione Zoologica di Napoli "Anton Dohrn". Nel tempo libero si occupa anche di archeologia, oplologia, musica, e cultura e divulgazione ludica.
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