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26 Lug 2023

Predazione o sfortuna? Ipotesi a confronto

Marco Signore

Marco Signore
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Un piccolo mammifero contro un grande dinosauro

Da poco è stato pubblicato su Nature un articolo riguardante un interessante fossile, che gli autori dello studio hanno immediatamente etichettato come “lotta per la sopravvivenza nel Mesozoico”.

Il fossile proviene dai depositi cinesi dello Yixian, datati al Cretaceo inferiore (circa 125 milioni di anni fa). Si tratta di uno scheletro di Psittacosaurus, un dinosauro piuttosto frequente nell’area, su cui si è conservato lo scheletro di un piccolo mammifero, Repenomamus.

Sulla base del fatto che il mammifero sembra mordere la presunta vittima, questo interessante e assai completo fossile è stato interpretato come un chiaro caso di predazione da parte di un mammifero su un (più grande) dinosauro.

Entrambi gli animali sarebbero morti mentre lottavano, seppelliti da una colata piroclastica. Sì, perché l’ambiente in cui affiorano questi fossili si è originato da una serie di colate piroclastiche dovute ad antiche eruzioni. Una specie di Pompei – o, meglio ancora, di Ercolano – del Mesozoico.

 

Un ritrovamento simile

Un precedente fossile dalla Mongolia, un Velociraptor che si sarebbe fossilizzato in uno scontro con un Protoceratops, suscitò molto scalpore e diede forse il primo vero segno che i dinosauri non erano semplici ossa fossili, ma, una volta, animali vivi e attivi.

Ora questo nuovo ritrovamento fornirebbe interessanti implicazioni: un cacciatore fossilizzato mentre lottava con la sua preda. Oppure non è andata così? Naturalmente, l’idea della lotta tra due animali ha molto più appeal, ma le altre possibilità sono state scartate dagli autori in maniera decisamente sbrigativa.

 

L’ipotesi scartata: non predatore, ma necrofago
La posizione di Repenomamus, che si trova al di sopra di Psittacosaurus (tre volte più grande di lui), è vista dagli autori dell’articolo come una chiara prova di aggressione del mammifero al dinosauro.

La possibilità di un Repenomamus disperatamente affamato, che tenta di mangiare i resti di uno Psittacosaurus appena ucciso dal vulcano, viene scartata sulla base del fatto che in questo caso il mammifero avrebbe iniziato a mangiare dal livello del terreno. Inoltre, la postura dello Psittacosaurus è curva, come anche quella del mammifero. Evidenze di qualcos’altro? O semplici conseguenze di due animali che lottavano sorpresi da una colata piroclastica ad alta velocità?

Le altre ragioni per cui viene scartata la possibilità di un cercatore di carogne sono la zampa anteriore del mammifero stretta attorno a quella del dinosauro, e la mancanza di segni di denti sul resto del corpo della “preda”.

Esiste, a onor del vero, un precedente: resti di Psittacosaurus neonati nello stomaco di un Repenonamus adulto. Plausibilissimo, quindi, che un predatore opportunista mangiasse qualsiasi cosa più piccola e debole.

 

Un’altra ipotesi: opportunismo finito male
Quello che vistosamente manca nell’articolo che illustra un così bel fossile è un’analisi dettagliata degli eventi sedimentari. Così, se l’ipotesi del combattimento finito male per entrambi può piacere al pubblico e magari è anche correttissima, scartare l’altra idea senza studiarla a fondo è un po’ affrettato a vantaggio della visibilità.

In effetti, la postura curva degli scheletri, piuttosto comune nell’area, è altrettanto comune in altri depositi da nube ardente (il cane ritrovato a Pompei è un buon esempio).

La mancanza di trasporto non è significativa (di nuovo, guardiamo agli scheletri di Ercolano o di Pompei), mentre invece la possibilità che un mammifero disperato stesse tentando di mangiare ciò che emergeva da una coltre di cenere ancora calda e fosse stato sorpreso dalla colata piroclastica successiva è altrettanto, se non più, probabile, e richiederebbe uno studio più approfondito. Gli intervalli brevi tra nubi ardenti durante un’eruzione sono, infatti, ben documentati dai vulcanologi.

Attenderemo, quindi, nuove ricerche su questo spettacolare fossile cinese.

Marco Signore
Marco Signore
Laureato a Napoli in Scienze Naturali, PhD all'Università di Bristol in paleobiologia con specializzazioni in morfologia e tafonomia, è nella divulgazione scientifica da quasi 20 anni, e lavora presso la Stazione Zoologica di Napoli "Anton Dohrn". Nel tempo libero si occupa anche di archeologia, oplologia, musica, e cultura e divulgazione ludica.
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