Recentemente diverse testate, tra cui alcune blasonate come il Daily Telegraph, hanno riportato una notizia che starebbe certamente bene in un archivio di criptozoologia, non tanto come esempio di riscoperte di specie considerate estinte, quanto come ottimo modo per diffondere male (per errore o per calcolo, come purtroppo accade alle volte) una notizia altrimenti meno interessante per il grande pubblico. Un’équipe di ricercatori italiani ha infatti reso noto di aver ritrovato in Sicilia una specie di serpente prima sconosciuta tra i serpenti italiani. Si tratta dell’Eryx jaculus, o “boa delle sabbie”.
Recentemente diverse testate, tra cui alcune blasonate come il Daily Telegraph, hanno riportato una notizia che starebbe certamente bene in un archivio di criptozoologia; non tanto come esempio di riscoperte di specie considerate estinte, quanto come ottimo modo per diffondere male (per errore o per calcolo, come purtroppo accade alle volte) una notizia altrimenti meno interessante per il grande pubblico. Un’équipe di ricercatori italiani ha infatti reso noto di aver ritrovato in Sicilia una specie di serpente prima sconosciuta tra i serpenti italiani. Si tratta dell’Eryx jaculus, o “boa delle sabbie”.
Un ottimo esempio di investigazione criptozoologica
Partendo da una notizia trasmessa da un canale televisivo locale in Sicilia, il team, guidato da G. Insacco, ha iniziato le ricerche su una specie che a quanto pare gli abitanti locali conoscevano bene, ma che era sconosciuta alla zoologia ufficiale. Utilizzando un approccio non certo da laboratorio, bensì da ricerca di campo, gli studiosi hanno investigato nella zona conducendo interviste, campionando sul terreno, e basandosi su ogni tipo di ritrovamento, inclusi i roadkill (cioè i resti di animali uccisi dalle auto). Il risultato finale ha premiato il gruppo di erpetologi, e la specie Eryx jaculus fa ora parte ufficialmente dell’erpetofauna italiana. Le ragioni della presenza di questo serpente così distante dalle sue normali aree di diffusione (Europa orientale, Medio Oriente, Africa) sono probabilmente da ricercare, come spiegano gli studiosi in un articolo su Acta Herpetologica, nel trasporto o allevamento a opera dei Greci durante la loro colonizzazione della Sicilia. Forse questo animale era considerato sacro o comunque tenuto per ragioni religiose (o ecologiche). O forse veniva usato in guerra?
Un pessimo esempio di comunicazione
Di fatto, alcune testate non specialistiche hanno ripreso questa notizia badando a mezzo rigo dell’articolo scientifico in cui si fa un riferimento estremamente sommario a un’ipotesi secondo la quale i Greci utilizzavano questi serpenti come armi da lancio nei combattimenti navali. Tale ipotesi, associata con il nome inglese dell’animale (“Boa giavellotto delle sabbie”) ha montato la notizia, che è emersa come “ritrovato serpente usato come arma dai greci”. Insomma, una grande scoperta per l’erpetofauna e per la conservazione naturalistica italiana si è trasformata in uno scoop grossolano su qualcosa che nemmeno esiste – tra l’altro il povero Eryx è assolutamente innocuo, non essendo velenoso. Un bell’esempio di come si conducono ricerche sul campo, ma un brutto esempio di come i canali di informazione di massa considerino le scienze come una specie di favola su cui scrivere quel che fa trend.