Al termine della Seconda guerra mondiale, l’AGIP guidata allora da Enrico Mattei iniziò a scandagliare l’Italia alla ricerca di petrolio, nella speranza di scovare un tesoro energetico. L’entusiasmo di quegli anni è ben rappresentato da una grande operazione commerciale di AGIP, che chiamò Supercortemaggiore la propria benzina, in omaggio al comune piacentino dove le ricerche petrolifere portarono qualche risultato. Il sogno durò poco. Furono scoperti diversi giacimenti lungo lo Stivale, ma si trattava di modeste “sacche”, incapaci di sostenere l’impetuoso sviluppo economico dell’epoca. Le prospettive non cambiarono con la scoperta del maggiore giacimento petrolifero dell’Europa continentale, in Basilicata, all’inizio degli anni ’90.
L’avvento del metano
Col metano andò meglio. Mattei credeva nelle prospettive di quello che molti, all’epoca, consideravano solo un fastidioso intruso nelle operazioni di ricerca ed estrazione del petrolio. La produzione nazionale di gas aumentò sino al 1994, per poi crollare ai valori attuali (5% dei consumi). Dagli anni ’70 però, per far fronte alla crescente domanda, iniziarono massicce importazioni da Unione Sovietica e Olanda, e in seguito dall’Algeria.
In un’Italia che si scaldava con legna e carbone, l’avvento del metano nazionale negli anni del boom economico fu certamente un progresso rilevante in termini di riduzione dell’inquinamento atmosferico (e non solo). L’idea però si allargò a dismisura – anche grazie a leggendarie campagne pubblicitarie – fino a convincere erroneamente molti italiani che il metano fosse “pulito”.
Il metano è un gas serra decine di volte più potente della CO2. Il pozzo di estrazione e il consumatore finale oggi distano spesso migliaia di chilometri. Lungo la catena che li connette (tubi, navi, compressori, valvole, impianti di trattamento, liquefazione e rigassificazione) il metano trova numerose vie di fuga in atmosfera. Anche la caldaia o il fornello di casa emettono metano, perché nessun bruciatore al mondo consuma tutto il gas in ingresso.
Durante una campagna di misura con telecamere a infrarossi, ho visto coi miei occhi che un grande impianto di trattamento e stoccaggio di metano italiano è un colabrodo: fuoriesce metano ovunque. A livello mondiale, la stima delle perdite di metano nell’industria energetica ammonta a 140 miliardi di metri cubi, ovvero più della somma dei consumi di Italia e Germania. Parte deriva dal cosiddetto venting, cioè il rilascio deliberato di metano in atmosfera, ad esempio nei giacimenti di carbone “spurgati” dal famigerato grisù, minaccia mortale per le attività di estrazione.
Negli ultimi vent’anni, negli Stati Uniti, il boom dell’estrazione di metano con il fracking ha aumentato a dismisura le emissioni in atmosfera. È un disastro ambientale di cui siamo corresponsabili, dato che oggi questo gas è importato anche in Italia.
L’impatto ambientale del metano
La filiera mondiale del gas impatta negativamente anche sulla qualità dell’aria. Il metano è precursore di ozono nei bassi strati dell’atmosfera, un veleno che solo in Italia causa oltre 5000 morti premature l’anno.
Si stima che nel mondo vengano bruciati annualmente 130 miliardi di metri cubi di metano presso i pozzi petroliferi (flaring), in assenza delle infrastrutture per renderlo fruibile. A dispetto della già evocata convinzione popolare, il metano non è pulito neanche quando brucia: genera polveri ultrafini, formaldeide, ossidi di azoto. Questi ultimi sono i principali precursori di PM2,5 di origine secondaria osservati nei picchi invernali di inquinamento in Pianura Padana. Nelle legislazioni ambientali più avanzate, i fornelli a gas in cucina vengono progressivamente vietati per tutelare la salute umana.
Una volta sentii un collega affermare che le centrali termoelettriche a metano in Pianura Padana pulivano l’aria, perché i fumi delle ciminiere erano più puliti dell’aria in ingresso. Il metano ci ha portato benessere e continueremo a usarlo per diversi anni – ma sempre meno – nel corso della transizione. Però adesso basta favole: raccontiamola tutta sul suo impatto su clima, ambiente e salute. E bonifichiamo le perdite.