Mark Kac, valentissimo matematico di origine polacca, grande studioso delle leggi aleatorie e della teoria della probabilità che le regola, nella sua brillante autobiografia Gli enigmi del caso si avventurò a sostenere che nella scienza, così come in tutti i campi in cui l’uomo si è cimentato, vi sono due tipi di geni, quelli che lui chiamò i “geni ordinari” e gli “stregoni”. Affidandoci alle sue parole, «un genio ordinario è come uno di noi, e noi potremmo essere come lui se solo fossimo molte volte più bravi. Non vi è mistero su come la sua mente lavora: visto il risultato, sentiamo che sicuramente anche noi saremmo stati in grado di giungervi». Per gli stregoni, invece, il discorso è completamente diverso. Gli stregoni vivono semplicemente in un altro mondo e «i loro processi mentali ci sono completamente incomprensibili. Potremo capire il risultato finale, ma come vi siano pervenuti resterà sempre un mistero». Kac pensava a due grandissimi scienziati del XX secolo: Hans Bethe – il fisico nucleare che ha svelato come nasce e muore una stella – quale massimo esempio di genio ordinario e Richard Feynman – il fisico teorico che ha capito le leggi dell’elettrodinamica quantistica – quale campione indiscusso di capo stregone della fisica.
La grandezza impareggiabile di Dante
Trasferendo queste sue considerazioni al Trecento, se Marco Polo – quel raffinatissimo osservatore della geografia e dei costumi del mondo – è senz’altro il genio ordinario di quel secolo, la palma dello stregone va invece sicuramente assegnata a Dante Alighieri, l’uomo dalla sapienza enciclopedica, il poeta completamente a suo agio con la filosofia, l’astronomia, la geometria e la scienza tutta dell’epoca.
Il genio stregone non si accontenta di scoprire come funziona il mondo, vuole crearne a tutti i costi uno tutto suo. Ed ecco allora la Commedia. «Il miglior libro scritto dagli uomini», dice Borges, come a suggerire che un testo migliore può solo essere scritto dagli Dei.
La Divina Commedia: un diamante dalle mille sfaccettature
La Divina Commedia è un libro per cristallografici, perché è un unico, grande cristallo di 14233 facce. Un cristallo che riflette e rifrange la luce come in un gigantesco caleidoscopio, in cui il raggio luminoso emergente da uno spigolo rientra in un altro, creando dal nulla un grandioso e paradossale ologramma dell’harmonia mundi, del pensiero simbolico, sacro e scientifico del nostro lontano Medioevo. Uno splendido diamante che continua ad ammaliarci con la policromia della luce che emana e con il dolce suono della voce delle donne, con l’urlo dei dannati e il canto dei beati, con l’arditissima geometria dei mondi ultraterreni e la simbologia del numero.
C’è una branca della matematica, la nobile Teoria dei Gruppi, preposta allo studio di tutte le simmetrie in Natura: oltre ai segreti delle curve ellittiche o degli spazi multidimensionali, questa teoria dovrebbe anche svelare tutte le partiture, tutte le permutazioni, tutte le forme di energia nascoste nel retro dell’impareggiabile oceano di parole abbracciato dalla Commedia.
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