Wangari Maathai, biologa kenyana scomparsa nel 2011, è stata la prima donna africana a ricevere il premio Nobel per la pace nel 2004. Per fermare il deserto e porre un argine alla deforestazione e all’erosione del suolo, Maathai pianta alberi di acacia nelle terre dell’Africa centrale. Fonda il Green Belt Movement contro la desertificazione del continente africano, diventa sottosegretario al Ministero dell’ambiente e delle risorse naturali in Kenya, e con la sua tenacia e determinazione libera l’immaginario da una rappresentazione di donna relegata allo spazio domestico. “Più sali, e meno donne trovi” dice Wangari Maathai, riferendosi alle posizioni dirigenziali in politica e più in generale nella gestione del potere economico.
Wangari Maathai, biologa kenyana scomparsa nel 2011, è stata la prima donna africana a ricevere il premio Nobel per la pace nel 2004. Per fermare il deserto e porre un argine alla deforestazione e all’erosione del suolo, Maathai pianta alberi di acacia nelle terre dell’Africa centrale. Fonda il Green Belt Movement contro la desertificazione del continente africano, diventa sottosegretario al Ministero dell’ambiente e delle risorse naturali in Kenya, e con la sua tenacia e determinazione libera l’immaginario da una rappresentazione di donna relegata allo spazio domestico. “Più sali, e meno donne trovi” dice Wangari Maathai, riferendosi alle posizioni dirigenziali in politica e più in generale nella gestione del potere economico.
Di certo, la stessa cosa si osserva nel mondo delle discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics). La Commissione Europea ha individuato l’integrazione della dimensione di genere nelle scienze, soprattutto in fisica, come una delle priorità della ricerca in Europa. Il progetto GENERA, Gender Equality Network in the European Research Area, di durata triennale (2015-2018), coinvolge 12 Paesi europei e si pone l’obiettivo di contribuire a migliorare la parità di genere nel settore della ricerca in fisica, disciplina caratterizzata, da sempre, da una bassa rappresentatività di donne ricercatrici.
Le facoltà scientifiche registrano un sostanziale pareggio fra maschi e femmine nelle iscrizioni e nel conseguimento della laurea, ma “salendo” nella scala della carriera accademica, la forbice si allarga. Quelle competenze al femminile che si disperdono, quelle voci che mancano sono importanti. Gli stereotipi di genere che sostengono il pregiudizio di una “donna non scientifica” sono ancora radicati, talvolta anche inconsapevolmente. Ancora oggi nella scuola, per esempio, le discipline scientifiche sono comunemente pensate come appannaggio maschile, mentre quelle umanistiche sono percepite più affini all’universo femminile.
La riforma della scuola italiana voluta dal filosofo neoidealista Giovanni Gentile all’inizio degli anni ’20 del secolo scorso esclude le donne dall’accesso alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Nel 1932, il discorso di apertura della Scuola così recita: “Nell’Italia fascista […] che vuole più saldi caratteri, volontà più virili […] occorrono educatori in cui la forza prevalga sulla dolcezza, e risoluti a presentare la scienza […] governata da una legge che non si piega ai mezzi termini cari alla pietà dei cuori teneri”. Per fortuna, questo odioso divieto è stato rimosso definitivamente nel 1952, e oggi queste parole che identificano la donna con “la pietà dei cuori teneri” e l’uomo con “forza e risolutezza” sono solo un documento storico. O almeno è quello che auspico…
Proprio in questi giorni, durante un workshop al CERN, un professore dell’Università di Pisa ha pubblicamente sostenuto che “La fisica è stata inventata e costruita dagli uomini, l’ingresso non è su invito”. Il CERN – tempio moderno della scienza e della ricerca – ha subito preso le distanze da queste offensive affermazioni ribadendo che “ognuno è benvenuto, e tutti hanno le stesse opportunità, a prescindere da credo religiosi, genere, nazionalità e orientamenti sessuali”. Per fortuna negli stessi giorni, a oscurare la triste notorietà dello scienziato pisano, è arrivata la notizia del premio Nobel per la Fisica assegnato, dopo 60 anni, a una scienziata, Donna Strickland, per le sue ricerche sulle proprietà del laser. Questo, sia chiaro, è il modello da seguire – sperando di non dover aspettare altri 60 anni.