La riflessione che vi propongo scaturisce da un duplice stimolo.
Il primo è legato alla visione di una delle tante statue equestri che ornano le piazze italiane: quella di Cosimo I de’ Medici, in Piazza della Signoria a Firenze. Celebri o meno celebri, belle o meno belle, rappresentazioni di questo tipo sono parte di una storia più che millenaria. A cavallo ci possiamo trovare un Giulio Cesare o un Giuseppe Garibaldi: i protagonisti cambiano ma, da un punto di vista tanto semantico quanto semiotico, il cavallo rimane lo stesso.
Il secondo stimolo proviene dalla recente lettura di un libriccino breve e intenso, L’Italia profonda di Franco Arminio e Giovanni Lindo Ferretti, in cui, in un dialogo a distanza tra i due autori, il cantante Ferretti scrive: La scelta è scontata, fa parte di me. Sempre pensieri, molte parole, azioni e negli ultimi sette anni un operare in quotidiana disciplina scandagliando un arcaico rapporto che ha segnato come un’impronta indelebile l’idea stessa della nostra civiltà: l’essere cavaliere. Un antico patto, antichi uomini e antichi cavalli lo stipularono nella notte dei tempi, a mutuo soccorso. Un patto vanificato dalla prima rivoluzione industriale che ne ha esaurito le funzioni materiali attestandone il valore: l’unità di misura della potenza meccanica che avrebbe mutato la condizione umana sulla Terra non poteva che chiamarsi cavallo/vapore. Coltivando vane speranze ed espletando un dovere verso la creazione ho allevato e addestrato sull’Appennino cavalli di nessuna utilità. Come farne a meno?
Sono cose che sappiamo ma sulla cui “traiettoria”, di solito, non riflettiamo abbastanza.
Estrazione del petrolio: un fenomeno circoscritto nel tempo
Marion King Hubbert, il geologo minerario più celebre della storia, teorico di quel picco del petrolio i cui effetti – da lui preconizzati nel 1956 – si verificarono negli anni ’70 del secolo scorso, ebbe una certa fama, anche televisiva, proprio a seguito di quella previsione che i suoi colleghi, per primi, presero sottogamba.
Di tale fama resta traccia su YouTube, potente collettore e memoria di un passato di cui altrimenti non si avrebbe cognizione: in questa interessante conversazione, avvenuta nel 1976, Hubbert offre al pubblico un po’ di spiegazioni su come funziona il mondo e su quale sia il “carburante” con il quale esso va avanti. Al minuto 25:06, dopo aver già mostrato e commentato un po’ di schede (bellissime e graficamente di una chiarezza cristallina, di cartoncino…), ne presenta una dal significativo titolo Fossil fuels in human history. In questa il picco di estrazione del petrolio, su cui Hubbert aveva riflettuto e rimuginato per una ventina d’anni, compare in tutta la sua drammaticità, in una prospettiva storica che non si limita ai nostri anni, ma prende in considerazione un intervallo appena più ampio – se paragonato a una qualunque era geologica – che è grossomodo quello della civiltà umana, circa dal 5000 a.C. al 5000 d.C. Analizzando il grafico mostrato osserviamo uno spike, una sorta di “impulso di Dirac”: prima nulla e dopo pure.
A volte basta alzare lo sguardo e immaginare tempi anche solo di poco più lunghi per capire il senso delle fortune che abbiamo (avuto).
Hubbert aveva già riflettuto in tempi non sospetti su questa prospettiva. In un articolo dal titolo Energy from Fossil Fuels pubblicato su Science nel 1949 c’è un paragrafo, “Time perspective”, in cui compare un’immagine molto simile, la cui didascalia recita “Human affairs in time perspective”, poi di nuovo riproposta diversi anni dopo in una pubblicazione specialistica come riprodotta qui di seguito:
M. King Hubbert, U.S. Energy Resources, a Review as of 1972: A Background Paper, Parte 1, p. 197.
Esaurimento del petrolio: torneremo a spostarci a cavallo?
Cosa c’entra il cavallo in tutto questo? Beh, è piuttosto facile intuirlo: siamo andati a cavallo prima e – se tutto va bene – torneremo a muoverci a cavallo dopo. Soffermiamoci un attimo a pensare: fino alla prima rivoluzione industriale anche la persona più potente del mondo (chi vi viene in mente? A me, per esempio, Napoleone) il massimo che poteva fare per spostarsi fisicamente dal punto A al punto B era andare a cavallo; adesso chiunque può decidere in mezza giornata, ma anche meno, di pianificare un viaggio dall’altra parte del mondo e, avendone la disponibilità economica, farlo.
Bello, no? Ma può durare a tempo indefinito una situazione di questo genere? La risposta (ovvia) è no, e i motivi sono diversi e quasi tutti piuttosto noti. Poche persone però ci pensano, perché è difficile comprendere quanto il mondo funzionasse diversamente prima di noi, ed è ancora più difficile credere che in futuro tutto possa essere di nuovo così diverso.
Magari non torneremo al cavallo, la mia vuole (anche) essere una provocazione, ma certamente la quantità di energia disponibile pro capite sarà destinata a diminuire, e con essa molte cose che ci riguardano da vicino, tra le quali senz’altro la mobilità.
In questo senso le statue equestri non solo sono ricordo di un glorioso passato, ma si fanno involontariamente “monito energetico”: ciò che era potrebbe tornare a essere, dopo quasi due secoli di “ubriacatura” energetica.

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