I suoni sono vibrazioni dell’aria che colpiscono i nostri timpani. All’inizio dell’era della loro riproduzione, a partire dal fonografo di Edison nel 1877, si utilizzava il metodo analogico: la vibrazione dell’aria veniva trasformata in un’analoga vibrazione del segnale elettrico e viceversa. Solo a partire dal 1979 si è avuto un graduale passaggio alla musica digitale, ottenibile attraverso la conversione dei segnali analogici in segnali numerici.
I suoni sono vibrazioni dell’aria che colpiscono i nostri timpani. All’inizio dell’era della loro riproduzione, a partire dal fonografo di Edison nel 1877, si utilizzava il metodo analogico: la vibrazione dell’aria veniva trasformata in un’analoga vibrazione del segnale elettrico e viceversa. Solo a partire dal 1979 si è avuto un graduale passaggio alla musica digitale, ottenibile attraverso la conversione dei segnali analogici in segnali numerici. La qualità del suono dipende dalla frequenza di campionamento, che rappresenta il numero di volte nell’unità di tempo, ossia gli Hertz, in cui il segnale analogico viene memorizzato in formato numerico. Per i CD audio la frequenza di campionamento è di 44.100 Hertz, valore ottenuto a partire dalle massime frequenze udibili dall’orecchio umano e dal teorema di Nyquist-Shannon, e il suono digitale è in questo caso praticamente indistinguibile dall’originale analogico. Tutto bene, se non fosse che l’occupazione di memoria in questo caso è pari a circa 10 Mb per ogni minuto di suono campionato, una mole di dati tali da rendere impossibile la trasmissione e fruizione della musica, non solo attraverso le attuali connessioni internet 3G e Wi-Fi, ma anche nei comuni lettori musicali.
Ridurre il “peso” dei file musicali: arriva l’mp3
Come fare allora per ridurre il peso di questi file musicali senza peggiorarne in modo sostanziale la qualità sonora? È qui che la matematica entra nuovamente in azione: attraverso gli algoritmi di compressione audio di tipo “lossy” (ossia con perdita di dati) è possibile ottenere file compressi dieci volte più piccoli degli originali, senza che il nostro udito riesca praticamente ad accorgersene. Algoritmi di questo tipo corrispondono ai formati audio maggiormente utilizzati: mp3, ogg vorbis, aac, WMA lossy. Prendiamo per esempio il formato mp3 (che è una sigla per Mpeg-1 Layer III Standard) un algoritmo che si basa su modelli di tipo psicoacustico sviluppato in Germania alla fine degli anni Ottanta, in una collaborazione tra il Fraunhofer IIS e l’Università di Erlangen-Nuremberg. Al posto di peggiorare la qualità di tutto il file, si selezionano le frequenze più facilmente udibili, che vengono preservate integralmente, si scartano del tutto gli elementi non udibili e si semplificano, con minor risoluzione, quelli scarsamente udibili. Ecco allora che diventa possibile, con un po’ di matematica, ascoltare buona musica anche sotto l’ombrellone, dove sarebbe piuttosto difficile portare un giradischi…