Durante un’epidemia ogni infetto può contagiare altre persone, il rischio è quindi che la crescita del numero dei malati sia esponenziale (si veda “Fisica? Un gioco”, Sapere n. 4/2017) da cui i tentativi di contenere il contagio (si veda “Diamo i numeri”, Sapere n. 2/2020). Come capire se le azioni di contenimento funzionano, però, o se l’epidemia è in una fase di crescita incontrollata? Su quali numeri porre attenzione? Come studiarli?
Quali sono i possibili dati da studiare?
Le possibilità sono molteplici, purtroppo però alcune, vuoi per mancanza di tempo, vuoi per mancanza di fondi, personale o strutture, non sono praticabili. Per esempio il fare un tampone a tappeto a tutta la popolazione, unica soluzione che darebbe un’immagine reale della situazione e permetterebbe di isolare tutti gli infetti contemporaneamente, resta una via impraticabile. Soprattutto in una popolazione di 60 milioni di persone, come in Italia. Oppure il controllare gli accessi alla terapia intensiva o i decessi (unici dati certi) non è sufficiente, soprattutto perché sono una fotografia della situazione di 10, 15 o anche 20 giorni prima, e quando sei inseguito da un esponenziale bisogna giocare nel presente, se non d’anticipo. Va da sé che anche il fare tamponi ai soli sintomatici e ai loro parenti è un campione poco rappresentativo di un’intera popolazione. Interessante può essere studiare l’andamento dei tamponi positivi in proporzione ai tamponi fatti, perché mentre il dato nudo (il numero dei positivi) dipende anche da quanti tamponi si fanno, il dato percentuale fornisce un andamento indipendente dall’azione di controllo. Oppure si potrebbe prendere un campione rappresentativo (vario per sesso, età, provenienza) sufficientemente grande e sottoporre solo questi individui al test per poi dedurre, in proporzione, quale sia la situazione a livello nazionale.
Come sempre “il giusto” è nel mezzo. O meglio, una “media” di tutti questi dati. Chi studia infatti seriamente l’andamento dei contagi tiene d’occhio tutti questi fattori e non solo uno. L’obiettivo è capire, come anticipavo, se si sia o meno abbandonata la crescita esponenziale, nella speranza di aver raggiunto il fantomatico picco dei contagi. Ma come fare a capire se un aumento è esponenziale o altro?
Esponenziale e picco: cosa significano per i dati del contagio
Il logaritmo è, dell’esponenziale, l’operazione inversa. Se quindi fare l’esponenziale di un numero a significa elevarlo a un certo valore, calcolare il logaritmo di un numero in base a vuol dire chiedersi quale sia l’esponente da dare alla base per ottenere il numero di partenza. Esempio: 10 elevato alla 3 fa 1000. Il logaritmo in base 10 di 1000 è 3. Questo torna utile per studiare come crescono i dati che ci interessano!
Se una certa grandezza, come gli infetti durante una epidemia, cresce esponenzialmente il suo valore diverge velocemente! Mettiamo, per pura ipotesi, che raddoppi ogni giorno: avremmo 1 il primo giorno, poi 2 il secondo, poi 4, 8, 16 per arrivare a 1024 il decimo giorno. Riportando i dati su di un grafico si otterrebbe la classica curva esponenziale. Bene, se invece che il dato puro si riportasse il suo logaritmo si otterrebbe una retta. Seguendo il nostro esempio, il logaritmo in base 2 di 2 è 1, quello di 4 è 2, quello di 8 è 3 e così via sino a quello di 1024 che è 10 (la base scelta non cambierebbe il ragionamento di una virgola, complicherebbe solo i conti).
Ecco come capire “ad occhio” se i contagi sono su un esponenziale o meno: si possono riportare i dati su cui vogliamo porre il nostro interesse in scala logaritmica e vedere se sono, Dio ce ne scampi, una retta o se si incurvano, con sempre minor pendenza.
Bene: oggi, in Italia, tutti i dati analizzati in scala logaritmica, in riferimento al Covid-19, hanno abbandonato l’andamento rettilineo.