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19 Lug 2021

Gli scacchi e la matematica: dalle leggende alle moderne IA

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Il 20 luglio si celebra in tutto il mondo la Giornata Internazionale degli Scacchi. Ma sapevate che la nascita degli scacchi, secondo la leggenda, è legata a un uso molto acuto della matematica? E che la moderna e sofisticata teoria dei giochi si occupa di questo stimolante passatempo? Non solo, anche la ricerca sull’intelligenza artificiale studia gli scacchi per sviluppare nuovi algoritmi capaci di battere gli esseri umani. Ripercorriamo dunque lo stretto legame tra matematica e scacchi, non mancheranno le sorprese!

 

La nascita degli scacchi e la leggenda del riso

L’antichissimo gioco degli scacchi è profondamente collegato al mondo della matematica.
Si narra, come raccontato in questo libro, che fu inventato dal bramino Lahur Sessa per rendere felice un re, triste per la perdita del figlio. Per dimostrargli la sua riconoscenza, un giorno il re gli chiese di esprimere un qualsiasi desiderio e Sessa chiese: “Un chicco di grano per la prima casella della scacchiera, due per la seconda, quattro per la terza, otto per la quarta e così via, raddoppiando la quantità a ogni casella fino alla sessantaquattresima e ultima”.
La richiesta sembrò inizialmente assai modesta, fino a quando i matematici di corte si accorsero che per esaudirla non sarebbero bastati i raccolti di tutto il regno per ottocento anni. Si trattava di più di 18 miliardi di miliardi di chicchi, circa 3 chicchi e mezzo per ogni centimetro quadrato di superficie terrestre.
Un’altra versione della leggenda, raccontata qui, narra che un mendicante cinese, affamato, chiese umilmente all’imperatore che gli fosse dato un po’ di riso secondo la regola della scacchiera. Il primo giorno l’imperatore avrebbe messo due chicchi di riso sulla prima casella, il secondo giorno quattro chicchi sulla seconda casella, il terzo otto chicchi sulla terza casella, e così via. L’imperatore, ingenuamente, acconsentì, senza intuire che stava per mandare in rovina il suo impero. Il numero di chicchi di riso sarebbe raddoppiato ogni giorno, e dopo 64 giorni il mendicante avrebbe ricevuto 264 = 18 446 744 073 709 551 616 chicchi di riso!

 

La geometria analitica degli scacchi

Nell’ultimo volume della loro quadrilogia La matematica e la sua storia, Bruno D’Amore e Silvia Sbaragli fanno notare che: «Tra i giochi popolari, più di ogni altro sorprende per la sua vicinanza al mondo della matematica quello degli scacchi, antichissimo (ben noto in Italia già nell’XI secolo, ma si pensi che il nome scacco deriva dal persiano shàh, re) e già studiato dal punto di vista matematico dal XIII secolo (i primi trattati appaiono in Spagna e Portogallo)».
In effetti, dopo il 1575 il predominio della scuola italiana è soprattutto dovuto al fatto che gli scacchi sono studiati scientificamente, come una teoria combinatoria, né più né meno di una teoria formale; nasce la scaccografia, cioè la “geometria analitica degli scacchi”, il cui fondamento è il piano cartesiano formato da 64 coppie ordinate di lettere e numeri, da a a h e da 1 a 8; essa costituisce un motivo in più per gli appassionati di scacchi di rivolgersi alla matematica per ottenere metodologie di analisi del gioco, nelle diverse situazioni.
Prima ancora che si diffondesse tra i matematici l’uso di elencare preliminarmente in modo esplicito gli assiomi nella costruzione di una teoria, si era già diffusa la mentalità assiomatica tra i giocatori di scacchi: le regole e i termini del gioco andavano pattuiti prima e su essi i giocatori dovevano obbligatoriamente concordare, pena l’impossibilità di giocare. Non solo, ma mentre per secoli il matematico ha usato il “buon senso comune” come linguaggio metamatematico (nel senso che la teoria della dimostrazione è nata recentemente, mentre prima le tecniche dimostrative erano basate sull’ovvietà dei passaggi), nel gioco degli scacchi (o meglio, nelle sue diverse formalizzazioni) le norme sulle regole da seguire erano sempre ben evidenti. Per esempio, le mosse oggigiorno universalmente accettate per alfiere e cavallo non sono quelle originarie, ma sono quelle di scuola francese del XVII secolo; ciò significa che una regola nuova è stata proposta per ovviare a inconvenienti o per ricavare un “gioco nuovo” a partire dal “gioco vecchio” e ciò non può essere avvenuto senza una discussione sulle regole e su situazioni particolari del gioco.
I giochi, per la loro stessa natura, tendono a nascere come passatempo e si sviluppano dapprima in via intuitiva (un giocatore più capace di un altro crea una rudimentale tecnica per vincere più spesso del suo avversario); accade però che molti giochi abbiano la possibilità di far nascere congetture e situazioni possibili, tali da costituire ben presto fonte di studi formali.

 

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La teoria dei giochi e gli scacchi

Che cos’è un gioco secondo la teoria dei giochi? Per von Neumann e Morgenstern, fondatori della teoria, il gioco è semplicemente la totalità delle regole che lo descrivono. Oltre agli scacchi, alla dama, ai giochi di carte, a vari giochi competitivi infantili ecc., nella vasta categoria dei giochi, rientrano per esempio la guerra, l’elaborazione di una teoria matematica una volta fissati i postulati, le operazioni di mercato e così via.
Se capita che ogni giocatore, al momento di operare una mossa, è teoricamente in grado di valutare esattamente quanto è accaduto in precedenza e di conoscere le modificazioni apportate da tutte le mosse eseguite, il gioco è detto “a informazione perfetta”. Per esempio, il gioco del poker non è a informazione perfetta perché un giocatore non conosce le carte dell’avversario anche se riceve delle informazioni dalle “puntate” che questo fa. Il gioco degli scacchi è invece a informazione perfetta in quanto ogni giocatore ha potenzialmente la possibilità di conoscere e di valutare le mosse effettuate fino a quel momento dall’avversario.

 

Calcolare la strategia giusta per dare scacco matto

Tuttavia, negli scacchi come in altri giochi, le mosse, le regole e quindi le situazioni possibili sono tante e talmente complesse che è praticamente impossibile calcolarne il punto di sella, cioè la strategia ottimale perché il gioco sia risolto o determinato (per saperne di più dal punto di vista matematico si veda questo libro). Il “praticamente” sta a significare una impossibilità di carattere empirico. Se in un gioco vi sono una quantità finita ma altissima di coppie di strategie possibili, pur se teoricamente vi sarebbe la possibilità di risolvere il gioco, può accadere che, di fatto, la cosa sia assai ardua o addirittura impossibile. Per esempio, nel gioco degli scacchi, la sola mossa d’apertura ha 36 alternative (32 diverse delle pedine, 4 dei cavalli). Per ciò che riguarda le possibilità relative alla seconda mossa, sono già in numero enorme, variando al variare della prima mossa. Verso metà partita, il numero delle alternative, intese complessivamente, assume un valore talmente grande che è praticamente incalcolabile, e che è stato scherzosamente denominato “googol” e supposto del valore di circa 10100. Dopo metà della partita il numero decresce, prima con una certa lentezza, poi rapidamente. Alla fine della partita è un numero facilmente calcolabile. In generale, quando si raggiunge la situazione precedente a quella di “scacco matto”, il numero di possibilità è piccolo e finisce con il tendere a valori bassi.
Nulla vieta di pensare che la strategia ottimale sia teoricamente prevedibile solo conoscendo le regole del gioco, gli scacchi o qualunque altro. E la teoria dei giochi è nata infatti proprio per ridurre al minimo i problemi di scelta mediante la ricerca di una strategia ottimale deducibile dall’insieme di tutte le possibili alternative del gioco. Tuttavia per un gioco assai complesso, come quello degli scacchi, Morgenstern affermò che: «Il numero delle combinazioni nel gioco degli scacchi è talmente elevato che ancor oggi non è possibile calcolarla» (lasciando aperte prospettive per il futuro).

 

Gli scacchi e l’intelligenza artificiale

 

Comunque, quello che per gli esseri umani è difficile, se non impossibile, potrebbe essere consentito alle macchine. Come si spiega bene qui, all’inizio degli anni ’80 i ricercatori nel campo dell’intelligenza artificiale compresero che non avevano né l’hardware né le conoscenze sufficienti per simulare tutto ciò che può fare un essere umano, e anziché lavorare verso una singola intelligenza artificiale equivalente all’uomo, i gruppi di ricerca si separarono dedicandosi allo studio di singoli aspetti del problema: il riconoscimento vocale, la visione artificiale, l’inferenza probabilistica… e gli scacchi appunto.
Nel 1997 Deep Blue, un computer dell’IBM, sconfisse il campione mondiale degli scacchi Garry Kasparov. Per trovare la mossa giusta, Deep Blue poteva calcolare 200 milioni di posizioni dei pezzi al secondo. Tale capacità gli permetteva di valutare rapidamente in anticipo diverse sequenze per vedere dove lo avrebbero condotto. Deep Blue vinse in modo incredibile in un gioco che richiedeva rigore intellettuale.
Certo, vinceva agli scacchi ma non era in grado di discutere la strategia adottata, né di giocare a qualsiasi altro gioco. Però è un altro esempio di come gli scacchi siano imprescindibilmente legati alla ricerca matematica e tecnologica e di quanto possiamo ancora imparare da questo gioco millenario. Quale sarà il futuro degli scacchi?

REDAZIONE
La Redazione del sito saperescienza.it è curata da Micaela Ranieri dal 2019, in precedenza hanno collaborato Stefano Pisani e Alessia Colaianni.
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