L’importanza di una buona capacità diagnostica e di screening in una situazione come quella presente di pandemia virale è inconfutabile. Sono diversi gli strumenti per rilevare le infezioni da nuovo coronavirus: i principali sono il tampone molecolare naso/oro-faringeo, utilizzato fin dall’inizio della diffusione del virus, e i test antigenici, fortemente promossi di recente per lo screening, in quanto possono essere attuati con esami poco invasivi e soprattutto consentono un’elaborazione rapida dei risultati (15-60 minuti contro le 24-48 ore del molecolare).
Test antigenico o tampone molecolare?
I test antigenici rapidi sono però stati accusati di una minore accuratezza, e il “gold standard” nel caso di un sospetto caso di COVID-19 rimane sottoporsi al tampone molecolare. Ma come è possibile confrontare con precisione test diversi in termini della loro affidabilità?
Quando si sperimenta una nuova tecnica diagnostica (non solo per il SARS-CoV-2), la si sottopone innanzitutto a individui di cui si conosce lo stato di salute: tale indagine permette di determinare la sensibilità del test, che corrisponde alla frazione dei risultati positivi corretti rispetto alla totalità dei test sottoposti a individui malati, e la sua specificità, corrispondente invece alla frazione dei veri negativi rispetto ai test sottoposti a individui sani. Ad esempio, se un nuovo test viene sottoposto a 100 individui malati e 100 individui sani, risultando in un falso positivo e in due falsi negativi, la sensibilità del test è del 98% (ovvero 98 individui malati su 100 sono stati correttamente diagnosticati da un test positivo, mentre i test sottoposti a 2 degli individui malati sono risultati falsi negativi) e una specificità del 99% (ovvero 99 individui sani su 100 sono stati correttamente diagnosticati da un test negativo).
Il parametro che realmente determina se un test è affidabile è tuttavia il suo cosiddetto valore predittivo, ovvero la frequenza con cui il test ha un esito corretto, senza conoscere a priori lo stato di salute della persona che vi si è sottoposta: è anzi proprio questa informazione sullo stato di salute che il test intende diagnosticare!
In base al possibile esito (positivo o negativo) del test, si è soliti distinguere un valore predittivo positivo (VPP, ovvero la frequenza con il cui il test identifica correttamente un individuo malato) e un valore predittivo negativo (VPN, ovvero quella con cui il test identifica correttamente un individuo sano). Si noti come, ad esempio, il VPP e la sensibilità di un test (e similmente il suo VPN e la sua specificità) siano concettualmente due parametri differenti: la sensibilità determina, sapendo che l’individuo è malato, con che probabilità il test avrà esito positivo; al contrario, il valore predittivo positivo determina, sapendo che il test ha avuto esito positivo, la probabilità che l’individuo sia malato.
Come si calcola l’affidabilità di un test?
Dal punto di vista matematico, è utile interpretare come abbiamo appena fatto le frequenze che determinano i vari parametri del test (sensibilità, specificità, valori predittivi) come probabilità, e più specificamente come probabilità condizionate: il calcolo della probabilità condizionata di un evento è influenzato dalla conoscenza del fatto che un altro evento si è verificato (sapendo che…).
Le definizioni di VPP e di sensibilità differiscono dunque per lo scambio nel ruolo di evento condizionante e di evento condizionato fra “essere malati” e “risultare positivi al test”. Come detto, l’affidabilità del test è misurata dal VPP, ma solo sensibilità e specificità del test sono noti a seguito di indagini in condizioni controllate.
Fortunatamente, esiste un modo di determinare il VPP, di fatto invertendo nel calcolo della probabilità l’evento condizionante con l’evento condizionato: si tratta della formula di Bayes, che prende il nome dal reverendo inglese Thomas Bayes, vissuto nel XVIII secolo e da molti considerato uno dei padri fondatori del calcolo delle probabilità e della statistica. Conoscendo la prevalenza della malattia, ovvero la frazione della popolazione affetta da essa, la formula di Bayes per il VPP afferma che
dove tutte le quantità coinvolte sono espresse come percentuali. Similmente, si può utilizzare la formula di Bayes per determinare il VPN:
Covid: quanto è affidabile un test antigenico rapido?
Per ritornare all’affidabilità dei test antigenici rapidi per il SARS-CoV-2, i loro produttori dichiarano valori per la sensibilità fra il 70% e l’86%, e fra il 95% e il 97% per la specificità. Sulla base dei dati diffusi al momento in cui questo articolo viene scritto, è ragionevole assumere che la prevalenza della COVID-19 nella popolazione italiana si attesti attorno all’1%. Dalle formule riportate sopra è quindi possibile dedurre che un test antigenico rapido con sensibilità del 78% e specificità del 96% (corrispondenti ai valori medi negli intervalli dichiarati) possiede un VPP circa del 16,5% e un VPN del 99,8%. Questo significa che, mentre un test antigenico negativo esclude con quasi totale certezza la presenza di infezione da SARS-CoV-2, un esito positivo è falso praticamente 5 volte su 6!
Tali indicazioni suggeriscono cautela nell’utilizzo dei test rapidi per individuare le infezioni da nuovo coronavirus: il numero dei falsi positivi prodotti da questo tipo di test è molto alto, a causa anche della prevalenza relativamente bassa della COVID-19 in Italia.
Va comunque osservato che tale tipo di test si presta molto bene a un utilizzo massivo e capillare ai fini dell’indagine epidemiologica: nella situazione attuale, con un test di screening è meglio produrre molti falsi positivi, che possono poi essere sottoposti a esami più accurati quali il tampone molecolare, rispetto all’avere molti falsi negativi, ovvero individui infetti che sfuggirebbero all’indagine diagnostica con il rischio di diffondere ulteriormente il virus.