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29 Set 2018

Teoria dei nodi: la matematica del DNA

Alessia Cattabriga e Alessandra Renieri

Alessia Cattabriga e Alessandra Renieri
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“Il DNA fa l’RNA, l’RNA fa le proteine e le proteine fanno noi” con questa frase Francis Crick, vincitore del Nobel per la medicina nel 1962, mette in luce ciò che oggi è ben noto a tutti: comprendere il meccanismo che regola le funzionalità degli esseri viventi significa comprendere la struttura ed il funzionamento delle cosiddette macromolecole biochimiche, cioè DNA, RNA e proteine. Un aspetto forse meno noto è che un significativo contributo in tal senso si deve alla matematica e in particolare alla disciplina che prende il nome di teoria dei nodi.

“Il DNA fa l’RNA, l’RNA fa le proteine e le proteine fanno noi” con questa frase Francis Crick, vincitore del Nobel per la medicina nel 1962, mette in luce ciò che oggi è ben noto a tutti: comprendere il meccanismo che regola le funzionalità degli esseri viventi significa comprendere la struttura ed il funzionamento delle cosiddette macromolecole biochimiche, cioè DNA, RNA e proteine. Un aspetto forse meno noto è che un significativo contributo in tal senso si deve alla matematica e in particolare alla disciplina che prende il nome di teoria dei nodi.

 

Prendiamo una corda, di spessore ininfluente, facciamo un nodo e incolliamo tra loro le due estremità della corda stessa; questi movimenti, del tutto comuni, ci introducono al concetto di nodo matematico. Più formalmente un nodo è una curva chiusa nello spazio priva di auto-intersezioni. Questo concetto matematico, insieme a quello di link o concatenazione, la sua variante “a più corde”, ben si presta, come vedremo, a costruire modelli e rappresentazioni di oggetti che, come le molecole biochimiche, presentano caratteristiche di “aggrovigliamento”.

 

 

Anche la nascita della teoria dei nodi è legata al tentativo di descrivere fenomeni naturali: essa si può far risalire ai lavori di Carl Friedrich Gauss sul calcolo dell’induttanza di un sistema di fili elettrici circolari concatenati, ma anche alla teoria atomica di Lord William Thompson, secondo cui gli atomi erano sottili stringhe annodate che vagavano nell’etere, “sostanza” che permeava lo spazio intero. Alla diversa tipologia di annodamento corrispondeva una diversa qualità di atomo.

 

Tavola dei nodi

 

Tavola di nodi di Tait (1883)

 

Questa illustrazione contiene la prima “tavola di nodi” che il fisico scozzese Peter Tait pubblicò nel 1883. Circa dieci anni dopo, gli esperimenti di Michelson e Morley, negando l’esistenza dell’etere, spensero l’interesse dei fisici per la teoria dei nodi, ma non quello dei matematici che continuarono a occuparsene per poi scoprire, più di un secolo dopo, che i numerosi risultati teorici ottenuti potevano trovare applicazioni nello studio di altre strutture naturali come il DNA e le proteine.

 

Come mostra l’immagine di copertina, il DNA è composto da coppie di unità ripetute chiamate nucleotidi che vanno a formare una struttura simile ad una scala a pioli, chiamata doppia elica. Le due catene, che possiamo immaginare come i montanti della scala, sono formate dall’alternarsi di molecole di zucchero e gruppi fosfati, e si trovano all’esterno della doppia elica, cioè a contatto con l’ambiente circostante; i pioli, invece, sono formati da coppie di basi azotate. In alcuni casi, ad esempio nel DNA genomico dei batteri o in quello dei cloroplasti o dei mitocondri umani, l’asse attorno al quale si avvolge la doppia elica è circolare, cioè l’estremità iniziale e quella finale della scala si legano tra loro mediante un legame covalente: in tal caso si parla di DNA circolare. Ed è qui che entra in gioco il modello matematico: i due montanti della scala possiedono proprio la struttura di un link a due componenti.

 

trifoglio

 

DNA circolare annodato come un nodo trifoglio. Fonte: Shailja Pathania, Makkuni Jayaram and Rasika M. Harshey, Path of DNA within the Mu Transpososome: Transposase Interactions Bridging Two Mu Ends and the Enhancer Trap Five DNA Supercoils, Cell, Vol. 109, 425–436, May 17, 2002, Copyright© 2002 by Cell Press DOI: https://doi.org/10.1016/S0092-8674(02)00728-6

 

Anche l’asse del DNA può essere annodato: ad esempio quello della fotografia ha la struttura di un particolare nodo chiamato trifoglio. L’informazione portata dal DNA, sotto forma di sequenza di coppie di nucleotidi, non è influenzata dal fatto che esso sia o meno “aggrovigliato” nello spazio; tuttavia la sua disposizione spaziale, e quindi il fatto di avere o meno un asse annodato, sembra avere ripercussioni importanti sulle funzionalità del DNA nella cellula. Questa ultima affermazione vale anche per la struttura spaziale delle proteine: esse sono lunghe catene di molecole più semplici, gli amminoacidi primari, che si legano tra loro mediante un opportuno legame chimico detto legame peptidico. La costruzione delle proteine avviene nelle cellule, ad opera di DNA e RNA, attraverso un processo chiamato sintesi proteica. La lunga collana di amminoacidi via via che viene sintetizzata va ad assumere una particolare conformazione spaziale, detto stato nativo, mediante un processo chiamato folding o ripiegamento. Anche in questo caso, la struttura spaziale, annodata o meno, influisce sul corretto funzionamento della proteina. Ad esempio, una proteina mal ripiegata sembra essere la causa di un certo numero di malattie rare nei mammiferi, caratterizzate da degenerazione del tessuto nervoso, tra cui la cosiddetta “mucca pazza” (encefalopatia bovina spongiforme), diventata nota alla fine degli anni ’80 per una epidemia che provocò una vera e propria strage negli allevamenti inglesi.

 

Ovviamente il contributo della teoria dei nodi alla biochimica non si limita alla descrizione della struttura delle macromolecole: a partire da essa è possibile riformulare in termini matematici molti problemi biochimici e utilizzare gli strumenti sviluppati nell’ambito della teoria dei nodi per tentare di risolverli. Questa combinazione tra ragionamento e struttura matematica, interpretazione biologico-chimica e dati sperimentali, è quella che ha recentemente permesso di addentrarsi in territori prima inesplorati alla ricerca delle chiavi della vita.

 

Immagine di copertina: struttura del DNA

Alessia Cattabriga e Alessandra Renieri
Alessia Cattabriga e Alessandra Renieri
Alessia Cattabriga è ricercatrice senior a tempo determinato presso il Dipartimento di Matematica dell'Università di Bologna. All'attività di ricerca nell'ambito della teoria dei nodi e delle varietà di dimensione, ha recentemente affiancato un'attività di ricerca in didattica della matematica sul tema dell'interdisciplinarietà tra matematica e fisica.Alessandra Renieri, PhD in Computational Sciences and Complex Systems, è docente a contratto di "Didattica della matematica" e "Metodi e tecnologie per l'insegnamento della Matematica" presso il Dipartimento di Scienze della Formazione Primaria dell'Università di Macerata. Ha sempre cercato di coniugare lo studio e la ricerca con l'educazione alla matematica per il grande pubblico, in particolare per i bambini e i ragazzi.
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