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11 Feb 2019

Chi era Giuseppe Levi?

Domenico Ribatti

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Giuseppe Levi (1872-1965), anatomista e istologo, triestino di nascita e torinese di adozione, è stato definito il più autorevole biologo italiano tra le due guerre, un uomo la cui vita si è incrociata con personaggi illustri della scienza e della cultura italiana.

Giuseppe Levi (1872-1965), anatomista e istologo, triestino di nascita e torinese di adozione, è stato definito il più autorevole biologo italiano tra le due guerre, un uomo la cui vita si è incrociata con personaggi illustri della scienza e della cultura italiana. Levi fu per formazione anzitutto un morfologo. Le discipline cui maggiormente contribuì nella sua carriera scientifica furono l’istologia e l’anatomia microscopica. La produzione scientifica di Levi andò in tre direzioni, lo studio della struttura del tessuto nervoso, lo studio del numero e della grandezza delle cellule in animali di differente mole somatica e lo studio del problema della crescita e dell’invecchiamento dei tessuti.

 

Numerosi sono stati gli scienziati che si sono formati alla sua scuola, in primis Rodolfo Amprino (1912-2007), il suo allievo prediletto, che nel 1954 si trasferì a Bari per rimanervi ininterrottamente a dirigere l’istituto di Anatomia della facoltà medica, fino al pensionamento nel 1982, quando fece ritorno a Torino, e tre allievi che ottennero il Nobel per la Medicina: Rita Levi-Montalcini (1909-2012), nel 1986 per la scoperta del fattore di crescita nervoso (NGF); Salvador E. Luria (1912-1991) nel 1969 per le ricerche sulla genetica batterica; Renato Dulbecco (1914-2012), nel 1975 per i lavori sui virus oncogeni. Certo non possiamo attribuire a Levi la paternità delle scelte e degli indirizzi che Luria e Dulbecco vollero dare alla loro ricerca scientifica: né le ricerche sulla genetica batterica di Luria, né i lavori di Dulbecco sulla virologia e il cancro possono essere riconducibili alla scuola leviana. Levi si occupava di altro, era un morfologo moderno. Tra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento, Luria e Dulbecco videro il proprio oggetto di studio (la ricerca sui batteriofagi) subire un riassetto metodologico e teorico senza precedenti.

 

L’imporsi del pensiero statistico-popolazionale, l’avvento di nuove tecnologie (ultracentrifuga, cristallografia a raggi X, microscopia elettronica ed elettroforesi), la scoperta dei meccanismi biochimici dell’infezione e la nascita di una nuova disciplina come la genetica batterica costituirono una sorta di cesura metodologica, un rinnovamento delle tecniche di laboratorio, e quindi delle conoscenze teoriche, che inaugurava un nuovo approccio disciplinare. E Levi non aveva gli strumenti culturali per seguire ed indirizzare queste linee di ricerca. Diverso è il caso della Levi Montalcini, che restò quella più vicina a Levi nel corso degli anni. La sua partenza per gli Stati Uniti fu favorita da Levi che le suggerì di verificare con l’embriologo Viktor Hamburger i risultati di una ricerca che avevano condotto insieme in Italia. Fu questa la base di partenza del lavoro che avrebbe portato alla scoperta del NGF (Nerve Growth Factor, fattore di crescita delle cellule nervose). Del resto, lo stesso Hamburger, quando si pose la questione della caratterizzazione molecolare del nuovo fattore di crescita, suggerì alla Montalcini di chiedere la collaborazione del biochimico Stanley Cohen, con il quale avrebbe condiviso il premio Nobel. Levi si interessò sempre di neurobiologia e la Montalcini ha sempre richiamato nei suoi scritti il ruolo importante e determinante del suo “maestro” nella sua carriera scientifica.

 

Molto singolare e stimolante fu anche il contesto familiare nel quale Levi visse. La moglie Lidia era la sorella di Drusilla, soprannominata la “mosca” (perché vedeva poco) dal poeta premio Nobel Eugenio Montale (1896-1981), che fu il suo compagno di vita. Fu una storia complessa: Drusilla aveva sposato Matteo Marangoni (1876-1958), che insegnava storia dell’arte a Firenze ma, tra gli amici del marito, conobbe Montale con il quale convisse dal 1939 e che sposò nel 1962, un anno prima di morire. Purtroppo non mancarono i drammi. Lidia aveva anche un fratello, Silvio, promettente musicista che si sparò una notte, quando aveva solo trenta anni, su una panchina dei giardini pubblici a Milano. Generi di Levi furono Leone Ginzburg (1909-1944), marito di sua figlia Natalia (1916-1991), e Adriano Olivetti (1901-1960), marito dell’altra figlia Paola (1902-1984). Leone, redattore della Giulio Einaudi editore, iniziò un’attività politica clandestina. Nel 1934, rifiutatosi di prestare giuramento al regime, fu arrestato e trascorse due anni in carcere. Con l’entrata in vigore delle leggi razziali, fu costretto al confino in Abruzzo insieme alla moglie. Nell’estate del 1943 assunse la direzione de L’Italia libera; nel novembre fu condotto a Regina Coeli; nel febbraio seguente, percosso e torturato, morì in carcere. Natalia nelle sue opere letterarie, in primis Lessico famigliare, è riuscita a tracciare senza pari la figura del padre e a ricostruire l’atmosfera e il fermento di quegli anni. Paola fu una donna bella, libera, colta e inquieta, dalla vita sentimentale irrequieta, divorziò da Olivetti e divenne compagna di Carlo Levi, dal quale ebbe una figlia, Anna. Olivetti sarebbe morto prematuramente il 27 febbraio 1960, a soli 59 anni, per una emorragia cerebrale. In seguito, Paola sposò lo scrittore-psichiatra Mario Tobino, che fece di lei il perno sentimentale della sua esistenza.

 

I figli maschi di Levi, Gino, Mario e Alberto, furono figure esemplari di antifascisti e, nel 1934, Levi finì fu in carcere insieme ai figli per le attività che questi svolgevano nelle fila del movimento politico antifascista clandestino “Giustizia e Libertà”.

Domenico Ribatti
Domenico Ribatti
Laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli Studi di Bari nell'ottobre 1981. Nel 1989 è stato assistente presso il Dipartimento di Morfologia dell'Università di Ginevra. Professore ordinario di Anatomia Umana dal marzo 2001 presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Bari. Nel 2008, l'Università di Timisoara (Romania) gli ha conferito la laurea honoris causa in Medicina e Farmacia. Autore di 742 lavori in extenso pubblicati su riviste internazionali censiti su PUBMed e di 45 capitoli di libri. I suoi lavori sono stati citati 35975 volte (H index: 99).
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