In un prossimo futuro saremo in grado di “spegnere” il dolore cronico? Recenti studi suggeriscono di sì! Ciò sarebbe possibile grazie a CRISPR, una terapia genica che è valsa il Nobel per la Chimica 2020 alle sue inventrici: la microbiologa Emmanuelle Charpentier e la chimica Jennifer Doudna.
Il dolore cronico, secondo alcune stime, interessa circa il 30% della popolazione mondiale. Se costante, può diventare limitante e avere conseguenze negative sulla salute mentale.
Chi di noi non sarebbe contento, svegliandosi una mattina e rendendosi conto che un dolore che si protrae da tempo è svanito? Purtroppo, disattivarlo definitivamente avrebbe conseguenze negative, non facendoci rendere conto di qualcosa che ci fa male e, quindi, impedendoci di eliminare la fonte del nostro disagio.
Ed è qui che interviene CRISPR.
Come funziona CRISPR?
Questa tecnica di “editing genomico” sfrutta un enzima denominato Cas9 che, come fosse un agente segreto armato di forbice, è in grado di entrare nelle cellule (senza che queste attivino i propri “sistemi di sicurezza”) e “tagliare” frammenti ben definiti di DNA.
Infatti, Cas9 è in grado di riconoscere e legarsi con precisione a un bersaglio definito. Con queste capacità, si è in grado di disattivare geni target.
Cosa c’entra tutto questo con il dolore cronico?
Ana Moreno e Prashant Mali, insieme ai colleghi dell’Università di San Diego, hanno pensato di sfruttare una versione modificata dell’enzima Cas9, detta dCas9, capace di riconoscere e legarsi al DNA senza tagliarlo. L’esperimento è stato svolto su topi di laboratorio.
Ma qual è il target della loro “missione”? Un canale cellulare del sodio (Nav1.7), che quando è mutato può determinare un dolore estremo e costante o, al contrario, la sua totale assenza.
Osservato ciò, il gruppo di lavoro ha pensato di “attaccare” a dCas9 una seconda proteina, che viene definita repressore, in quanto è capace di “spegnere” il gene necessario per l’espressione e per il funzionamento dei canali Nav1.7.
Il repressore e dCas9 sfruttano un virus inattivo (detto virus adeno-associato), in grado di entrare nelle cellule e rilasciare questo innovativo “pacchetto CRISPR”, pronto per mettersi all’opera.
Sfruttando stimoli potenzialmente dolorosi sui topi soggetti all’esperimento, si è osservato come questa terapia determinasse un effetto analgesico, con una durata complessiva di 15-44 settimane per dolori indotti da chemioterapia e infiammazione, rispettivamente. Oltre ciò, non sono stati osservati effetti collaterali, ma è necessario che l’osservazione prosegua. È importante che questo beneficio possa permanere a lungo termine ma che non sia definitivo, irreversibile.
I risultati sono ancora preliminari, ma non sarebbe utile avere la possibilità di ricorrere a questa terapia, ad esempio nei casi di patologie debilitanti?