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01 Set 2020

Piante geneticamente vaccinate

Stefano Bertacchi

Stefano Bertacchi
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E se vi dicessi che è possibile vaccinare una pianta bombardandola con pezzi di DNA? È tutto vero, e la pianta geneticamente modificata (OGM) così ottenuta è da molti anni sulle tavole statunitensi e non solo. Ma andiamo con calma e iniziamo da un qualcosa che ormai è sulla bocca di tutti, trending topic diremmo sui social: i virus.

 

Quando i virus colpiscono le piante

Siamo abituati a vedere i virus come piccole macchine invisibili capaci di far del male agli esseri umani: ma non si limitano a usufruire di noi come ospiti, in quanto praticamente nessuna categoria di esseri viventi viene risparmiata dal loro attacco. Varie tipologie di virus colpiscono gli altri animali, ma anche microrganismi e piante: il primo virus isolato fu proprio il virus a mosaico del tabacco alla fine del XIX secolo. Poiché molte delle piante affette da virus hanno un ruolo economico non indifferente, risulta evidentemente come metodi di controllo siano necessari. Fortunatamente esistono diversi modi per affrontare il problema e l’ingegneria genetica è uno di questi.

 

Il caso della Papaya OGM

Il virus PRSv aveva messo in serio pericolo l’industria della papaya nelle Hawaii degli anni ’90: il governo locale ha quindi aperto una campagna di vaccinazione delle piante stesse. Tuttavia, sempre come negli esseri umani, l’immunità non è ereditaria e ogni generazione di papaya necessita il trattamento, aumentando i costi di produzione.
Un rivoluzionario cambio nell’approccio al virus è avvenuto con l’introduzione della papaya geneticamente modificata con un gene codificante per una proteina-vaccino di PRSv, tale da rendere direttamente immune anche la progenie. La modificazione è avvenuta grazie all’uso di microsfere caricate con il DNA di interesse, con cui la pianta è stata bombardata in modo da trasferirle il DNA. Sviluppata in collaborazione tra la Cornell University e l’Università delle Hawaii, la papaya OGM rinominata Rainbow o SunUp è stata approvata per la coltivazione negli Stati Uniti nel 1996, e l’anno successivo per l’uso alimentare umano e mangimistico animale. Successivamente, nel 2008-2009, ha ricevuto gli stessi via libera anche la versione sviluppata dall’Università della Florida, ottenuta mediante una tecnica diversa dal bombardamento, che coinvolge l’uso di un batterio geneticamente modificato per lo scopo, chiamato Agrobacterium tumefaciens.

 

Gli OGM oggi: ancora troppi pregiudizi?

L’introduzione di questa pianta OGM all’alba del XXI secolo ha permesso al settore di questa coltura tipica del territorio hawaiano di riprendersi pienamente, dopo un crollo clamoroso dovuto alla moria innescata dal virus, che aveva quasi cancellato la pianta dall’arcipelago. Paradossalmente, il contenimento del virus mediante la variante GM permette una immunità di gruppo, e di conseguenza la coltivazione della papaya non-GM per i coltivatori che fanno questa scelta.
Questo esempio dovrebbe quindi farci ragionare sul pregiudizio che spesso aleggia, soprattutto in Italia, nei confronti degli OGM, i quali sono una freccia importante da tenere nella nostra faretra.

Stefano Bertacchi
Stefano Bertacchi
Stefano Bertacchi - Biotecnologo Industriale, Dottorando di Ricerca in Tecnologie Convergenti per i Sistemi Biomolecolari presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca nel 2021. Si occupa dello sviluppo di bioprocessi basati su sottoprodotti industriali, mediante l’uso di microrganismi geneticamente modificati o meno. Divulgatore scientifico, ha pubblicato per Hoepli “Geneticamente modificati – Viaggio nel mondo delle biotecnologie” con cui ha vinto il Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Under 35.
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