È di poche settimane fa la notizia relativa alla presenza di anticorpi anti-SARS-CoV-2 – il famigerato coronavirus responsabile della pandemia di Covid-19 – in un’elevata percentuale (40%) di cervi a coda bianca che popolano la regione nord-orientale degli USA.
Ciò desta preoccupazione per una serie di motivi, come ho anche riferito in una mia “Lettera all’Editore” pubblicata sulla prestigiosa rivista BMJ.
Degna della massima considerazione sarebbe, in primo luogo, l’avvenuta esposizione al virus di questa popolazione di cervidi, ai quali il virus sarebbe stato trasmesso, con ogni probabilità, da uno o più individui SARS-CoV-2-infetti.
In secondo luogo, la propagazione dell’infezione a un così ingente numero di esemplari suggerisce che il virus si sarebbe trasmesso all’interno della specie, il cui comportamento gregario ne avrebbe favorito la diffusione.
Numerose sono, inoltre, come abbiamo detto qui, le specie animali domestiche e selvatiche già dichiarate suscettibili nei confronti dell’infezione (naturale e/o sperimentale) da SARS-CoV-2. Fra queste si annoverano gatto, cane, criceto, furetto, leone, tigre, leopardo delle nevi, puma, gorilla, lontra e visone: elenco tutt’altro che esaustivo, ma che già di suo denota la notevole plasticità del virus, presumibilmente originatosi da uno o più “serbatoi” animali e capace di infettare specie filogeneticamente assai distanti fra loro.
Un discorso a parte in tale ambito lo merita il visone, in cui SARS-CoV-2, una volta acquisito dall’uomo, sarebbe evoluto in una temibile variante (cluster 5) per esser quindi “restituito” all’uomo in forma mutata, come è stato dimostrato un anno fa in numerosi allevamenti di visoni olandesi e danesi.
La comprovata capacità di infettare in condizioni naturali un crescente numero di specie animali domestiche e selvatiche andrebbe pertanto considerata ai fini sia della loro salute e conservazione sia del potenziale sviluppo di nuove varianti di SARS-CoV-2, nella sana ottica della One Health, alias la “salute unica” di uomo, animali e ambiente.