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07 Lug 2023

Un esempio di resilienza: gli oliveti pugliesi colpiti da Xylella fastidiosa

Marco Scortichini e Domenico Ragno

Marco Scortichini e Domenico Ragno
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Xylella fastidiosa e gli oliveti salentini

Negli ultimi 15 anni Xylella fastidiosa ha causato notevoli danni agli oliveti salentini situati nelle province di Lecce, Taranto e Brindisi. Recentemente, il batterio è stato segnalato anche in alcuni comuni della provincia di Bari.

I sintomi più evidenti dell’infezione consistono nell’avvizzimento di rami e branche e conducono, in molti casi, alla morte dell’albero. A seguito dell’infezione, gran parte degli oliveti sono stati abbandonati a sé stessi, comportando di conseguenza anche il depauperamento del caratteristico paesaggio salentino.

In altri casi, l’applicazione di adeguate tecniche agronomiche – potature, concimazioni, lavorazioni del suolo – nonché l’utilizzo di composti in grado di ridurre la presenza del patogeno all’interno dei vasi xilematici della pianta, ha dimostrato che è possibile, tuttavia, convivere con la malattia.

 

Un fenomeno del tutto nuovo: la ripresa

Nel corso degli ultimi tre anni, si sta assistendo a un fenomeno del tutto nuovo e molto significativo che sta caratterizzando ampie porzioni del basso Salento: la ripresa vegetativa e, in alcuni casi, anche produttiva di oliveti precedentemente devastati da Xylella fastidiosa.

Casi di ripresa parziale o totale di oliveti si osservano in molti comuni della provincia di Lecce, sia sul versante adriatico che su quello ionico, inclusa l’area intorno a Gallipoli, dove sono stati individuati i primi focolai dell’infezione batterica e dove i danni sono stati molto ingenti.

Va sottolineato che le cultivar interessate dal fenomeno sono quelle più sensibili al patogeno: Ogliarola salentina e Cellina di Nardò. In tali cultivar, nel volgere di qualche anno dall’inizio dell’infezione, si registrava un pressoché totale disseccamento delle chiome. Anche i polloni basali, pure emessi annualmente, non riuscivano ad affermarsi.

Attualmente, invece, si osserva in molte piante non solo una ricostituzione della chioma, ma addirittura una ripresa produttiva e una forte vigoria dei polloni, tale da dar vita a vere e proprie nuove piante.

 

Giovane oliveto nel comune di Alezio (Lecce). Gli alberi di Ogliarola salentina e Cellina di Nardò risultano in piena attività vegetativa.

In figura, giovane oliveto nel comune di Alezio (Lecce). Gli alberi di Ogliarola salentina e Cellina di Nardò risultano in piena attività vegetativa.

 

Parola chiave: resilienza

Indagini molecolari iniziali su oliveti che hanno ricostituito completamente la chioma hanno permesso di verificare che Xylella fastidiosa non è scomparsa dall’albero, ma questo, pur in presenza del batterio, è ora in grado di stabilire con il patogeno un chiaro rapporto di tolleranza.

In altri termini, le stesse concentrazioni del batterio che prima portavano la pianta alla morte, ora sono sopportate senza manifestazioni apparenti di sintomi (disseccamenti, ecc.).

Se si tiene conto della longevità dell’olivo, il fenomeno interessa sia alberi ritenuti giovani (30-40 anni di età) che alberi adulti (oltre i 50 anni).

Inoltre, a detta di molti proprietari di questi oliveti attaccati da Xylella fastidiosa da oltre 10 anni, come quelli che vegetano nel cosiddetto “epicentro” nei pressi di Gallipoli, non sono state apportate cure particolari.

Il fenomeno, osservato sul campo e qui riportato, appare un classico caso di “resilienza biologica” nei confronti di una malattia, cioè uno spontaneo adattamento nel tempo nei confronti di uno stress fisiologico indotto da un patogeno che la pianta è ora in grado di affrontare e sostenere autonomamente.

 

Le possibili cause della resilienza

Al momento ancora non si conoscono gli adattamenti fisiologici che gli alberi delle cultivar ritenute suscettibili al batterio stanno mettendo in atto per convivere con questo. Sembrano del tutto escluse, infatti, mutazioni genetiche che abbiano causato una riduzione della virulenza del patogeno.

È possibile, comunque, ipotizzare alcune situazioni che possono aver avuto un ruolo nello stimolare il successivo adattamento di alberi sensibili alla malattia per portarli alla resilienza. La distruzione completa di numerosi oliveti ha senz’altro ridotto, come affermano alcuni, le possibilità di diffondere ulteriormente il batterio da parte dell’insetto-vettore, la Sputacchina. Tale spiegazione, però, non è sufficiente: si scontra con la presenza nelle stesse piante di un’infezione ormai contratta da un decennio e oltre, cosa che avrebbe dovuto portare alla morte degli alberi.

Da un punto di vista molecolare, il batterio potrebbe aver “innescato” nel lungo periodo negli olivi non completamente disseccati una sorta di stimolo alla produzione di molecole in grado di sostenere la virulenza del patogeno.

Inoltre, se l’abbandono di ogni pratica agronomica da parte degli olivicoltori ha favorito il diffondersi dell’infezione, ha parallelamente evitato, ad esempio, la distribuzione ulteriore di alcune sostanze come gli erbicidi, che in passato nel lungo periodo potrebbero aver indebolito la difesa e causato una ridotta capacità di affrontare il batterio.

 

La resilienza nel lungo periodo

Sarà interessante ora studiare l’andamento degli olivi resilienti nel medio e lungo periodo, al fine di verificare se si tratta di un fenomeno transiente o di una nuova e inaspettata capacità di adattamento dell’olivo nei confronti di una grave malattia.

Capire questo ha particolare importanza, soprattutto se si pensa che tale ripresa è avvenuta in un periodo con un andamento climatico caratterizzato da una stagione estiva caldissima, particolarmente favorevole all’affermazione del batterio. Si ricordi che in passato le stesse cultivar in alcune aree del Salento sono state in grado di rispondere nel tempo ad altri stress biotici e abiotici che hanno causato il disseccamento delle chiome.

Da un punto di vista epidemiologico, sarà importante determinare il ruolo svolto dagli olivi resilienti nella diffusione del batterio nell’ambiente, vista la presenza di Xylella fastidiosa al loro interno.

 

Immagine di copertina: oliveto resiliente nel comune di Nardò (Lecce). È evidente l’assenza dei sintomi e la completa ricostituzione della chioma.

 

 

Marco Scortichini e Domenico Ragno
Marco Scortichini e Domenico Ragno
Marco Scortichini Laureato in Scienze Agrarie, è Dirigente di Ricerca presso il Centro di ricerca per l’Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura di Roma (CREA-OFA). È specialista delle malattie batteriche delle colture di interesse agrario. Fa parte di comitati scientifici internazionali di ricerca sui temi della batteriologia fitopatologica. È autore di un libro specialistico e di oltre 350 pubblicazioni scientifiche. È membro dell’Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio. Domenico Ragno Laureato in Scienze Forestali, tra il 2005 e 2006 ha diretto l’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Puglia. Dal 1995 al 2006 è stato Referente Tecnico Interregionale per la Conferenza delle Regioni a Roma e Coordinatore Tecnico Scientifico dell’ANARF (Associazione Nazionale delle Aziende Regionali delle Foreste). Dal 2016 al 2019, è stato Commissario straordinario e Direttore Generale dell’ARIF-Puglia (Agenzia Regionale per le attività Irrigue e Forestali), gestendo le attività di monitoraggio e di contrasto a Xylella fastidiosa.
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