L’intrigante Cleopatra, la bella Nefertiti, la combattiva Elisabetta I. Protagoniste della Storia che non rinunciavano a curare il proprio aspetto. Lo facevano con gli antenati di eyeliner, ciprie, rossetti, preparati con materie prime naturali quali minerali, vegetali e, a volte, anche animali. L’assenza di veri e propri processi di sintesi artificiale non significa, però, che questi cosmetici non potessero interagire in modo negativo con l’organismo, anzi, proprio la mancanza di dati scientifici ha portato le donne a truccarsi con sostanze che oggi sappiamo essere nocive. I ricercatori hanno approfondito con tecniche diagnostiche e studi medici la composizione e gli effetti del makeup del passato. Ciò che hanno scoperto non è affatto banale.
Dettaglio del busto di Nefertiti, Neues Museum, Berlino. Fonte: commons.wikimedia.org Autore: Philip Pikart
L’intrigante Cleopatra, la bella Nefertiti, la combattiva Elisabetta I. Protagoniste della Storia che non rinunciavano a curare il proprio aspetto. Lo facevano con gli antenati di eyeliner, ciprie, rossetti, preparati con materie prime naturali quali minerali, vegetali e, a volte, anche animali. L’assenza di veri e propri processi di sintesi artificiale non significa, però, che questi cosmetici non potessero interagire in modo negativo con l’organismo, anzi, proprio la mancanza di dati scientifici ha portato le donne a truccarsi con sostanze che oggi sappiamo essere nocive. I ricercatori hanno approfondito con tecniche diagnostiche e studi medici la composizione e gli effetti del makeup del passato. Ciò che hanno scoperto non è affatto banale.
Il post di oggi ci riporta nell’Antico Egitto. L’iconografia legata a uomini e donne egiziani rimanda a occhi bistrati con quello che potremmo definire un precursore dell’eyeliner, un nero profondo a base di minerali di piombo. Numerose analisi tra le quali fluorescenza a raggi X, diffrazione a raggi X e microscopia elettronica a scansione, hanno contribuito all’individuazione degli ingredienti principali di questo cosmetico: si tratta di laurionite PbCl(OH) e fosgenite (PbCl)2CO3.
Basandosi sugli esperimenti in laboratorio e consultando fonti storiche quali il Naturalis Historia di Plinio il Vecchio e De Materia Medica di Dioscoride, gli studiosi hanno potuto ricostruire la ricetta di questo maquillage ante-litteram. Una “schiuma argentata” (un ossido di piombo, il litargirio PbO) veniva pestata, ridotta in polvere, mescolata con acqua e sali – tra i quali il famoso natron (Na2CO3 •10 H2O) presente sulle sponde del fiume Nilo. Questo composto era poi filtrato e, quest’ultimo passo, era ripetuto per numerose settimane. Al prodotto finale di questo procedimento erano aggiunte sostanze grasse che permettessero al cosmetico di essere steso sugli occhi.
Immagini al SEM (microscopio a scansione elettronica) di composti di Piombo e Cloro (b) e di cristalli di laurionite (c) Fonte: Walter P., Marinetto P., Tsoucaris G., Bréniaux R., Lefebvre M.A., Richard G., Talabot J., Dooryhee E., Making make-up in Ancient Egypt, Nature, vol. 397, pagg 483-484, 1999
L’assunzione di piombo, un metallo pesante, porta a intossicazione – patologia nota anche come saturnismo – e, per alte concentrazioni accumulate e assorbimento prolungato, è letale. Eppure gli egiziani pensavano che questa specie di unguento possedesse proprietà magiche, che Horus e Ra proteggessero coloro che lo indossavano. Le malattie batteriche che colpivano gli occhi, come la congiuntivite, dovevano essere l’ordine del giorno per le popolazioni nilotiche, vivendo sulle sponde paludose del fiume, e un rimedio per queste patologie doveva essere percepito sicuramente come prodigioso. A questo punto, però, è lecito chiedersi se il cosmetico in questione avesse realmente proprietà medicinali o se la vera magia non fosse l’effetto placebo.
Nell’articolo del 2010, pubblicato su Analytical Chemistry “Finding Out Egyptian Gods’Secret Using Analytical Chemistry, Biomedical Properties of Egyptian Black Makeup Revealed by Amperometry at Single Cells” di Tapsoba I., Arbault S., Walter P., Amatore C. gli scienziati hanno spiegato come l’assunzione di piombo portasse a una sovrapproduzione da parte dell’organismo umano di monossido di azoto, capace a sua volta di stimolare le difese immunitarie. Possiamo quindi immaginare che gli egizi, consapevoli dell’effetto di questo composto nero, lo stendessero sugli occhi per motivi medici oltre che estetici.
E il saturnismo? L’aspettativa di vita in Egitto, più di 2000 anni fa, si aggirava intorno ai 30 anni per cui le conseguenze dell’avvelenamento erano subordinate ai benefici riguardanti le malattie oculari.
Smokey eyes, come si direbbe oggi, per essere quasi “belle da morire”.