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17 Dic 2018

Caviale: non solo sulle tavole natalizie

Alessia Colaianni

Alessia Colaianni
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Ingrediente pregiato che arricchisce alcune tavole natalizie e spesso accompagnato dallo champagne: è il caviale, piccole sfere nere, preziose come perle. Lontano dagli eleganti pasti delle feste, un prodotto simile – le uova di pesce – ha nutrito le comunità preistoriche tedesche. Una notizia che fa nuova luce non solo sull’evoluzione delle antiche società europee ma anche sulle nuove tecniche di analisi che permettono di studiare ceramiche e i resti di cibo presenti sulla loro superficie, raccogliendo una quantità di informazioni senza precedenti.

Ingrediente pregiato che arricchisce alcune tavole natalizie e spesso accompagnato dallo champagne: è il caviale, piccole sfere nere, preziose come perle. Lontano dagli eleganti pasti delle feste, un prodotto simile – le uova di pesce – ha nutrito le comunità preistoriche tedesche. Una notizia che fa nuova luce non solo sull’evoluzione delle antiche società europee ma anche sulle nuove tecniche di analisi che permettono di studiare ceramiche e i resti di cibo presenti sulla loro superficie, raccogliendo una quantità di informazioni senza precedenti.

 

L’accesso è l’utilizzo delle risorse naturali è alla base dello sviluppo delle società preistoriche e ha svolto un ruolo chiave in quella che è definita la rivoluzione neolitica, il passaggio da un’esistenza nomade, legata a caccia e raccolta, alla stanzialità dovuta ad agricoltura e allevamento. Specialmente per quanto riguarda le regioni europee interne, quello dello sfruttamento delle risorse d’acqua dolce è un tema molto dibattuto tra gli specialisti: le comunità situate in questi luoghi, spesso prossimi a rive di fiumi e laghi, potrebbero aver integrato nella loro dieta prodotti ittici e piante acquatiche ma non è detto che le loro strategie di sussistenza facessero affidamento su queste risorse.

 

Nel caso di comunità preistoriche che non lavoravano la ceramica si analizzano gli artefatti costruiti con conchiglie, ossa, squame, gli strumenti utilizzati per produrli e altro oggetti ad essi legati, per spiegare questo tipo di dinamiche. Si procede anche con l’esame del DNA di lische per identificare la specie di pesce e si misurano gli isotopi dell’azoto e del carbonio nelle ossa e nei denti umani per ricavarne informazioni sul regime alimentare seguito e l’incidenza dei prodotti di acqua dolce su di esso. A volte, però, tutti questi reperti, soprattutto per problemi di conservazione, non sono presenti.

 

In assenza di queste prove, come è possibile procedere? Il passaggio al Neolitico nell’Europa continentale è stato accompagnata dalla produzione di ceramiche: adoperate come contenitori da cucina, hanno preservato strati di cibo carbonizzato i cui profili isotopici e composizione di alcune molecole organiche possono svelare quali alimenti vi siano stati cotti, se di origine terrestre, marina o di acqua dolce. Ma c’è ancora un problema. Come arrivare a definire anche la specie degli animali consumati e altri dettagli della ricette del passato? La proteomica viene in soccorso dell’archeologia.

 

La proteomica è un ramo della biologia molecolare che studia il proteoma, l’insieme di tutte le proteine espresse dal genoma di una cellula o tessuto in un particolare momento. Le sequenze di proteine forniscono informazioni dirette riguardo alle specie di origine e le loro proprietà biologiche possono chiarire come la materia prima cruda sia stata processata: ciò significa che con la proteomica è possibile ricostruire le ricette preistoriche, dagli ingredienti ai metodi di cottura.

 

Il sito oggetto di ricerca dello studio, pubblicato su PLoS One, è stato Friesack 4, presso Brandeburgo, in Germania, risalente al Mesolitico-Neolitico. Quattro sono state le ceramiche analizzate mediante radiocarbonio (la cui età è di circa 6.000 anni), microscopia elettronica a scansione e proteomica. In uno dei contenitori sono stati ritrovati resti di uova di carpa, un ingrediente di molte ricette tradizionali del luogo, considerato una prelibatezza e consumato arrostito, fritto, marinato, cotto al forno, affumicato, essiccato, sotto sale o bollito nel brodo. Le modalità di utilizzo di questo alimento non sono poi così mutate nei secoli: l’analisi delle proteine conferma che le uova hanno subito cottura, probabilmente in poca acqua o brodo di pesce, a fuoco lento su una brace. Al microscopio è stato possibile osservare anche i resti carbonizzati di vegetali sul bordo della ciotola e questo ci fa presumere che, probabilmente, il vaso era stato coperto con delle foglie.

 

Questi risultati sembrano confermare che la pesca fosse una parte importante della strategia di sussistenza di Friesack, nel Mesolitico, prove supportate da numerosi manufatti rinvenuti quali resti di reti da pesca, frammenti di canoe e una vasta serie di dati di “ittioarcheologia”. Nonostante questo non è ancora possibile appurare il ruolo delle risorse di acqua dolce nel passaggio tra Mesolitico e Neolitico: il pesce potrebbe essere stato pescato utilizzando semplici trappole durante un’inondazione o nella stagione riproduttiva e il ritrovamento di questa ceramica, che ha contenuto un pasto a base di uova di carpa, evidenzierebbe che la pratica di pesca sia proseguita nel Neolitico. Infatti, nello strato corrispondente a questo periodo, il 3% dei resti animali consistono in lische di pesce, incluse quelle di carpa.

 

Forse, anche per gli uomini della Germania preistorica, le uova di pesce possono essere state una rara golosità, proprio come per noi in questo periodo di festa.

 

L’appuntamento con la rubrica “Scienza e beni culturali” ritornerà lunedì 7 gennaio 2019. Auguro a tutti delle serene festività!

Alessia Colaianni
Alessia Colaianni
Giornalista pubblicista, si è laureata in Scienza e Tecnologia per la Diagnostica e Conservazione dei Beni Culturali e ha un dottorato in Geomorfologia e Dinamica Ambientale. Divulga in tutte le forme possibili e, quando può, insegna.
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