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02 Set 2019

Come preparare il pane… con un lievito dell’Antico Regno egizio

Alessia Colaianni

Alessia Colaianni
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Negli ultimi anni preparare il pane in casa, con un lievito madre cresciuto da noi con tanta pazienza e amore o frutto di un regalo di qualcuno più esperto, è diventato una vera e propria tendenza. La faccenda, però, si fa più interessante se uno strano personaggio proveniente dal mondo della tecnologia, un’archeologa e un microbiologo decidono di preparare una pagnotta con un microrganismo vissuto in Egitto 4.500 anni fa.

Negli ultimi anni preparare il pane in casa, con un lievito madre cresciuto da noi con tanta pazienza e amore o frutto di un regalo di qualcuno più esperto, è diventato una vera e propria tendenza. La faccenda, però, si fa più interessante se uno strano personaggio proveniente dal mondo della tecnologia, un’archeologa e un microbiologo decidono di preparare una pagnotta con un microrganismo vissuto in Egitto 4.500 anni fa.

 

Lo strano personaggio in questione è Seamus Blackley, inventore della Xbox – la famosa console per videogiochi – ma anche egittologo e appassionato di panificazione. Come riportano la BBC e il sito Smithsonian.com, Blackley insieme a Serena Love, archeologa della University of Queensland, e a Richard Bowman, microbiologo della University of Iowa, ha avuto accesso alle collezioni di ceramiche del Peabody Essex Museum e del Museum of Fine Arts di Boston, in particolare ai contenitori adoperati dagli egizi per preparare birra e pane, per poterne ricavare il lievito in esse probabilmente conservato.

 

Per campionare un lievito antico a partire da reperti archeologici solitamente si può procedere in due modi. Si raccoglie il materiale presente sulla superficie – ma con tutta probabilità contaminato dai moderni lieviti – oppure si opera per via invasiva, di fatto distruggendo (anche se in minima misura) l’oggetto per avere accesso alla parte più interna, protetta dal contatto con l’esterno. Blackley e la sua squadra hanno, invece, scelto una terza strada: è stato iniettato nei contenitori risalenti all’Antico Regno egizio, un fluido nutriente in grado di risvegliare il lievito addormentato da ormai 4.500 anni. Successivamente il liquido è stato estratto e suddiviso tra l’egittologo amante del pane, per cercare di preparare una pagnotta dal “sapore di un tempo che fu”, e il microbiologo, per analizzarne la genetica e capire prima di tutto se il lievito non sia figlio di una contaminazione odierna e poi ricavare la storia di evoluzioni e mutazioni del microrganismo.

 

Come è andata la preparazione del pane con questo così speciale lievito? Potete giudicarlo voi stessi seguendo i tweet di Seamus Blackley:

 

 

 

Il lievito è stato dapprima risvegliato con acqua, farro e orzo macinati a mano, poi impastato con olio non filtrato e ancora con farro, orzo e kamut, tutti ingredienti probabilmente esistenti nell’epoca di provenienza del microrganismo. L’impasto lievitato è stato, quindi, cotto in un forno convenzionale. Il risultato sembra molto invitante e, a detta del panificatore amatoriale, il lievito ha conferito al pane un aroma più dolce e una mollica leggera e ariosa. Ottimo per un ingrediente di 4.500 anni fa!

 

Per la sequenza genomica dovremo ancora aspettare ma Seamus è già in fermento per nuove avventure da gastroegittologo: si augura di poter riprovare l’esperimento culinario con ceppi più puri di lieviti dell’Antico Regno e spera di replicare, con l’aiuto di Serena Love, strumenti e metodi di preparazione impiegati dalla civiltà egizia. I permessi per raccogliere campioni dai reperti museali di Antico, Medio e Nuovo Regno sono già stati concessi. I lieviti non rimarranno lì, dormienti, ancora per molto.

 

Credits immagine: foto di fancycrave1 da Pixabay

Alessia Colaianni
Alessia Colaianni
Giornalista pubblicista, si è laureata in Scienza e Tecnologia per la Diagnostica e Conservazione dei Beni Culturali e ha un dottorato in Geomorfologia e Dinamica Ambientale. Divulga in tutte le forme possibili e, quando può, insegna.
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