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28 Set 2015

Fluorescenza a raggi X: Van Gogh e il volto nascosto

Alessia Colaianni

Alessia Colaianni
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Vincent Van Gogh, come molti altri artisti, riutilizzava le tele di lavori oramai abbandonati per dipingervi sopra nuove opere. Ciò che è rimasto nascosto per anni agli occhi di storici dell’arte e studiosi rappresenta una finestra sulla genesi di tanti capolavori. Nell’immagine in evidenza possiamo ammirare “Il sentiero d’erba”, un olio su tela risalente al 1887 conservato nel Kröller-Müller Museum di Otterlo, nei Paesi Bassi. Dietro lo strato pittorico a noi visibile si nasconde un volto di donna simile alla “Testa di Donna” del 1884-85 dello stesso autore. Nel 2008, per curiosare al di là della superficie conosciuta, non sono state adoperate le usuali tecniche di imaging: gli scienziati si sono affidati alla fluorescenza a raggi X (XRF), applicata in una maniera un po’ particolare.

 

Fonte: http://photon-science.desy.de/research/research_highlights/archive/visualizing_a_lost_painting_by_vincent_van_gogh/index_eng.html

 

Vincent Van Gogh, come molti altri artisti, riutilizzava le tele di lavori oramai abbandonati per dipingervi sopra nuove opere. Ciò che è rimasto nascosto per anni agli occhi di storici dell’arte e studiosi rappresenta una finestra sulla genesi di tanti capolavori. Nell’immagine in evidenza possiamo ammirare “Il sentiero d’erba”, un olio su tela risalente al 1887 conservato nel Kröller-Müller Museum di Otterlo, nei Paesi Bassi. Dietro lo strato pittorico a noi visibile si nasconde un volto di donna simile alla “Testa di Donna” del 1884-85 dello stesso autore. Nel 2008, per curiosare al di là della superficie conosciuta, non sono state adoperate le usuali tecniche di imaging: gli scienziati si sono affidati alla fluorescenza a raggi X (XRF), applicata in una maniera un po’ particolare.

 

La fluorescenza è un fenomeno che si accompagna al bombardamento di un materiale con radiazioni o particelle a elevata energia. Gli atomi dell’oggetto sottoposto a tale trattamento emetteranno a loro volta una radiazione la cui energia è caratteristica dell’elemento coinvolto.

 

L’atomo è la più piccola parte di materia ed è composto da un nucleo formato da protoni e neutroni attorno al quale ruotano gli elettroni. Secondo quello che è chiamato modello a gusci, gli elettroni non sono distribuiti uniformemente nel volume che circonda il nucleo ma sono sistemati in zone definite gusci o livelli. Nel fenomeno della fluorescenza a raggi X l’espulsione di elettroni dei gusci interni, causata dal bombardamento con raggi X del campione da analizzare, produce l’emissione di nuove radiazioni X caratteristiche per ciascun materiale.

 

britannica com modif

 

Fonte: Encyclopaedia Britannica (modificata) Modello a gusci dell’atomo. I gusci interni sono denominati, partendo dal più interno, con le lettere K, L, M, N ecc, le quali indicheranno anche il picco di energia della radiazione corrispondente.

 

Questo tipo di radiazione può essere rilevata e i dati ottenuti mostrati in un grafico d’intensità in funzione dell’energia (detto spettro), in cui la posizione dei picchi identificherà gli elementi presenti e l’altezza dei picchi, rapportata a degli standard nei quali alcuni elementi saranno presenti in quantità note, la loro concentrazione.

 

spettro

 

Fonte: http://photon-science.desy.de Spettro di fluorescenza di raggi X di uno dei punti del dipinto analizzati. Sono segnati i picchi che indicano la presenza di mercurio (del pigmento vermiglione, preparato a partire dal cinabro, solfuro di mercurio, un minerale di colore rosso) e di antimonio (per il giallo di Napoli, un antimoniato di piombo).

 

Solitamente questa tecnica, non distruttiva e disponibile anche in versione portatile, è adoperata per lo studio dei pigmenti, per conoscere la composizione di leghe metalliche ma anche di patine o prodotti del degrado di differenti tipologie di manufatto.

 

Il lavoro svolto sul dipinto di Van Gogh è ancora più raffinato: la superficie analizzata è quella più in profondità rispetto allo strato pittorico visibile e i dati raccolti dall’XRF sono stati visualizzati in una mappa d’intensità che riflette la distribuzione degli specifici elementi che caratterizzano i pigmenti adoperati dal pittore. Ne viene fuori una vera e propria “fotografia” del dipinto nascosto.

 

Quali sono stati i risultati di questo studio? Dal punto di vista storico-artistico l’opera celata –  cui pigmenti sono vermiglione per le labbra e per la componente rossa della pelle, giallo di Napoli, bianco di zinco e di piombo per le parti in luce – combacia con una serie di teste dipinte da Van Gogh nel periodo trascorso a Nuenen, nei Paesi Bassi. Quelle teste di contadini, disegnate tra il 1884 e il 1885 per migliorare il controllo su forme, colori ed effetti di luce, due anni e mezzo dopo, raggiunto il fratello a Parigi, saranno sembrate superate e, anche a causa della situazione economica non felice, l’artista avrà deciso di riutilizzare la tela per un colorato dipinto floreale in pieno stile parigino.

 

Le storie che l’analisi dei pigmenti ci possono raccontare sono tantissime, vero? Alla prossima!

 

 

 

Alessia Colaianni
Alessia Colaianni
Giornalista pubblicista, si è laureata in Scienza e Tecnologia per la Diagnostica e Conservazione dei Beni Culturali e ha un dottorato in Geomorfologia e Dinamica Ambientale. Divulga in tutte le forme possibili e, quando può, insegna.
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