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30 Set 2019

I predatori dell’arte perduta

Alessia Colaianni

Alessia Colaianni
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S’intitola proprio così – con un simpatico riferimento alla pellicola “Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta” – l’articolo che descrive come un gruppo di ricercatori abbia utilizzato una tecnica, che combina radiografie e intelligenza artificiale, non solo per riportare alla luce dipinti nascosti al di sotto dello strato pittorico di altre opere ma anche per trasformare quelle “fotografie” in bianco e nero, con linee e forme che si sovrappongono, in immagini che posseggano anche lo stile del loro autore.

S’intitola proprio così – con un simpatico riferimento alla pellicola “Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta” – l’articolo che descrive come un gruppo di ricercatori abbia utilizzato una tecnica, che combina radiografie e intelligenza artificiale, non solo per riportare alla luce dipinti nascosti al di sotto dello strato pittorico di altre opere ma anche per trasformare quelle “fotografie” in bianco e nero, con linee e forme che si sovrappongono, in immagini che posseggano anche lo stile del loro autore.

 

Le radiografie sono impiegate da anni per studiare le opere d’arte, dal loro stato di salute ai possibili ripensamenti nascosti al di sotto del dipinto finito. È così che, per esempio, al di là de “Il vecchio chitarrista” di Picasso è stato ritrovato il ritratto di una donna seduta: probabilmente un lavoro precedente dello stesso artista, il quale aveva schizzato il soggetto in una delle sue lettere. Le immagini ottenute con i raggi X sono estremamente utili per gli storici dell’arte e i conservatori che, con occhio esperto, riescono a interpretare un incrocio di linee e di aree in bianco e nero che si sovrappongono, ricavando informazioni utili per la comprensione della storia dell’artista in questione.

 

Le nuove tecnologie hanno permesso di separare l’immagine sovrastante da quella sottostante, rendendo così più facile il lavoro di interpretazione. Ma ciò che continuava a mancare alle opere nascoste era lo stile dell’artista, perso spesso tra strati di gesso e pennellate corpose. Anthony Bourached e George Cann del University College London hanno pensato di riportare completamente in vita quest’arte perduta, ricostruendone lo stile grazie all’intelligenza artificiale.
Lo stile di un artista ci sembra qualcosa di assolutamente personale, dettato dalla creatività, non ingabbiabile in una serie di algoritmi ben allenati. Eppure gli scienziati hanno voluto tentare questa strada. Per farlo, hanno impiegato una tecnica di machine vision chiamata trasferimento neurale di stile. Come funziona? Si parte dal modo in cui le reti neurali imparano a riconoscere differenti immagini. Sono come fasi, strati che analizzano le immagini su diverse scale. Il primo strato identifica caratteristiche generali quali i bordi; lo strato successivo passa al come i margini creano forme semplici come i cerchi; il terzo strato riconosce schemi di forme, ad esempio due cerchi posti l’uno accanto all’altro e un altro ancora etichetta questi due cerchi vicini come occhi. Una rete di questo tipo può anche essere allenata nel riconoscere gli stili artistici. Successivamente all’intelligenza artificiale si dà una immagine e la rete sovrapporrà lo stile.

 

È così che Bourached e Cann, dopo aver rivisto manualmente un’immagine ottenuta con radiografia a raggi X della donna nascosta dietro a “Il vecchio chitarrista”, l’hanno fatta rielaborare da una rete di trasferimento di stile neurale allenata in maniera tale da convertire l’immagine nello stile di Picasso, quello corrispondente al suo Periodo Blu (1901-1904). Ed ecco che, da una foto confusa in bianco e nero, è stata ottenuta una versione a colori con quelle caratteristiche che ci riportano al lavoro dell’artista spagnolo nei primi anni del Novecento.

 

Sempre attraverso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale, è stato possibile restaurare virtualmente i disegni di Van Gogh, deterioratisi nel tempo, ed è stato riportato alla luce un paesaggio dipinto da Santiago Rusiñol, pittore spagnolo, dietro a La mendicante accovacciata (o La donna accovacciata), sempre di Pablo Picasso.

 

Al di là del dibattito, a volte un po’ superficiale, sulla capacità di un’intelligenza artificiale di essere creativa, le questioni su cui discutere riguardano invece la storia dell’arte e la teoria del restauro. Quanto ci può dire di Picasso uno stile ricostruito da un altro (intelligenza artificiale o restauratore che sia), che non è frutto della mano e del mondo interiore dell’artista in quel preciso momento di creazione? L’immagine ottenuta dalle reti neurali non è, in realtà, un falso storico? È su questo che il mondo scientifico che lavora nell’arte dovrebbe riflettere.

 

Immagine di copertina: Dettaglio de Il vecchio chitarrista di Pablo Picasso (1903-1904) conservato nell’Art Institute di Chicago. Credits: Lindsay Davis su Flickr (CC BY 2.0)

Alessia Colaianni
Alessia Colaianni
Giornalista pubblicista, si è laureata in Scienza e Tecnologia per la Diagnostica e Conservazione dei Beni Culturali e ha un dottorato in Geomorfologia e Dinamica Ambientale. Divulga in tutte le forme possibili e, quando può, insegna.
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