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20 Mag 2019

Imitazioni di ambra, forse una truffa preistorica?

Alessia Colaianni

Alessia Colaianni
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La contraffazione di pietre preziose non è una novità nei tempi che stiamo vivendo. Forse non lo era neanche per i nostri antenati preistorici: in due siti archeologici spagnoli risalenti al III e II millennio a. C. sono state trovate delle particolari perline ricoperte in resina, probabilmente fatte passare per ambre. Un’antichissima truffa? Potrebbe essere, ma ci sono anche altre interessanti possibilità per spiegare la presenza di questi particolari oggetti nelle sepolture esaminate.

La contraffazione di pietre preziose non è una novità nei tempi che stiamo vivendo. Forse non lo era neanche per i nostri antenati preistorici: in due siti archeologici spagnoli risalenti al III e II millennio a. C. sono state trovate delle particolari perline ricoperte in resina, probabilmente fatte passare per ambre. Un’antichissima truffa? Potrebbe essere, ma ci sono anche altre interessanti possibilità per spiegare la presenza di questi particolari oggetti nelle sepolture esaminate.

 

Le perline analizzate sono state raccolte in una tomba a caverna nel sito di La Molina (Siviglia), risalente al III millennio a.C., e da una sepoltura presso Cova del Gegant (Barcellona), datata II millennio a.C.. Le tecniche per riconoscere il materiale di cui erano costituiti questi oggetti, la loro composizione chimica e la struttura della parte interna e del rivestimento superficiale, sono state la spettroscopia infrarossa, la microscopia elettronica a scansione, la diffrazione di raggi X e la spettroscopia Raman.

 

Perché gli studiosi hanno voluto esaminare queste perline e capire se fossero o meno imitazioni di ambre? Come ci raccontano gli studiosi nell’articolo pubblicato su PLoS ONE, già dal Paleolitico superiore la lucentezza trasparente, calda e dorata delle ambre le aveva trasformate in un ornamento ricercato, dal rilevante valore simbolico nell’Europa preistorica. La rarità e il fascino di questo materiale ha incentivato gli scambi e l’utilizzo di questa resina fossile. La maggiore domanda ha originato, purtroppo, anche la produzione di contraffazioni: si spacciavano per ambra altri minerali locali dalle caratteristiche simili o altri oggetti opportunamente rivestiti. Cosa sarà successo nei casi di studio? I proprietari delle perline ostentavano le loro ambre per guadagnarsi approvazione sociale o un mercante, a corto di materie prime provenienti dall’estero, ha cercato comunque di chiudere un buon affare?

 

ImitazioneAmbra Archeologia

 

Campioni esaminati per la ricerca. Credits: Odriozola CP, Garrido Cordero JÁ, Daura J, Sanz M, Martínez-Blanes JM, Avilés MÁ (2019) Amber imitation? Two unusual cases of Pinus resin-coated beads in Iberian Late Prehistory (3rd and 2nd millennia BC). PLoS ONE 14(5): e0215469. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0215469 (CC BY 4.0)

 

I risultati delle analisi condotte dai ricercatori hanno mostrato che le quattro perline ritrovate nel sito di Cova del Gegant avevano un nucleo di conchiglia (la valva di un mollusco, probabilmente un frammento di Cardium) ed erano ricoperti da uno strato multiplo di resina di pino. Similmente, le altre due sferette di La Molina erano composte da strati di una resina simile all’ambra.

 

L’impiego di minerali dalle sfumature che vanno dal rosso al giallo e traslucidi, somiglianti alle ambre e che potessero in qualche modo sostituirle, è effettivamente documentato a partire dal tardo IV millennio a.C.: quarzo citrino o corniola, meno rari, servivano a ovviare a un rifornimento insufficiente di ambra per venire incontro alla domanda crescente. In seguito, nel III millennio a.C., la dinamica di cambiamento verso società sempre più complesse e gerarchicamente organizzate ha subito un’accelerazione e il risultato è stato l’accumulo di oggetti esotici, diremmo noi status symbol, da parte di persone importanti, soggette a un trattamento speciale in vita così come in occasione della sepoltura. Quindi anche la copertura con un rivestimento in resina poteva essere una buona soluzione in un momento di eccesso di domanda a fronte di una scarsità di materie prime.

 

Secondo gli archeologi, nel contesto della Penisola iberica, le imitazioni di ambra ritrovate potevano essere un sostituto per incontrare le esigenze del mercato in crescita, un prodotto a basso costo con le stesse funzioni sociali dell’ambra, usato da alcune frazioni della società che non erano abbastanza abbienti per comprare la gemma preziosa. O ancora, prodotti usati dagli intermediari dell’epoca per imbrogliare gli acquirenti. Quest’ultima ipotesi sembra più probabile per le perline di Cova del Gegant, ritrovate insieme a sferette, della stessa forma e dimensione, in vera ambra siciliana. Effettivamente tra III e II millennio a.C. le cave di ambra dell’isola italiana stavano andando esaurendosi e la nuova fonte di materia prima stava divenendo il Baltico. La Spagna deve aver sofferto questo cambio di consegne nei commerci.

 

Gemme preziose come simbolo di stato sociale, imitazioni, truffe, esaurimento di risorse estere e leggi di mercato. Il nostro mondo, dopo millenni, non sembra essere cambiato molto.

 

Credits immagine di copertina: foto di Daniel Albany da Pixabay

Alessia Colaianni
Alessia Colaianni
Giornalista pubblicista, si è laureata in Scienza e Tecnologia per la Diagnostica e Conservazione dei Beni Culturali e ha un dottorato in Geomorfologia e Dinamica Ambientale. Divulga in tutte le forme possibili e, quando può, insegna.
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