Il blog, ora rubrica, “Scienza e beni culturali” è sempre stato un angolo dedicato alla scienza applicata alla conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale. Il legame tra scienza e arte, in realtà, è molto più ricco e sfaccettato ed è per questo che mi piacerebbe condividere con voi lettori nuovi spazi che parlino dell’interazione tra questi due ambiti solo apparentemente separati. A introdurre questa nuova serie di articoli è Alberto Michelon, una nostra vecchia conoscenza.
Il blog, ora rubrica, “Scienza e beni culturali” è sempre stato un angolo dedicato alla scienza applicata alla conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale. Il legame tra scienza e arte, in realtà, è molto più ricco e sfaccettato ed è per questo che mi piacerebbe condividere con voi lettori nuovi spazi che parlino dell’interazione tra questi due ambiti solo apparentemente separati. A introdurre questa nuova serie di articoli è Alberto Michelon, una nostra vecchia conoscenza.
Alberto Michelon è un tassidermista: dopo la laurea in Scienze Naturali, ha dedicato conoscenza e manualità a una professione molto particolare, un lavoro che gli permette di dare nuova vita e, come vedremo, nuovo significato ad animali deceduti. Avere a che fare con la morte non è mai facile ed ecco che, nelle pause tra un restauro e un’imbalsamazione per il cinema, Alberto riflette, gioca, capisce che la tassidermia può uscire dal suo laboratorio e diventare arte.
Alberto Michelon in una delle sale adibite a Inanimus, la prima mostra italiana di tassidermia artistica
Nasce così, anche grazie alle chiacchierate con un amico scrittore, Inanimus, la mostra di tassidermia artistica, allestita presso lo Spazio Biosfera di Padova e visitabile fino al 14 febbraio 2017. Si tratta di trenta opere in cui gli animali, imbalsamati, congelati in pose inaspettate, creano una dimensione surreale in cui trasmettere messaggi importanti, come nelle favole. “Utilizzo gli animali per creare un dialogo con il pubblico – mi spiega Alberto – con la tassidermia artistica possono essere affrontate riflessioni sulla società e sulla natura. Un esempio è “Autoestinzione”: un riccio montato su quattro ruote che cammina su un pavimento di resina contenente i resti – ritrovati sul margine di alcune strade – di suoi simili schiacciati dalle auto. Un chiaro riferimento al problema del rispetto della fauna che vive in contesti urbanizzati che, spesso per mancanza di corridoi ecologici appositamente costruiti, è sterminata da automobilisti incuranti”.
Una delle opere, intitolata “Rampante su pelle altrui”: il cavallo rampante, impreziosito da un rivestimento composto di pelle di altri cavalli, è il rimando all’arrivismo socioeconomico che mette il successo – professionale e economico – al centro dell’esistenza, anche a costo di “fare la pelle” al prossimo
Scienza e arte dialogano e divengono un potente strumento per comunicare con la società. Mi sono chiesta se, anche dal punto di vista della divulgazione di un mestiere antico e quasi sconosciuto come quello del tassidermista, non ci siano stati vantaggi. La risposta è ottimista: “Certo, la gente è colpita. Si aspettava di vedere semplicemente degli animali imbalsamati e invece si è trovata ad affrontare un’esperienza diversa. Anche questo è un modo per promuovere la tassidermia, per portare in auge non solo la professione in sé ma anche quello che è il lavoro di restauro e conservazione delle collezioni già esistenti, racchiuse nei musei”.
Inanimus è la prima mostra di tassidermia artistica allestita in Italia. Un esperimento accolto bene dal pubblico, tanto che sarà riproposto – insieme a nuove installazioni – in estate, negli spazi della Cattedrale ex macello di Padova. Un nuovo modo di esplorare arte, artigianato, scienza e natura.
