L’amore, la morte e il tempo. È questo il fulcro della storia della tomba di Kha, dalla sua costruzione a oggi, passando per il ritrovamento, la collocazione all’interno di uno dei più celebri musei italiani, e le analisi non invasive condotte sugli oggetti in essa conservati. Storia, arte e scienza si incontrano in reperti di un passato lontanissimo, storicamente e geograficamente.
Statuetta raffigurante l’architetto Kha Fonte: www.wikipedia.it
L’amore, la morte e il tempo. È questo il fulcro della storia della tomba di Kha, dalla sua costruzione a oggi, passando per il ritrovamento, la collocazione all’interno di uno dei più celebri musei italiani, e le analisi non invasive condotte sugli oggetti in essa conservati. Storia, arte e scienza si incontrano in reperti di un passato lontanissimo, storicamente e geograficamente.
La tomba di Kha è uno dei tesori custoditi in Italia, nel Museo Egizio di Torino. Fa parte delle sue preziose collezioni dal 1906, quando Ernesto Schiaparelli, egittologo e direttore del museo, trasportò il corredo scoperto nella nostra penisola, dopo una missione archeologica in Egitto durata 10 anni.
La tomba dell’architetto Kha e della consorte Merit – Museo Egizio di Torino. Video realizzato dall’IBAM – CNR
Kha era l’architetto di Amenofi III, durante la XVIII dinastia (1428-1351 a.C.). Un uomo a servizio del faraone ma anche un padre e marito devoto, tanto da aver progettato un sepolcro che potesse accogliere se stesso e l’amata moglie Merit, deceduta prima di lui. Un luogo più legato alla vita che alla morte: numerosi gli oggetti che avevano portato nel viaggio verso l’aldilà tra cui i cubiti, il metro dell’epoca e strumento di lavoro per Kha, e bellissimi cofanetti in legno dipinto.
Analisi con l’MA-XRF di uno dei cofanetti in legno dipinto appartenente alla tomba di Kha. Fonte: www.ibam.cnr.it
Proprio questi cofanetti sono stati analizzati con una tecnica non invasiva di fluorescenza a raggi X per scansioni macro (MA-XRF), progettata e svolta dall’IBAM – Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali – del CNR mediante il laboratorio LANDIS (Laboratorio Analisi Non Distruttive), insieme ai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare – Laboratori Nazionali del Sud.
Fluorescenza a raggi X per scansioni macro. Cosa sarà mai? Avevamo parlato dell’XRF in precedenza ma quali saranno i vantaggi di adoperarla su reperti così antichi e importanti? LA MA-XRF permette la visualizzazione della distribuzione degli elementi chimici presenti sulla superficie analizzata in campioni macroscopici – parliamo di numerosi metri quadrati – tutto questo senza la necessità di prelevare campioni o procedere con un qualsiasi tipo di azione distruttiva. Avviene una vera e propria scansione dell’area che, con l’opportuna rielaborazione, ci riporta un’immagine ad alta risoluzione cui i differenti colori corrispondono ai diversi elementi chimici e, quindi, ai diversi pigmenti o prodotti adoperati.
Immagine in falsi colori ottenuta dall’analisi MA-XRF: nelle aree in rosso è presente il ferro, in quelle in verde l’arsenico, infine, il blu corrisponde al rame. Fonte: www.ibam.cnr.it
I dati ottenuti, di facile interpretazione da parte degli studiosi, permetteranno di conoscere le materie prime e le tecniche artistiche utilizzate nel passato e anche lo stato di conservazione dei reperti in questione. È fondamentale sottolineare la non invasività del metodo perché le analisi diagnostiche, quando richiedono interventi meccanici o chimici, contribuiscono – senza volerlo – all’inarrestabile disfacimento a cui vanno incontro i beni culturali.
Una battaglia tra scienziati e restauratori e il Tempo nella quale, grazie a strumenti innovativi come quelli descritti, possiamo uscirne vincitori. Il Tempo, che con la sua inesorabilità, non è riuscito però a spazzare via la testimonianza della vita di Kha e Merit e del loro eterno amore.