Torna a fine settembre l’appuntamento con la Settimana della Scienza e la Notte Europea dei Ricercatori, l’occasione per conoscere la vita di persone ordinarie che svolgono un lavoro straordinario. La manifestazione, ancora una volta organizzata dall’associazione Frascati Scienza, vincitrice del bando della Commissione Europea Horizon 2020 nell’ambito delle azioni Marie Skłodowska–Curie, ha in serbo per noi tanti incontri e attività, alcune delle quali vedranno scienza e beni culturali incontrarsi.
Torna a fine settembre l’appuntamento con la Settimana della Scienza e la Notte Europea dei Ricercatori, l’occasione per conoscere la vita di persone ordinarie che svolgono un lavoro straordinario. La manifestazione, ancora una volta organizzata dall’associazione Frascati Scienza, vincitrice del bando della Commissione Europea Horizon 2020 nell’ambito delle azioni Marie Skłodowska–Curie, ha in serbo per noi tanti incontri e attività, alcune delle quali vedranno scienza e beni culturali incontrarsi.
Uno di questi eventi è “Pastena tra grotte, preistoria e civiltà contadina”, la visita scientifica organizzata dal Dipartimento di Storia, Patrimonio culturale, Formazione e Società dell’Università di Roma “Tor Vergata” proprio per la serata della Notte dei Ricercatori, il 28 settembre. La Grotta di Pastena si trova nel Lazio, fa parte di un vasto complesso carsico ed è un sito naturalistico e geoarcheologico di notevole importanza, noto al pubblico fin dal 1800. Abbiamo chiesto a Mario Federico Rolfo, docente dell’Università “Tor Vergata” e responsabile delle indagini archeologiche, di darci un’anteprima di ciò che potranno conoscere e visitare i partecipanti del science trip.
Quali sono le caratteristiche che rendono la grotta di Pastena un luogo rilevante per la ricerca geoarcheologica?
Già a partire dagli anni ’80 vi furono i primi rinvenimenti a opera di Italo Biddittu, lo studioso che ha posto le basi della preistoria nel sud del Lazio, tra cui resti ceramici e un’ascia in bronzo. In seguito in maniera saltuaria, negli anni ’90, sono state svolte le prime ricerche e, dal 2008, la Sovraintendenza ha iniziato a occuparsi del sito con l’Università di Perugia. Nel 2012 “Tor Vergata” è partita con un’indagine sistematica grazie anche al grande supporto ricevuto dal Comune di Pastena e dal sindaco Arturo Gnesi. In realtà, dal punto di vista archeologico è solo una parte della grotta a rivestire un’importanza particolare: è una zona delimitata, detta la Grotticella, che ha restituito resti di frequentazioni di culto, a scopo funerario, risalenti all’Età del Bronzo (nella prima metà del II millennio a.C.).
A prova di questa interpretazione abbiamo trovato una grande quantità di semi bruciati, specialmente fave (Vicia faba), orzo (Hordeum vulgare) e farro (Triticum monococcum/dicoccum). Sono stati ritrovati anche vasi posizionati all’interno di fossette e capovolti. Se ci pensate è un indizio di un gesto dal significato molto forte: un vaso è creato per contenere qualcosa ma, una volta capovolto, è defunzionalizzato, il suo scopo è sacrificato a una qualche divinità.
Una tazzina in ceramica capovolta all’interno della grotta
Abbiamo trovato anche resti animali e umani. Quest’ultimi, purtroppo, non erano parte di vere e proprie sepolture. Probabilmente sono legate al culto in grotta: una pratica abbastanza usuale nel II millennio a.C. ma di cui, nella Grotticella, si trovano testimonianze molto ben conservate. Oltre ai vasi capovolti e alle ossa, vi sono tutta una serie di oggetti: un esempio sono le fuseruole, adoperate per la lavorazione della lana, relazionabili all’universo femminile; per gli uomini abbiamo punte di frecce in selce, in osso. O, ancora, abbiamo bottoni di vestiario in faïence, una sorta di pasta vitrea, indizio di un buon livello tecnologico raggiunto.
La perla in faïence, la fuseruola biconica e il braccialetto in bronzo ritrovati nel sito
Sono tutte prove che confermano che la Grotta di Pastena era un luogo di culto in un periodo compreso tra il 1900 e il 1600 a.C., quindi a ridosso della storia. Un mondo che viene prima della storia ma che ha già tutto quello che vedremo ratificato dalle fonti scritte: dai culti alla struttura sociale.
Quali tipologie di analisi scientifiche sono state svolte?
Le indagini sono, come si suole dire, work in progress. Sui resti umani, animali – frammenti di ossa combuste appartenenti a esemplari, probabilmente sacrificati, di pecore (Ovis aries), capre (Capra hircus), maiali (Sus domesticus), vitelli (Bos taurus), tassi (Meles meles), mustelidi (Martes sp.) e lepri (Lepus sp.) – e botanici abbiamo già svolto analisi antropologiche, paleozoologiche e paleobotaniche.
I semi combusti di fava (Vicia faba), orzo (Hordeum vulgare) e farro (Triticum monococcum/dicoccum) ritrovati nel sito
Ora sono in corso d’opera una serie di analisi genetiche sui reperti umani, per verificare rapporti di parentela e la provenienza di questi gruppi umani, e le analisi isotopiche, invece, per la ricostruzione della dieta antica degli individui nei loro ultimi anni di vita. Così potremo riuscire ad avere un quadro della loro economia, ad esempio potremo sapere se erano pastori, allevatori, se erano onnivori, se ci sono state carenze nutrizionali. Questo è uno studio tutto di “Tor Vergata”, effettuato insieme ai laboratori di biologia della Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali, dove lavorano la professoressa Olga Rickards e la professoressa Antonella Canini, l’antropologa e la botanica con cui stiamo collaborando per ottenere questo tipo di informazioni.
Quali sono i tasselli che effettivamente mancano all’indagine sulla Grotta di Pastena? Esistono domande senza risposta?
Per assurdo – parlando di archeologia preistorica – la sfida maggiore è la ricostruzione della vita quotidiana. Abbiamo testimonianze del culto che fa parte della vita di tutti i giorni ma non ci racconta nulla della vera quotidianità. La difficoltà è questa: trovare abitati, testimonianze di come si viveva. Sappiamo come seppellivano, cosa pregavano ma sappiamo meno su come era strutturata la famiglia, se ci fossero famiglie grandi o piccole, quale fosse la divisione del lavoro. Questa è un po’ la sfida. Perché non abbiamo queste informazioni? Gli abitati sono più difficili da scavare, meno conservativi: mentre la grotta contiene e conserva, l’abitato all’aperto è più soggetto ad alterazione e distruzione.
Nel titolo dell’evento che si svolgerà durante la Notte Europea dei Ricercatori si fa riferimento alla civiltà contadina, un altro scorcio della storia di Pastena a cui è dedicato anche un museo
La civiltà contadina fa parte dell’epoca storica di Pastena, invece le nostre testimonianze sono molto più antiche. Però c’è un parallelo perché, specialmente alla luce degli studi paleobotanici e isotopici, ci stiamo rendendo conto di parlare di un mondo preistorico di impronta agro-pastorale che, riveduto e corretto, è lo stesso di un secolo e mezzo fa. Potevano cambiare gli aratri oppure le sementi utilizzate e le specie allevate ma alla fine questo mondo del II millennio a.C. è quello che ha preparato quello dell’epoca storica, il quale rimarrà abbastanza inalterato, specialmente per l’area laziale, fino alla Rivoluzione industriale. Quindi sì, c’è un filo rosso che unisce la Grotta e il museo.
L’appuntamento per visitare la Grotta di Pastena “dal vivo” è per venerdì 28 settembre, in occasione della Notte Europea dei Ricercatori: una serata per scoprire l’incredibile lavoro di archeologi e scienziati per svelare i segreti della preistoria italiana.
Le immagini dell’articolo sono state gentilmente concesse dal professor Mario Federico Rolfo