Mentre nelle sale cinematografiche ritorna in auge la storia de La Mummia nel suo ennesimo pauroso e spettacolare rifacimento, la scienza è finalmente in grado di svelare il mistero più grande che questi corpi millenari hanno finora conservato: il loro DNA.
Primo piano di Boris Karloff, protagonista del film “La Mummia” del 1932
Mentre nelle sale cinematografiche ritorna in auge la storia de La Mummia nel suo ennesimo pauroso e spettacolare rifacimento, la scienza è finalmente in grado di svelare il mistero più grande che questi corpi millenari hanno finora conservato: il loro DNA.
Le mummie egizie sono da sempre state una miniera di informazioni per gli archeologi: i corredi funerari, le membra preservate così bene da permettere di comprenderne i metodi di conservazione, le ossa, vero e proprio registro di stili di vita e malattie. Nonostante i passi da gigante del progresso scientifico e tecnologico, gli studi genetici erano ancora considerati proibitivi a causa del clima in cui sono custodite queste spoglie, delle pratiche di imbalsamazione che sembrava potessero aver compromesso il materiale a disposizione e della forte contaminazione con DNA moderno di archeologi, scopritori, predoni e tante altre persone venute a contatto diretto con la sepoltura.
La maschera di Tutankhamon. In uno studio del 2010 svolto da Albert Zink, paleopatologo del Europäische Akademie Bozen, l’Accademia Europea di Bolzano, si cercò di identificare le sequenze di DNA provenienti da 16 mummie reali dell’Antico Egitto, tra cui quella di Tutankhamon. Purtroppo i risultati furono alquanto incerti (https://www.nature.com/news/2011/110427/full/472404a.html) Fonte: MykReeve – Uploaded to en.wikipedia as Image:Tutankhamun-mask.jpg on 28 May 2004, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=34321
Ora le nuove tecniche di sequenziamento e i test di autenticità utilizzati in maniera sistematica hanno portato alla raccolta dei primi risultati affidabili nell’analisi di DNA ricavato da mummie egizie. Questa ricerca, che sicuramente aprirà le porte a una conoscenza più accurata della civiltà del Nilo, della sua storia e delle sue interazioni con altre popolazioni, è descritta nell’articolo pubblicato su Nature Communications intitolato “Ancient Egyptian mummy genomes suggest an increase of Sub-Saharan African ancestry in post-Roman periods”(I genomi delle mummie dell’Antico Egitto suggeriscono un incremento di discendenza proveniente dall’Africa Sub-Sahariana nel periodo post – romano).
Dal titolo del lavoro avrete compreso come questa prima analisi abbia già dato risultati importanti per la ricostruzione dell’evoluzione della società egizia. Quest’ultima è considerata il terreno ideale per studi storici riguardanti le dinamiche di popolazione sia per la posizione geografica, sia per le influenze documentate delle antiche civiltà dell’Africa, dell’Asia e dell’Europa. In particolar modo nel I millennio a.C., l’aumento di stranieri all’interno dei confini della regione, dovuto alle dominazioni, potrebbe aver lasciato tracce nella genetica delle genti locali. Ma è stato veramente così?
Geolocalizzazione del sito in cui sono state trovate le mummie analizzate. Il sito archeologico di Abusir-el Meleq è segnato con la X arancione e il luogo nel quale sono stati raccolti i campioni per il confronto con gli egiziani moderni è indicato con i cerchi arancioni. Fonte: Schuenemann, V. J. et al. Ancient Egyptian mummy genomes suggest an increase of Sub-Saharan African ancestry in post-Roman periods. Nat. Commun. 8, 15694 doi: 10.1038/ncomms15694 (2017)
Sono stati analizzati 151 campioni ed estratti e sequenziati 90 genomi mitocondriali e 3 genomi nucleari ricavati dalle mummie ritrovate nello scavo archeologico di Abusir-el Meleq, appartenenti a un periodo di 1300 anni compreso tra il Nuovo Regno (1550-1069 a.C. circa) e la dominazione romana (30 a.C.-641 d.C). Cosa vogliamo dire quando parliamo di genoma mitocondriale o nucleare? Già dalle prime lezioni di biologia abbiamo imparato che nel nucleo della cellula sono conservati i cromosomi che, a loro volta, sono costituiti da DNA, quel “libretto d’istruzioni” che ci racconta tutto di un essere vivente. Ebbene, all’interno di una cellula c’è anche un altro organello contenente DNA: è il mitocondrio, la centrale di energia dei nostri microscopici mattoncini.
Struttura di una cellula animale Fonte: Giac83 GFDL (http://www.gnu.org/copyleft/fdl.html), CC-BY-SA-3.0, via Wikimedia Commons, modificata
Qual è la differenza tra il DNA nucleare e quello mitocondriale? Mentre il primo contiene informazioni provenienti da padre e madre, il secondo passa unicamente da madre in figlio, tramandando solo l’eredità di un genitore.
Nel nostro caso entrambi i genomi – anche se dobbiamo sempre tener presente che il contributo informativo è dato per la maggior parte per discendenza femminile e quindi ci manca una buona fetta di dati – hanno mostrato che gli egiziani vissuti nel periodo storico in analisi, nonostante la forte influenza culturale e politica dei conquistatori greci e romani, non hanno subìto un rimescolamento di tipo genetico. Inoltre uomini e donne appartenuti all’epoca in esame erano più vicini geneticamente ai Medio Orientali degli abitanti attuali delle rive del Nilo.
Solo in un secondo momento questi ultimi avrebbero ereditato il patrimonio genetico delle popolazioni dell’Africa subsahariana, probabilmente a causa dell’aumento della mobilità lungo il fiume Nilo, dei commerci a lunga distanza e alla tratta degli schiavi che coinvolse dai 6 ai 7 milioni di individui. È necessario sottolineare che queste sono solo considerazioni iniziali e che studi approfonditi su più siti sparsi nell’intera zona d’interesse potranno fornirci in futuro risposte più sicure.
Il DNA conservato dalle mummie potrà rivelarci ancora tantissimo su questa civiltà un tempo baciata dalla cultura, dal potere e dalla ricchezza. Proprio come per le saghe cinematografiche, attendiamo il seguito di questa fantastica avventura nel passato.
